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Guarda dichiaratamente alle commedie romantiche inglesi prodotte a cavallo tra la metà degli anni ’90 e la prima metà del nuovo millennio, This Time Next Year, film diretto da Nick Moore, che di quella stagione fu protagonista in veste di montatore in diverse di esse. A titoli come Love Actually (2003), Nothing Hill (1999), o alla serie di film con protagonista la Bridget Jones interpretata da Renee Zellweger, su cui è evidentemente modellata la figura di Minnie Cooper (Sophie Cookson ), solo per citarne alcuni. Se aggiungiamo poi che Keith, il padre di Minnie, è interpretato da John Hannah, il cerchio pare evidentemente chiudersi.
Ma di quella fortunata esperienza cinematografica facevano parte altri nomi decisamente illustri. Gente come Mike Newell che, nel 1994, diresse Quattro matrimoni e un funerale su sceneggiatura di Richard Curtis che, alcune di quelle pellicole, oltre che scriverle, le diresse pure. Per This Time Next Year, più modestamente forse (lasciamo allo spettatore il giudizio finale), alla sceneggiatura troviamo Sophie Cousens, che del best seller da cui il film è tratto è anche l’autrice (pubblicato in Italia nel 2021 da Newton Compton con titolo di fantasia Questo pazzo, pazzo amore).
Il vero nome di richiamo, tuttavia, – non ce ne vogliano la Coockson (non proprio a suo agio nelle parti comiche) nè la Cousens –, è rappresentato dalla presenza nel cast dell’affascinante Lucien Laviscount, dato come possibile candidato per il prossimo James Bond e divenuto famoso per il suo ruolo da fidanzato dell’altra Cooper, nella serie Emily in Paris. Dalla serie televisiva di Netflix, anche per questo ruolo, Laviscount mutua alcuni vezzi: quella certa ostentata fisicità, esaltata dalla cura ricercata e maniacale per l’abbigliamento.
Minnie Cooper, è una ragazza graziosa e dal gran cuore, che non difetta in sensibilità verso il prossimo suo – soprattutto se non se la passa bene – ma che non è certo un esempio di persona di successo. Il forno che ha avviato assieme all’amica Leila (Mandip Gill), e nel quale lavorano Fleur (Charlie Oscar ) e Bev (Keala Settle), oltre a bruciare le torte salate destinate ai clienti, sta facendo lo stesso con i risparmi (pochi) di una vita, dando ragione alla madre Connie (Monica Dolan) che spesso, come un mantra, le ricorda: “Tu rischi, tu perdi. Questo è quello che mi ha insegnato la vita!”.
Se in famiglia non si può certo dire che Minnie respiri aria di ottimismo, sul versante amoroso le cose non sembrano essere molto migliori: la relazione con l’imbelle Greg (Will Hislop) pare essere arrivata a un punto morto, sebbene la protagonista non abbia il coraggio di ammetterlo.

La situazione, tuttavia, pare prendere una piega inaspettata, quando, durante i festeggiamenti di capodanno, nella sua vita fa, inaspettatamente, la sua comparsa Quinn Hamilton (Lucien Laviscount): bello, misterioso, sensibile, ricco e di successo. Un vero e proprio principe azzurro che, come nelle favole, il destino ha messo sulla strada della protagonista. Quinn pare davvero dotato di soli pregi, e a farcelo sembrare un pochino più simpatico e meno perfetto, è il suo passato doloroso che pian piano viene a galla, a dimostrazione che non sempre i soldi danno la felicità.
Che di destino si tratti, Minnie ne ha conferma anche dall’assurda coincidenza che vede entrambi nati il primo giorno dell’anno 1990, subito dopo la mezzanotte, a pochi minuti uno dall’altra. Una manciata di minuti che, sorta di sliding doors, ha determinato le fortune dell’uno e le disgrazie dell’altra.
I loro rispettivi mondi, apparentemente inconciliabili, potrebbero trovare però la loro sintesi nell’amore, se non fosse che Minnie è paralizzata in una spirale fatta di banale e fallimentare quotidianità, mentre Quinn, a dispetto dell’aura di perfezione e fortuna che lo circonda, spende le sue migliori energie tra il lavoro e l’accudimento della madre malata, non potendosi permettere, lui che ha tutto, una relazione stabile. Se è vero che “vince chi fugge”, ed entrambi i protagonisti in momenti diversi paiono adottare questa strategia, riusciranno i due ad amarsi lasciandosi i traumi del passato alle spalle?
Quello stesso destino che nell’intreccio filmico assume una rilevanza capitale, nel mondo reale fa sì che il film di Nick Moore venga preceduto nella sua uscita nelle sale italiane da un’altra che, con esiti diversi, riattualizza la medesima favola di Cenerentola. Ci riferiamo, ovviamente, ad Anora, con il cui regista (Sean Becker) Nick Moore condivide una medesima visione rispetto alla centralità e alla cura da prestare alla fase di montaggio, punto cruciale nella realizzazione filmica.
Le attinenze con la pellicola vincitrice della palma d’Oro a Cannes, però, si fermano qui.
Il film di Moore nella sua pur lodevole ricerca di equilibrio tra la risata e la commozione, pare inanellare una serie di situazioni che troppo spesso sanno di repertorio, con i protagonisti che sono chiamati a realizzare un destino di felicità continuamente differito per effetto del loro passato doloroso o dalle interferenze di famiglie disfunzionali. Sulle loro spalle grava inoltre il compito di dover porre rimedio all’evidente differenza di classe che li allontana, nonostante che Quinn, persona anch’egli dotata di buon cuore, faccia di tutto per non farlo pesare. Non dimenticando, infatti, le proprie umili radici familiari, egli non si tira mai indietro quando c’è da aiutare persone in difficoltà.
Si tratta, in ultima analisi, di una favola romantica interclassista, animata dalla volontà (banale?) di porre rimedio, con pervicace ottimismo, almeno su schermo cinematografico, a secoli di lotte sociali, partendo, anche, da alcuni luoghi geografici della città di Londra altrimenti lontanissimi: i quartieri periferici della working class, dove Minnie risiede, e lo skyline della City finanziaria frequentata da Quinn. Se è vero, infine, che la decisione finale sul loro destino di coppia è posta per intero nelle mani di Minnie, è altrettanto vero che senza l’arrivo di lui la protagonista non avrebbe dato, quasi certamente, una svolta alla propria esistenza.
Che, dunque, a essere sacrificata sull’altare dell’amore non sia solo la razionalità, bensì anni di lotte per l’emancipazione e l’autodeterminazione femminile?
In sala dal 14 novembre 2024.
This Time Next Year – Regia: Nick Moore; Sceneggiatura: Sophie Cousens (dal romanzo This Time Next Year di Sophie Cousens); fotografia: Luca Ciuti; montaggio: Melanie Viner-Cuneo; musica: Michael Price; interpreti: Sophie Cookson, Lucien Laviscount, Golda Rosheuvel, Monica Dolan, John Hannah, Mandip Gill, Charlie Oscar, Keala Settle, Will Hislop; produzione: Night Train Media, Blackbox Multimedia, Vargo; origine: Gran Bretagna, 2024; durata: 116 minuti; distribuzione: Notorious Pictures.
