Le vie del Buddha

Le vie del Buddha non è solo uno spettacolo, ma una vera e propria immersione nel mondo attraverso l’arte: recitativa, musicale e visiva. La performance nasce dalla volontà di Stefano Sabelli, autore e regista, di raccontare in immagini e musica la sua straordinaria avventura quando nel dicembre 2001, assieme a Vittorio Sgarbi (allora Sotto Segretario ai Beni culturali) e Alain Elkan, intraprese la sua prima Missione culturale del MIBAC in Afghanistan, organizzata allo scopo di poter appoggiare con forza il nuovo governo Karzai. E’ noto quanto sia stato importante, nel processo di una difficile democratizzazione del paese, l’esistenza di un primo presidente eletto dall’Afghanistan  e rimasto in carica dal 7 dicembre 2004 al 29 settembre 2014. In precedenza, dal dicembre 2001 Karzai aveva invece ricoperto il ruolo di capo dell’amministrazione transitoria afgana e di presidente ad interim (dal 2002). Della missione e dell’importanza rivestita furono testimoni anche diversi giornalisti, fra cui Attilio Bolzoni di “La Repubblica” e una fotografa freelance del quotidiano “News Week”.

Insieme a un nutrito gruppo di collaboratori, si è svolto un viaggio magnifico testimoniato nel reportage pubblicato nel 2002 dalla rivista “Il Bene Comune” (ed. iBC , Campobasso). Uno dei capitoli del testo è stato utilizzato come base della performance portata ora in scena in tutta Italia.

“Oltre ad un panoramicissimo e radente volo fra cime, gole e piccoli ghiacciai di montagna a più di 3.000 metri, in una giornata di sole spettacolare, la visita a Bamiyan, pur con i Budda polverizzati, mi ha fatto vivere una delle emozioni più intense della mia vita ed ha sicuramente rappresentato il momento topico più profondo e karmico di questo viaggio”. Questo è uno dei tanti emozionanti passaggi interpretati da Stefano Sabelli nella sua riuscita performance, in cui si intrecciano racconti di un itinerario, che riassume storia, incontri con un’antica popolazione, dalle origini orientali, gli Azara, e che ha potuto tornare a vivere, solo dopo che i Talebani se ne furono andati.

Il regista e attore molisano è stato in grado di restituirci l’effetto che solo spazi, luoghi e persone fuori dal tempo e dalla banalità possono trasmettere Le immagini proiettate sono in perfetta sincronia con la lettura di un testo, dove si alterna il racconto d’ispirazione drammaturgica alla narrazione di viaggio –  con l’interpretazione del testo e con le immagini dalla bellezza dirompente del paesaggio e al contempo sconvolgente a causa dei Buddha fatti saltare in aria dalla violenza talebana, troviamo la musica. Quella del talentoso artista Giuseppe Spedino Moffa, uno dei più validi compositori e zampognari esistenti.

Colpisce l’alternanza di più arti senza che l’armonia possa interrompersi o spezzarsi; indubbiamente la concezione di questo spettacolo è stata elaborata in un crescendo di emozioni e suggestioni, che Sabelli ha introiettato durante la parte prima del viaggio e poi del ricordo: “I colori rossi e violacei ricordano un po’ quelli del Grand Canyon o di Monument Valley in Arizona e le grotte, scolpite nella parete di roccia e adibite a rifugio, evocano siti simili come Mesa Verde, il villaggio navajo del New Messico, la Cappadocia, o – se si vuole! – da noi, i Sassi di Matera, come pure la Necropoli Pantalica in Sicilia”.

 Nonostante le tracce di distruzione e morte, dovute alle persecuzioni perpetrate nei confronti degli Azara e viste attraverso gli occhi dei sopravvissuti, si evince come sia potente la grande forza vitale che viene sprigionata da tutti gli elementi descritti nelle Vie del Buddha.

E’ impressionante come il pensiero umano sia più forte di qualsiasi desiderio di annientamento e distruzione. La civiltà non potrà  essere cancellata, e questo è evidente, fin quando esisterà chi la possa testimoniare, attraverso anche un’opera come questa.

 

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