“The spank”. Letteralmente ‘la sculacciata’. Questo il titolo del testo teatrale a due voci scritto da Hanif Kureishi durante la pandemia: il nomignolo dato dai due protagonisti al pub dove si ritrovano. Uno scambio tra amici, un rapporto che si consuma tra le mura asfittiche di un luogo di incontro che è un po’ una casa, un po’ un rifugio, a volte un confessionale. Perché tutto nasce da un racconto di Sonny, affermato dentista, a Vargas, semplice farmacista: un racconto tra uomini, quasi goliardico, alla ricerca di complicità di genere e anche per condividere un entusiasmo che altrimenti, tenuto dentro, si rimpicciolisce e potrebbe svanire nelle pieghe infingarde della quotidianità.
Sonny, interpretato magnificamente da Valerio Binasco (che durante l’evento di presentazione della pubblicazione della pièce ha dichiarato una personale vicinanza ai fatti narrati, al punto da aderire fisicamente al personaggio), è un uomo estroverso, fisico, passionale. Vargas, interpretato da Filippo Dini (che cura anche la regia dello spettacolo), è un uomo mite, frustrato, poco amato da piccolo: nella dimensione familiare trova compensazione e riconoscimento, nello scambio con una moglie dalla forte personalità prende forma mimetizzandosi nelle serate a parlare, nelle alte aspettative riposte sulla figlia, nell’ambizione di guadagno attraverso l’investimento in un nuovo studio dentistico insieme all’amico. Siamo a un punto di svolta: dalla prima entrata in scena dei due si evince che la rottura è prossima, fa capolino dallo specchio, dalle porticine laterali, dal proscenio, dalle quinte.
Kureishi ha dichiarato di voler rappresentare le ragioni per cui ci si separa, in amore come in amicizia: quello gli preme indagare. Quanta deflagrazione produrrà un piccolo accadimento personale sulla vita di altre persone? Quanti feriti e quante ferite può provocare un fatto di secondaria importanza per i correlati? A quale sbando si può arrivare per una notte di passione? Una fotografia erotica, una camera in una bettola, un concerto: la lunga conversazione lascia emergere – come naufraghi – i coinvolti non presenti: le due rispettive mogli, i figli, la donna del peccato. Quando si parla si tira sempre in mezzo qualcuno che non è presente. Quando si parla in confidenza si rivela più di quanto si pensava di fare. Quando si parla a un amico ci si apre escludendo il rischio di venire traditi. Quanto conta la morale, il buon agire, quanto conta il giudizio degli altri nella ricerca – vana – della felicità?
Tra dichiarazioni assertive – “Finché non stai bene, non sai quanto stavi male” (Sonny, scena uno) – battute di sincerità lancinante – “Senza Nina, la mia vita sarebbe un lungo attacco di panico”(Vargas, scena due) – verità al limite dell’ovvio – “L’intimità vera è la vita di tutti i giorni” (Vargas, scena cinque) – conclusioni consolatorie – “La sincerità assoluta ha i suoi limiti” (Sonny, scena otto) – lungo l’arco temporale dello spettacolo si compie una immersione nel mondo dell’amicizia maschile, nella ruvidità dei modi, nella infausta apertura del cuore. L’egoismo, al mondo, regna sovrano. Il pub “Spankies” è un microcosmo di perversioni, allusioni, decisioni, abisso, scelte di vita. Vargas narratore, nei cambi scena a sipario aperto, tira le fila della cronologia, della caduta di Sonny, dell’impossibilità di proteggere se stessi e nel frattempo gli altri. Una messa in scena formalmente lineare, scene e costumi a tono, recitazione ispirata in un crescendo di partecipazione da parte del pubblico, sia maschile che femminile. La messa a nudo dei personaggi corrisponde a una esposizione di vizi e virtù, di alienazione e ricatto familiare, una esibizione plateale dei contrasti insiti nelle relazioni umane. Nel dialogo tra due persone si perde la faccia facilmente, si recupera fiducia in se stessi, si rischia puntando tutto sulla carta vincente, che si giochi onestamente o che si bluffi fino all’ultima lacrima di sangue.
Si esce dal teatro con mille domande, come è giusto che sia: è più interessante trovare nuovi dubbi che insperate, altrui risposte, giuste o sbagliate che siano.
Al Teatro Parioli di Roma sino al 13 febbraio
The Spank – regia: Filippo Dini dall’omonimo testo di Hanif Kureishi (traduzione di Monica Capuani); scene: Laura Benzi; costumi: Katarina Vukcevic; luci: Pasquale Mari; musiche: Aleph Viola; interpreti: Filippo Dini e Valerio Binasco; produzione: Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, 2020; durata: 100 minuti (un atto).