Riflessioni su Esterno notte di Marco Bellocchio

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Nelle tre settimane intercorse fra l’uscita in sala della prima parte (18 maggio) e della seconda (9 giugno) di Esterno notte, già recensito da Giovanni Spagnoletti, ho dedicato molto tempo a leggere (ri-leggere) e guardare (ri-guardare) cose dedicate al caso Moro, uno di quegli eventi giganteschi della Storia di cui, al pari di pochi altri, ricordiamo esattamente che cosa stavamo facendo quando accaddero, l’unico in realtà accaduto in Italia. E, forse, basterebbe questa confessione iniziale a rendere merito all’operazione compiuta da Marco Bellocchio: attualizzare, ri-attualizzare un avvenimento o se vogliamo un trauma della storia collettiva italiana, tenerlo vivo, a distanza di più di quarant’anni.

Ché sul caso Moro si continua a scrivere, sia sul fronte giornalistico che su quello storico in piccola parte anche sul fronte fictional, ma sul piano della percezione collettiva, anche mediatica, non succede più granché, forse con l’unica eccezione del recital di Fabrizio Gifuni che nel 2019 diede vita a uno spettacolo teatrale dal titolo Con il vostro irridente silenzio. Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro, ciò che, al di là della sua lodevolissima mimikry che lo ha elevato al livello di storici interpreti dello statista quali Gian Maria Volonté e, per restare a Bellocchio, a Roberto Herlitzka, lo ha reso l’interprete ideale della serie di Bellocchio, visto che, come ha dichiarato Gifuni stesso, all’interpretazione di Aldo Moro l’attore vi è arrivato, a cominciare dal piano dei contenuti, preparatissimo.

Dato quindi per acquisito questo indubitabile merito, tenere viva la memoria del caso Moro (in linea peraltro con altri recenti film del regista piacentino: la Mafia con Il traditore e il 1968 con Marx può aspettare), viene spontaneo domandarsi, nel vedere i 300 e passa minuti di Esterno notte, come esso si collochi, che cosa aggiunga e che cosa tolga a Buongiorno, notte, sicuramente uno dei vertici, se non il vertice del cinema italiano sul Caso Moro, film che insieme ad altri abbiamo rivisto in queste ultime settimane.

Per poter fornire una risposta a questa domanda occorre partire da alcune premesse che ritengo indispensabili. La prima attiene ai personaggi all’interno di questa vicenda che possono legittimamente vantare uno statuto drammatico, più semplicemente che possono venire a costituire dramatis personae. Trovo che, come ha visto perfettamente proprio Bellocchio in Buongiorno, notte, esse possano essere solo due: in prima battuta, con ogni evidenza e per distacco, Aldo Moro stesso, politico e intellettuale sacrificato alla ragion di Stato che implora e accusa i propri compagni di partito che scrive strazianti lettere alla moglie, che dialoga con i terroristi, Moro che scrive testi. Per chi non lo sapesse: nel 2018, per le cure di quello che resta lo storico più importante della vicenda Moro, ossia Miguel Gotor che insegnava a Tor Vergata, Einaudi ha pubblicato le Lettere dalla prigionia di Aldo Moro e il volume ammonta a più di 400 pagine.

Vi è dunque una imponente base testuale riguardante Moro dalla quale è imprescindibile partire. La seconda dramatis persona che possa ambire allo status di, se vogliamo, deuteragonista in questa vicenda è la figura che, convenzionalmente, chiamerò il Terrorista Dubbioso, che in realtà, per le più diverse ragioni, è sia in Buongiorno, notte che in Esterno notte UNA terrorista. Nel primo film di Bellocchio, il personaggio interpretato (molto bene, ma ci torneremo) da Maya Sansa era liberamente ispirato alla figura di Anna Laura Braghetti e al suo libro Il prigioniero cui il film s’ispirava. Nella serie è la figura di Adriana Faranda, a cui è dedicata larga parte del quarto debolissimo capitolo, che, in misura minore, potrebbe assurgere al ruolo di deuteragonista. Questa dialettica in Buongiorno, notte era sviluppata in modo esemplare, i sogni e le immaginazioni, le allucinazioni della protagonista erano di una potenza inaudita, anche grazie al ricorso a materiale documentario per lo più di origine sovietica e grazie soprattutto al meraviglioso riferimento alle Lettere dei condannati a morte della resistenza. Difficile davvero fare di meglio.

Il gruppo delle BR

Il vero problema che al più tardi dopo l’intera visione di Esterno notte appare in tutta la sua evidenza è che oltre a questi due personaggi Moro e il/la Terrorista Dubbioso/a (che prelude peraltro al/alla Terrorista dissociato/a, sia Braghetti che Faranda lo saranno) si fa fatica a trovare altri personaggi all’interno di questa vicenda che possano assurgere allo statuto di dramatis personae. E invece Marco Bellocchio ci prova, dedicando loro, rispettivamente, la seconda, la terza e la quinta puntata. Queste persone sono Francesco Cossiga, il Papa Paolo VI ed Eleonora Moro. Al di là dell’interpretazione dignitosa, forse in ordine crescente, da parte rispettivamente di Fausto Russo Alesi, Toni Servillo e Margherita Buy (ciò che, con tutta onestà, non si può dire per il côté terroristico dove le scelte di Bellocchio non sono state per nulla felici, anche qui rispetto al suo film precedente con Luigi Lo Cascio nel ruolo di Mario Moretti sopra a tutti), con tutta la buona volontà si fa fatica, guardando il film, a ritenere credibili lo strazio del Ministro dell’Interno, separato in casa dalla moglie che somatizza attraverso la psiorasi recte la vitiligine il dolore per non riuscire (aver saputo) salvare il “padre” Aldo Moro, le pene di Paolo VI a cui Bellocchio aggiunge un cilicio ad altezza ventre, francamente non distantissimo dal kitsch e infine Eleonora Moro sposa trascurata, come confessa al sacerdote proprio il giorno del rapimento Moro, e riscoperta guarda caso solamente nelle giornate della prigionia.

