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Il fenomeno è stato già rilevato, indagato, discusso, etc. etc.: la biografia filmata di un artista musicale è diventato un vero e proprio filone del nostro mercato audiovisivo.
Proprio nella serata in cui la Rai trasmette il documentario di cui ci stiamo occupando, su un’altra rete della tv di Stato vanno in onda i David di Donatello che ne forniscono plastica testimonianza, proponendo nella categoria del miglior documentario Enzo Jannacci – Vengo anch’io di Giorgio Verdelli e Io, noi e Gaber di Riccardo Milani. Ma in questa stagione cine-televisiva ne abbiamo già incontrati molteplici di omaggi, i più diversi, ai protagonisti della musica nostrana; nella forma del documentario classico, del docu-film o dell’opera di finzione: da Raffa di Daniele Luchetti a Califano con Leo Gassmann fino a Sei nell’anima su Gianna Nannini, per citare i primi titoli che vengono in mente.
Di questa “nuova ondata” tesa a divulgare la vita e le opere dei nostri musicisti più importanti – che segna lo zenit con Ennio di Peppuccio Tornatore – aveva scritto un non disdicevole capitolo, circa una decina di anni, fa la casa di produzione cinematografica e televisiva “Cosmo Production Eu” con Volare – La grande storia di Domenico Modugno, miniserie in due puntate, diretta ancora da Riccardo Milani. Si tratta della stessa società che ha deciso di realizzare questo Milva, diva per sempre; affidato alla penna e alla macchina da presa di Angelo Longoni, regista di teatro e cinema diplomato alla Civica Scuola d’Arte drammatica Piccolo Teatro di Milano (che, come vedremo a breve, ha un ruolo centrale nella storia che si racconta).
Per affrontare un cimento oggettivamente improbo come quello di narrare la vicenda di un’artista prismatica e poliedrica come Maria Ilva Biolcati, in arte Milva, Longoni ricorre alla soluzione più ovvia: si rivolge a sua figlia, Martina Corgnati, che sulla madre ha scritto un libro, L’ultima diva; e le affida la tessitura di una trama che sarebbe impetuosa e appassionante se non venisse purtroppo svolta procedendo per accumulo, un po’ pedissequo, delle tappe salienti di quella biografia invece straordinaria.

Vi si narra di questa donna da sempre cattolica ma notoriamente engagé, come ci mostra subito l’esecuzione di Bella ciao, nella versione originale, però, quella delle mondine; dei suoi natali nel minuscolo paese di Goro, in provincia di Ferrara, da cui fuggì giovanissima per diventare la cantante italiana più internazionale d’Italia, capace di riscuotere successi strepitosi in tutto il mondo dal Giappone alla Francia, e diventare praticamente tedesca d’adozione.
Lo stile è classico: si alternano le interviste in stile talking heads ai molti personaggi illustri che l’hanno conosciuta bene (da Iva Zanicchi a Cristiano Malgioglio); con certi struggenti materiali di repertorio, a partire dall’esecuzione de Il mare nel cassetto al festival di Sanremo del 1961, il primo di una lunga serie.
Progressivamente scorrono sotto i nostri occhi le molteplici tappe di una carriera eclettica e proteiforme; che va dalle mille partecipazioni alla sopramenzionata kermesse canora (di cui ci si mostra la meravigliosa interpretazione di un autentico capolavoro di musica leggera come Canzone, composto da Don Backy e Detto Mariano) alla ben nota cifra politica del suo repertorio, che inizia con i Canti della libertà, disco concepito da suo padre che fu perseguitato politico del periodo fascista, e per cui Milva viene bandita dalla Spagna dal generalissimo Francisco Franco.
Ma la stagione politica significa, come è noto, soprattutto il sodalizio artistico con Giorgio Strehler al Piccolo Teatro, che frutta l’originale e ragguardevole rivisitazione del repertorio del poeta e drammaturgo Bertold Brecht, da L’opera da tre soldi in poi.

