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Jacques Audiard è uno dei registi francesi fra i più eclettici, nel senso che nel corso della sua carriera si è cimentato nella realizzazione di diversi tipi di generi cinematografici e ama da sempre sperimentare narrazioni complesse e situazioni radicali, con protagonisti che si spingono al loro limite. I suoi film hanno una precisa impronta d’autore, come vuole la buona tradizione della Nouvelle Vague, e li si può riconoscere non solo per l’ineccepibile qualità della regia. Dopo Un sapore di ruggine e ossa (2012), la Palma d’oro a Cannes per il dramma sull’immigrazione Dheepan – Una nuova vita nel 2015, il western I fratelli Sisters (2018), e la commedia romantica tratta da un fumetto Parigi, 13 Arr.(2021), e solo per citare gli ultimi successi, Audiard si cimenta questa volta con un insolito musical ambientato nel mondo del violento narcotraffico messicano dal titolo Emilia Peréz. Il film, presentato quest’anno in Concorso alla Croisette e ora arrivato nelle sale italiane, è liberamente ispirato al romanzo Écoute di Boris Razon, e narra la storia di una transgender, per la quale la transizione non è solo fisica ma implica allo stesso tempo una trasformazione morale.

In breve, la trama. L’avvocatessa Rita Moro Castro (Zoe Saldaña) si ritrova una sera sequestrata nientemeno che dal boss del cartello della droga messicano Manitas Del Monte (Karla Sofía Gascón). Le sue qualità organizzative, nonostante lo scarso successo di carriera, sono state notate dal pericoloso criminale che se ne vuole servire per realizzare il suo più segreto desiderio: diventare donna e cambiare completamente vita. Rita, anche se all’inizio titubante, visto l’alto compenso promesso, decide di accettare l’offerta, e nonostante il rischio a cui va incontro in caso di fallimento. Il lavoro consiste nell’organizzazione completa di ogni cosa: trovare il chirurgo plastico che compia l’operazione chirurgica, pianificare l’espatrio e la sistemazione della moglie del boss Jessi (Selena Gomez) con i due figli in Svizzera, e infine la messa in scena di una finta morte. Passano quattro anni e tutto sembra essersi risolto al meglio, quando dal nulla, appare l’affascinante figura di Emilia Pérez per chiedere a Rita un altro favore: riunirla alla sua famiglia in Messico senza rivelare la sua vera identità. Se all’inizio, dopo qualche titubanza della moglie Jessi, sembra andare tutto per il meglio, a poco a poco iniziano a sorgere alcuni inevitabili problemi fra le due donne che alla fine coinvolgono l’avvocatessa personalmente e molto più di quello che lei si sarebbe potuta e voluta aspettare. Inoltre, la decisione di fondare un’associazione di beneficenza per la ricerca di desaparecidos messicani, costringe Emilia ad affrontare il suo violento passato e allo stesso tempo la pone pericolosamente al centro dell’attenzione pubblica.
La transizione di Emilia Pérez ci confronta con una realtà, qui ovviamente portata agli estremi, che Audiard ama porre come una metafora: la violenza e l’aggressività che hanno creato in Manitas un boss della malavita non sono dovute al solo ambiente in cui è cresciuto, ma sono sprigionate da una situazione tossica, in cui il corpo non corrisponde all’idea che l’individuo ha di sé stesso. Solo a transizione avvenuta e con la nuova identità di Emilia, Manitas riuscirà a trovare la strada per espiare a tutti i dolori provocati nel suo passato. Indirettamente però il film si pone la domanda di quanto sia possibile cambiare la profonda natura di una persona e quanto, il fare opera riparatoria, risolva e metta pace ad atroci crimini compiuti in una ‘precedente vita’. L’operazione chirurgica ha cancellato via, con la mascolinità, anche la violenza e l’odio che Manitas si portava dentro, ma certamente non le colpe di una ‘precedente vita’.

Impeccabile il montaggio, come sempre affidato alla montatrice Juliette Welfling, che da molti anni ormai lavora in ogni film del regista, e che armonizza con grande maestria l’intreccio narrativo ai pezzi musicali. Mentre le coreografie di Damien Jalet – che ha lavorato con artisti importanti quali Sasha Waltz e Marina Abramović, e inoltre ha curato le coreografie del remake di Suspiria di Luca Guadagnino e del cortometraggio Allegoria cittadina di Alice Rohrwacher – conferiscono alla narrazione di Emilia Pérez un ampio respiro e soprattutto accompagnano molto bene le musiche e le canzoni composte da Clément e Camille Ducol. I numeri musicali sono tutt’altro che pause di intrattenimento fra una sequenza filmica e un’altra ma contribuiscono alla stregua di dialoghi, sia al proseguimento dell’intreccio del film, sia a mettere a fuoco la situazione emotiva dei singoli personaggi. Dell’intero cast di attrici femminili l’unica con una carriera musicale alle spalle è Selena Gomez. Mentre sia l’americana Zoe Saldaña, che in passato ha avuto esperienza nella danza ma non nel canto, sia l’attrice spagnola Karla Sofía Gascón si trovano per la prima volta a lavorare in un musical, e bisogna dire, con ottimi risultati. Non per niente Emila Perez si è aggiudicata a Cannes non solo il Premio della Giuria, ma allo stesso tempo anche la Palma per la migliore interpretazione femminile a tutto l’ensemble delle attrici, e per concludere, è stato selezionato recentemente per la lista dei film francesi candidati alla corsa agli Oscar.
Nella trama del film viene portata in luce la reale e tristemente nota piaga dei desaparecidos in Messico, seppure Audiard si limiti, senza nessuna voglia di indagarne la tragica realtà, a proporre il tema nella cornice di un musical e quindi opera di intrattenimento fra le più popolari. Una piaga, dicevamo, legata soprattutto alla violenza dei cartelli dei narcotrafficanti, che provoca un drammatico numero di vittime ogni anno in tutto il paese latino-americano. Crimini questi, che rimangono purtroppo quasi sempre impuniti, sia per la mancanza di prove, sia per la mancanza di serie e adeguate indagini da parte delle autorità, troppo spesso pure corrotte e complici delle bande criminali.
Come prima esperienza nel genere del musical possiamo dire che Audiard (firmatario anche della sceneggiatura) è riuscito a creare un’opera di grande intrattenimento, ben scritta, coesa e particolarmente ben curata nei minimi dettagli. Emilia Pérez riconferma doti ed ambizioni di un regista che, alla continua ricerca del nuovo e del non ancora sperimentato, non si accontenta di calpestare terreni conosciuti, ma si mette in gioco e invita il vasto pubblico a farlo con lui.
In sala dal 9 gennaio 2025
Emilia Pérez – Regia e sceneggiatura: Jacques Audiard; fotografia: Paul Guilhaume; montaggio: Juliette Welfling; musica: Clément Ducol (score), Camille (canzoni); coreografia: Damien Jalet; interpreti: Adriana Paz, Karla Sofía Gascón, Selena Gomez, Zoe Saldaña, Édgar Ramírez, Mark Ivanir; produzione: Why Not Productions, Page 114, Pimienta Films, France 2 Cinéma, Saint Laurent Productions; origine: Francia/Messico, 2024; durata: 130 minuti; distribuzione: Lucky Red.
