La Tour de glace di Lucile Hadžihalilović (Berlinale -Concorso) – Orso d’argento per il contributo artistico

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Per quanto la regista francese Lucile Hadžihalilović si lasci ispirare alla favola di Hans Christian Andersen La regina delle nevi per la sceneggiatura del suo ultimo film La Tour de Glace, sarebbe una sterile riduzione e un’inutile semplificazione, voler ritrovare solo la fiaba nell’opera che ha vinto l’Orso d’argento per il contributo artistico alla Berlinale di quest’anno.

Ci troviamo negli anni Settanta nel bel mezzo di un paesaggio alpino invernale che, pur imbiancato dalla neve, langue grigio e fosco. La giovane orfana Jeanne (Clara Pacini) scappa dal triste e isolato orfanatrofio in alta montagna, portando con sé solo il ricordo, in forma di un braccialetto con delle pietre, della madre probabilmente morta. La ragazza, che preferisce farsi chiamare Bianca, si avventura a piedi, attraversando ripidi pendii e strade innevate, fino ad arrivare in città. Qui, desiderosa di fare nuove amicizie, si ferma ad osservare affascinata le piroette di una pattinatrice sul ghiaccio, per poi a tarda notte, trovare rifugio nello scantinato di un edificio dove si sta girando un film sulla fiaba La regina delle nevi. Cristina (Marion Cotillard), l’attrice che interpreta la parte principale, è una diva ormai al crepuscolo della fama, che capricciosa e distante, domina sul set – che ricorda vagamente le costruzioni in cartapesta del cinema di Méliès – e tutta la sua troupe come fosse una vera regina; per poi, nei momenti di isolata depressione, vagare per i corridoi come un fantasma etereo e incorporeo, tanto da sembrare più una visione sognata da Jeanne, che non una reale persona in carne ed ossa.

Marion Cotillard incarna perfettamente questo personaggio Cristina/regina delle nevi, carismatico e manipolatore, che sembra ricominciare a vivere nel momento in cui si accorge della potente suggestione che esercita sulla giovane Bianca, diventata sua discepola, e dalla quale sembra attingere nuova energia e forza. D’altro canto, Jeanne/Bianca è attratta, quasi catturata, dal fascino di questa bellissima donna nella quale vede reincarnata la figura materna andata perduta o forse, mai conosciuta. Intrinseca è anche la dicotomia, volendo si può parlare di falsità di entrambe le donne, che vivono, si riflettono in personaggi, che non sono i loro reali.

Tutto il film è costellato da scintillanti riflessi di paillettes e cristalli luminosi, che riverberano nell’oscurità che li circonda. Ogni cosa, quindi, vive di luce riflessa e non propria. Lucile Hadžihalilović come nei suoi precedenti film, dimostra anche in La tour de glace una predilezione per storie oscure, lugubri e relazioni distruttive fra i protagonisti, nei quali la volontà di dominio da una parte e sottomissione dall’altra, si consuma in un amore malato e corrotto, che porta solo all’autodistruzione.

Con un presidente di giuria come Todd Haynes, amante di storie di relazioni complicate – basti pensare solo ad alcuni dei suoi titoli quali Carol (2015) o May December (2023) – c’era da aspettarsi che  un film come La tour de glace non gli rimanesse indifferente e che quindi potesse aspirare ad un riconoscimento. Come è puntualmente avvenuto.

Vale la pena accennare ai luoghi delle riprese, girate fra la Francia e l’Italia, in particolare alcune delle strade che si vedono negli esterni, sono le strette, sebbene irriconoscibili, vie della città di Bolzano in Trentino-Alto Adige. Sebbene non possiamo dire che quest’opera, proprio per la fosca e artificiale  atmosfera di cui vive, ci sia piaciuta, siamo però rimasti colpiti dalla particolare recitazione delle due protagoniste, che convincono in questo pericoloso gioco di seduzione e manipolazione.


La Tour de glace  –Regia: Lucile Hadžihalilović; sceneggiatura: Lucile Hadžihalilović, Geoff Cox; fotografia: Jonathan Ricquebourg; montaggio: Nassim Gordji Tehrani; scenografia: Julia Irribarria; costumi: Laurence Benoit;  interpreti: Cotillard, Clara Pacini, August Diehl, Gaspar Noé, Marine Gesbert, Lilas-Rose Gilberti Poisot  ; produzione: 3B Productions, Davis Films, Sutor Kolonko, Arte, Bayerischer Rundfunk; origine: Francia/ Germania, 2025; durata: 118 minuti.

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