La scrupolosa ricognizione di Longoni (che a noi è parsa pedantesca, lo abbiamo già rilevato; ma può anche darsi che fosse necessario per comprimere in un’ora e mezza una materia così riccamente magmatica) non si perita di ragguagliarci anche sulla vita privata della diva, la quale è stata donna animata da tumultuose passioni, come ci informa pure il suo psicoanalista. Sposa a 21 anni un uomo che ne aveva 22 più di lei, Maurzio Crognati; da cui si separerà per legarsi a due diversi attori in due diverse fasi della sua vita in due relazioni diversamente rilevanti: Mario Piave e Massimo Gallerani.
Veniamo a sapere della cura maniacale per i suoi capelli rosso fuoco, anzi “rosso Milva”; e di una depressione brutale di cui cade vittima a seguito di uno dei suoi Sturm und Drang sentimentali.
Ci vengono soprattutto passati in rassegna gli spezzoni da standing ovation delle sue molteplici collaborazioni artistiche col gotha del panorama musicale contemporaneo. Gli artisti più diversi: reinterpreta il canzoniere di colonne sonore di Ennio Morricone in un album che il compositore romano le dedica sin dal titolo. Sfonda nel mercato tedesco grazie alla collaborazione con Mikis Theodorakis che le frutta dischi d’oro e di platino. Realizza un album con Vangelis che aveva appena composto la colonna sonora di Momenti di gloria e stava componendo quella di Blade Runner. Riscopre la sua anima popolare pubblicando La rossa scritto da Enzo Jannacci. Si esibisce con Astor Piazzolla alle “Bouffes du Nord” di Parigi diretto da Peter Brook. È convinta da Luciano Berio a cantare alla Scala di Milano in un “anti-opera” scritta da Calvino. Collabora, infine, con Alda Merini realizzando un intero album con le liriche della grande poetessa. E poi il brano più famoso e forse amato: Alexander Platz, frutto del rapporto umano e musicale con Franco Battiato.
E però, quasi alla fine, negli occhi lucidi di Vicky Schaetzinger, la pianista che l’ha accompagnata per l’ultima tournée con l’ennesimo Brecht; in quegli occhi lucidi, commossi, ricolmi di deferente riconoscenza, si capisce tutta la maestosa magnificenza della cantante emiliana, esigente con gli altri perché pretendeva tutto da sé stessa, e dalle proprie corde vocali, stressate fino a logorarle. La sua grazia sublime, mai banale, furente e soave: la cantante dei tre mondi, amata più in Giappone o in Germania che nella sua Italia, ma poi amata anche in Italia. In quelle lacrime represse a stento dalla sua pianista si capisce fino in fondo la grandezza di questa artista unica, popolare e colta, radicata nella sua pianura padana ma cosmopolita come poche, teutonica e passionale, fragile e austera. E anche questo docufilm (la definizione sembra più appropriata perché oltre a quanto appena elencato vi è anche un filo di plot affidato a delle ricostruzioni fictional dell’infanzia della protagonista), al postutto un po’ barboso e compilativo, in quegli occhi lucidi trova in extremis a modesto parere di chi scrive la sua ragion d’essere.
Su Rai 3 il 3 maggio 2024 (poi su Rai Play)
CREDITS & CAST
Milva, diva per sempre – Regia: Angelo Longoni; soggetto e sceneggiatura: Angelo Longoni (con la collaborazione di Martina Corgnati); interpreti: Martina Corgnati, Iva Zanicchi, Cristiano Malgioglio, Giovanni Caccamo; Massimo Gallerani; Vicky Schatzinger; fotografia e montaggio: Gianni Del Popolo; produzione: Cosmo P. Eu in collaborazione con Rai Documentari; origine: Italia, 2024; durata: 90’; distribuzione: in onda venerdì 3 maggio 2024 in prima serata su Rai 3 (poi disponibile su Rai Play)
