Raffa di Daniele Luchetti

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“Raffaella Carrà: the Italian pop star who taught Europe the joy of sex” è quanto si leggeva su un autorevole giornale inglese, “The Guardian”, qualche anno fa nel novembre 2020. Esagerazione?  Quasi di sicuro no, anche in considerazione del fatto che la soubrette, cantante, ballerina, attrice, autrice e conduttrice televisiva e radiofonica di nome Raffaella Maria Roberta Pelloni alias Raffaella Carrà è stata, e probabilmente resta a tutt’oggi, la stella italiana dello spettacolo più famosa al mondo.

Numeri e dati di fatto non possono mentire: 60 milioni di dischi venduti con canzoni (e/o tormentoni) dai titoli: “Tanti auguri”, “Rumore”, “Pedro”, “Fiesta”, “Ballo ballo”, oppure “A far l’amore comincia tu” che nella versione inglese “Do it do it again” è arrivata al secondo posto nella classifica dei singoli più venduti in Inghilterra. E poi i suoi imbattibili successi nei programmi/show televisivi che hanno ridisegnato in modo rivoluzionario per almeno due decenni, gli anni Settanta e Ottanta, la nostra (e non solo) televisione, oltre a strepitose tournée internazionali soprattutto in Spagna e nei paesi del Sudamerica dove è stata incensata come una diva assoluta. E, infine, proprio per spiegare la frase del nostro incipit,  il fatto che nei decenni è diventata, anche in virtù delle canzoni, un’icona assoluta di libertà e di parità tra i sessi nonché un simbolo dei movimenti LGBTQ, tanto che nel 2017 in occasione del “World Pride” di Madrid, le è stato assegnato il riconoscimento di ambasciatrice dell’amore…

Affrontare un personaggio così importante anzi fondamentale della cultura di massa contemporanea, soprattutto nel nostro paese, non è, né può essere un’impresa facile, e bisogna dare atto a Daniele Luchetti di aver avuto un enorme coraggio per aver cercato di scalare questo Everest. Il risultato è Raffa, un documentario in tre parti di un’ora ciascuna (cioè, di tre puntate quando verrà riproposto sul piccolo schermo di Disney+) che esce in sala a quasi esattamente due anni dalla morte della grande artista bolognese avvenuta a 78 anni a Roma il 5 luglio del 2021 (era nata in piena guerra, il 18 giugno 1943). Anche perché riuscire a penetrare il profondo mistero che si nasconde in una personalità duplice (se non ancor di più) come quello della nostra Raffaella nazionale rappresenta la classica missione impossibile.

Costruito in progressione temporale nella sua tripartizione – la prima parte è dedicata agli inizi della carriera; la seconda agli anni Settanta; la terza gli anni Ottanta con qualche sconfinamento successivo -, Raffa non vuole essere una biografia filmata né ambisce a ricostruire sino al presente una carriera del tutto multiforme e variegata.

Luchetti sulla base della sceneggiatura di Cristiana Farina e degli altri coautori ha optato per concentrare la narrazione di questo grande mito pop rimanendo ancorato al XXI° secolo dove ha vissuto il suo indubbio zenit rispetto ad una certa stanchezza e decadenza intervenuta a partire al più tardi con l’inizio del terzo millennio.

Alcuni elementi fondamentali della vita della Carrà erano comunque indispensabile affrontarli: l’infanzia in Romagna e a Bellaria segnata dal trauma dell’abbandono della famiglia da parte del padre; l’andata a Roma per studiare ad una scuola di ballo (caviglie troppo deboli, prima delusione della sua vita e quindi cambio di prospettiva); gli inizi come attrice prima a Cinecittà sino all’incontro con Frank Sinatra (per recitare ne Il colonnello Von Ryan, 1965, di Mark Robson) e l’approdo temporaneo a Hollywood; poi delusa (altro colpo di scena) dall’esperienza americana il ritorno in patria e l’incontro con i due uomini che le hanno segnato la vita, inizialmente Gianni Boncompagni e poi Sergio Japino ad accompagnarla in una carriera folgorante (con qualche rara, minuscola caduta) prima come cantante/ballerina, successivamente come presentatrice tv che non ha eguali; accanto a ciò, agli innumerevoli successi nella tv pubblica (e un breve detour non riuscito nelle reti berlusconiane), una vita privata estremamente riservata, quasi monacale con il rimpianto più volte espresso di non aver potuto/voluto avere dei figli.

