Silenzio! di Teddy Lussi-Modeste

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Insegnare è fatica, pazienza, costanza e voglia di lasciare un segno. È coraggio, fiducia, speranza. Insegnare può diventare mania di onnipotenza (“plasmo le menti di domani”), resta sempre sapienza, di sicuro insegnare fa rimanere giovani nella mente. Col medesimo slancio appassionato del professor Keating (Robin Williams ne L’attimo fuggente di Peter Weir, 1989), l’ultimo arrivato nella scuola media Paul Éluard (autore di una composizione poetica intitolata Liberté) nella banlieu parigina, il prof. Julien Keller (François Civil) cerca di coinvolgere nello studio della poesia d’amore di Pierre de Ronsard (1524-1585) una classe composta di ragazzi di periferia. La discussione è partecipata, alcuni ragazzi fanno battute, il docente li lascia parlare e controbatte con entusiasmo. Alla lavagna il professore spiega l’etimologia della parola seduzione, dal latino se ducere, portare a sé, si può sedurre attraverso l’adulazione oppure si può usare l’asteismo, una figura retorica che si basa sull’uso dell’ironia e della lusinga celata sotto l’apparenza del rimprovero, ovverosia fare una lode ad un qualcuno facendo finta di biasimarlo. Ad esempio per dire che Leslie è molto bella con la sua nuova acconciatura si potrebbe dire: Leslie, non credi di stare esagerando con la tua bellezza oggi?, fare un complimento fingendo di criticarla. La temperatura sale, i ragazzi non hanno sfumature, ascoltano e carpiscono ciò che gli viene più facile intendere. Il prof ci prova con Leslie, si mette a urlare in coro tutta la classe. Suona la campanella. L’indomani Leslie, l’adolescente riservata che sta quasi sempre in silenzio, scrive una lettera alla scuola dicendo che il prof. l’ha molestata. La miccia è innescata. Una docente convoca la famiglia della ragazza. Il padre è morto, si presenta dunque il fratello maggiorenne, un giovane uomo nervoso, teppistello pronto a menar le mani per principi d’onore vicini a quelli della malavita. È aggressivo con la sorella (non eravamo già abbastanza nella merda?) e con i due professori che hanno raccontato l’accaduto nei termini del malinteso, quali risulta evidente ad occhi acculturati, meno a chi non ha voglia né tempo di interpretare la realtà con giudizio. L’avvenimento si gonfia sempre di più fino alle minacce da parte del ragazzo nei confronti del professore. La scuola inizialmente si schiera col collega, poi, piano piano prevale la preoccupazione per l’istituzione più che per la persona fisica.

Julien prova a mantenere la calma, a casa col compagno Walid, sminuisce i fatti, dice che è una bolla che si sgonfierà da sola ma le cose non vanno così. Viene coinvolta la polizia, fioccano denunce e intimidazioni, piccole e grandi (palloni in faccia in cortile, attese minatorie fuori dal portone).

La spirale è sempre più centripeta, Julien perde il distacco e l’ottimismo e precipita nel pozzo della calunnia. Quando un collega docente scopre la sua omosessualità gli chiede perché non l’ha dichiarata per smascherare immediatamente l’accusa: Julien non ritiene giusto esporre la sua vita privata per proteggersi dal momento che è innocente. La macchina del fango è brutale, potente come una valanga, pronta a sotterrare chi non ha colpa.

In un mondo in cui l’apparenza è valore supremo, in cui il privato diventa troppo spesso pubblico, avere ragione o avere torto diventa di secondo piano: il professore gay accusato senza motivo sarà abbandonato a sé stesso, prima durante la ricreazione a leggere da solo in un angolo del cortile, poi consigliato ad uscire dal retro della scuola per non imbattersi nel fratello violento della sua accusatrice, infine ad occuparsi da sé della vicenda giuridica, senza che la scuola prenda minimamente le sue parti (i colleghi non gli concedono il fondo scolastico previsto per pagare un avvocato, il preside non ha mai mandato al rettorato la domanda di tutela funzionale).

Quando tutto intorno sta andando a rotoli in un confronto col compagno Julien dice: Voglio essere l’’insegnante che non si dimentica, colui che ti cambia la vita, come quello che ha cambiato la mia. Walid prova a dirgli di non tornare più a scuola, invano. All’istituto dei ragazzini danno fuoco ai cassonetti dell’immondizia. Durante le ore di lezione Roxana, la rappresentante di classe, scrive su un quaderno tutto quello che il professore dice, con aggiunta di commenti personali: per la polizia, provando a scagionarsi. Confessioni, bullismo, farsi giustizia da soli, emarginazione: un parossismo di elementi miscelati fino all’esplosione.

Tratto da una storia vera vissuta dal regista Teddy Lussi-Modeste: partecipato, sconfortante, verosimile fino all’angoscia.

In sala dal 27 febbraio 2025.


Silenzio! (Pas de vagues)Regia: Teddy Lussi-Modeste; sceneggiatura: Audrey Diwan, Teddy Lessi-Modeste; fotografia: Hichame Alaouie; montaggio: Guerci Catania; musica: Jean-Benoit Dunckel; interpreti: François Civil, Shaïn Boymedine, Toscane Duquesne, Mallory Wanecque, Bakary Kebe, Emma Boumali, Mohamed Fadiga, Atik James, Miriam Djeljeli, Emilie Incerti-Formentini, Mustapha Abourachid, Francis Leplay, Fadily Camara, Luna Ho Poumey; produzione: Kazak Productions; origine: Francia, Belgio, 2024; durata: 91 minuti; distribuzione: No.Mad Entertainment.

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