Margherita Buy e Fabrizio Gifuni

La vistosa estensione delle dramatis personae ideata da Bellocchio trasforma altresì la serie in un classico caso di narrazione poliprospettica che produce ripetizioni di sequenze, viste dai più diversi punti di vista, le quali finiscono per risultare decisamente ripetitive, senza aggiungere granché di nuovo, pur nel tentativo reiterato di creare tramite l’inclusione degli attori nel relativo footage effetti di marcata autentificazione.

L’altra grande questione dalla quale non si può prescindere nei film sul caso Moro è il rapporto fra documento e finzione – e anche qui mi era parso che Buongiorno, notte avesse detto una parola definitiva, rispettando sostanzialmente il dato fattuale con un sostenibile ma non eccessivo ricorso ad autentici documenti d’epoca, spesso tramite l’uso del telegiornale e marcando con una straordinaria luce visionaria le licenze poetiche, concentrate appunto sui due protagonisti Aldo Moro e la terrorista interpretata da Maya Sansa.

Nella serie Bellocchio esagera, ripetendo questa medesima tecnica e dilatandola a dismisura, quindi aggiungendo moltissimo footage da un lato e dall’altro dedicando si può dire a ciascuna dramatis persona una o più sequenze visionarie con esiti va detto alterni: molto convincente la scena di Moro che porta la croce con il Dies Irae di Verdi a fungere da soundtrack, meno condivisibili le sequenze immaginative di Eleonora Moro che pensa ad incatenarsi di fronte alla sede della DC a Piazza del Gesù e peggio ancora il sogno di Cossiga che immagina un Moro vivo o redivivo alzarsi dal bagagliaio della Renault. Più in generale quanto era meravigliosa la passeggiata romana di Herlitzka, sospesa fra i Pink Floyd e Schubert, tanto risulta posticcia la scena iniziale e finale con Moro in ospedale che maledice la DC in Esterno notte.

Il rapporto fra realtà e finzione impatta anche sulle scelte a livello di casting – e anche qui le soluzioni trovate da Bellocchio non convincono del tutto. Dei personaggi principali e dei loro interpreti abbiamo già parlato. C’è poi tutta una serie di personaggi storici che erano rimasti fuori da Buongiorno, notte ma che qui, avendo il regista deciso di concentrarsi anche sul variegato e in parte sordido mondo della politica, esterno, appunto, alla prigione, non poteva non lasciare fuori. Mi riferisco ai vari Andreotti, Leone, Zaccagnini etc., affidati, come già nel primo film dedicato alla vicenda, ovvero il non memorabile Il caso Moro di Giuseppe Ferrara risalente al 1986 ad attori minori, a comprimari, anche perché il minutaggio loro riservato resta piuttosto basso. Ne risulta una via di mezzo fra il Bagaglino e Fratelli di Crozza in cui quel che conta sembra essere una sostanziale somiglianza: la postura di Andreotti, la statura bassa,  baffetti e la napoletanità di Leone, la capigliatura, il naso, gli occhiali e la lacrima facile di Zaccagnini. Stesso discorso anche i figli di Moro e in parte anche per i terroristi.

Toni Servillo e Margherita Buy

Su un ultimo punto i due film coincidono, anche se in questo caso, non ci aveva convinto né la soluzione di allora né tanto meno la soluzione di questa volta, ovvero l’allusione al metalivello, ovvero alla (precoce) trasformazione della vicenda Moro in fiction. In Buongiorno, notte era l’esplicito riferimento alla presenza di una sceneggiatura di cui sarebbe stato autore il collega della terrorista dubbiosa e che viene ritrovata in una delle mitiche borse di Moro; nel secondo caso è la falsa pista con Ruggero Cappuccio che interpreta sé stesso e mette in scena, in tempo reale, uno psicodramma con i suoi allievi, inducendo la suora visionaria a ritenere che l’attore che interpreta Moro sia il vero Moro. Secondo me di questo metalivello, ora come allora, non c’era bisogno.

Resta al di là di queste riserve il fascino tragico, addirittura straordinario, che la vicenda Moro comunica, la più grande tragedia italiana dal dopoguerra a oggi. Per concludere: mi permetto di consigliare a chi non lo avesse già fatto di leggere uno dei testi saggistici più belli della letteratura italiana che è L’affaire Moro di Leonardo Sciascia.

Lunedì 14 novembre 2022, alle 21:25, su Raiuno. Le altre puntate vanno in onda nell’arco della stessa settimana, martedì 15 e giovedì 17 novembre, sempre alla stessa ora. Già da venerdì 12 novembre, però, i primi due episodi sono in anteprima su RaiPlay.


Cast & Credits

Esterno notte – Regia: Marco Bellocchio; sceneggiatura: Marco Bellocchio, Stefano Bises, Ludovica Rampoldi, Davide Serino; fotografia: Francesco Di Giacomo; montaggio: Francesca Calvelli; musica: Fabio Massimo Capogrosso; interpreti: Fabrizio Gifuni, Margherita Buy, Toni Servillo, Fausto Russo Alesi, Gabriel Montesi, Daniela Marra, Vito Facciolla, Paolo Pierobon, Fabrizio Contri, Pier Giorgio Bellocchio, Antonio Piovanelli, Bruno Cariello, Gigio Alberti, Emmanuele Aita; produzione The Apartment, società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai Fiction, in coproduzione con Arte France; origine: Italia/Francia, 2022; durata: 165’ + 165’ circa; distribuzione cinema: Lucky Red.

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