Ad illustrare la vita di questa femminista ante literam che tale mai si è voluta dichiarare ma di fatto lo è stata veramente, oltre ad un immenso materiale d’archivio, intervengono le tante testimonianze di parenti e amici, di suoi stretti collaboratori, di colleghi (Fiorello) o di registi (come Marco Bellocchio o Emanuele Crialese) con l’intento di ricostruire il puzzle del mistero Carrà e cioè di chi sia stata veramente. La chiave scelta, suggerita dal film e spesso esplicitata (talvolta persino troppo a lungo) negli interventi, risponde ad una spiegazione di natura diciamo astrologico -psicanalitica: nata sotto il segno dei Gemelli, Raffaella è stata a seconda dei casi e delle situazioni il Dottor Jekyll e Mister Hyde, la signora Pelloni e la star Carrà.

Che dire? Personalmente non siamo né dei grandi conoscitori del mondo televisivo dove ha dato il meglio di sé né dei suoi fan musicali, e quindi possiamo esprimere un giudizio con occhi abbastanza vergini riguardo alla passione espressa invece nel certosino lavoro di Luchetti & Co. La versione vista in sala di 160 minuti contiene inevitabilmente qualche ripetizione che nella messa in onda in tre puntate non verrà notata anzi aiuterà a riconnettere i fili della narrazione. Il materiale visivo restituisce in pieno la forza musicale e corporea della nostra grande pop star che ne esce come un’autentica forza della natura quale in effetti era – Bellocchio nota nella sua testimonianza che la Carrà da lui conosciuta giovanissima ai tempi del Centro Sperimentale di Cinematografia è soprattutto corporeità/movimento, non fisiognomica del volto.

Tutto incentrato nel delinearne la figura di una sorta di rivoluzionaria nell’ombra a partire dalla sua insita “doppiezza”, il docufilm di Luchetti dimentica un po’ l’incrocio tra il personaggio narrato e la storia d’Italia (o dei paesi latini sotto feroci dittature nelle tournée compiute), a parte qualche raro caso: il rapimento di Aldo Moro, la strage alla stazione di Bologna del 1980, le polemiche sugli ingaggi stratosferici percepiti dalla star per il suo lavoro in Rai. Ci sarebbe piaciuto di più percorrere e capire la sua carriera anche in rapporto a come ha cambiato non soltanto lo spettacolo televisivo ma anche la società italiana a cui senza dubbio ha contribuito con una evidente carica di trasgressività mai pubblicamente esplicita ma insita in una personalità molto libera e antitradizionale.  Oppure come ha influenzato in fieri la cultura, lo spettacolo e i costumi oggi del nostro paese. Ma ciò probabilmente avrebbe significato fare altre tre ore di film. Accontentiamoci intanto di questa Raffa.

Ps. Qui per curiosità il bizzarro necrologio a suo tempo di Carlo Antonelli e Luca Guadagnino

 

 

 

 

 

 

 

 

In sala dal 6 al 12 luglio 2023


RaffaRegia: Daniele Luchetti; sceneggiatura: Cristiana Farina con Carlo Altinier, Barbara Boncompagni, Salvatore Coppolino, Salvo Guercio; fotografia: Debora Vrizzi; montaggio: Luca Manes, Chiara Ronchini, Emanuele Svezia; musica: Teho Teardo; produzione: Fremantle; origine: Italia, 2023; durata: 160 minuti; distribuzione: Nexo Digital.

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