Until Dawn – Fino all’alba di David F. Sandberg

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Il rischio che si corre nel porsi davanti all’adattamento cinematografico di un videogame è quello di sentirsi ridimensionati-nessun giudizio di valore- da spettatori a giocatori, dalla grandezza in condivisione dal vivo della sala cinematografica al minimalismo casalingo della console, con la percezione inafferrabile di essere collegati on line ad altri players. Tra l’altro, la necessità di mantenere un equilibrio tra le aspettative di chi vuole vedere la struttura di un film e che ricerca il meccanismo del gioco, potrebbe creare un caos di intenzioni e risultati tale da deludere gli uni e gli altri. Until Dawn- Fino all’alba, diretto da David F. Sandberg e realizzato direttamente dalla casa di produzione della PlayStation (che nel 2015 aveva lanciato sul mercato il videogioco divenuto un bestseller), riesce a trovare un dignitoso punto d’incontro tra tutte le varie istanze, senza lasciare particolare traccia di sé, ma provando ad articolare qualche idea sullo schema abusatissimo del survival horror: la situazione presenta i soliti, imprescindibili topos, ovvero un gruppo misto (in tutto, come richiede oggi  la tendenza al politicamente corretto: per genere, etnia, status sociale, orientamento sessuale-anche se in questo caso non si va oltre la bisessualità di una delle ragazze) di ventenni alla prese con la ricerca della sorella scomparsa di una di loro e di una casa vacanze abbandonata nel centro di una valle; dopo l’incipit sotterraneo e cimiteriale con la mano (sempre quella di Carrie, lo sguardo di Satana…) che sbuca fuori dalla tomba in mezzo al bosco, andiamo subito al nucleo degli accadimenti avventurosi e spaventosi.

I cinque personaggi- una coppia appena formata, un’altra di ex e la medium della comitiva – sperimentano dalla prima delle infinite notti l’esperienza di morire trucidati in modi e da soggetti sempre diversi, per ritornare poi a vivere, come per l’appunto in un videogame, una volta esaurito il tempo di una clessidra appesa alla parete. Questo assunto diventa il pretesto per una piccola esplorazione nell’immaginario cinematografico horror recente e passato abbastanza divertente, una variazione sul tema della ripetizione eterna del presente, che può essere condanna tragicomica  (lo splendido Ricomincio da capo di Harold Ramis  con un Bill Murray lunare e tenero) o puntello spaventoso (chi ricorda la memorabile sequenza ripetuta in loop in uno degli incubi a incastro di Nightmare 4-il non risveglio di Renny Harlin?); stavolta le cose sono un po’ diverse perché i killers cambiano al resuscitare di ogni membro della comitiva, che infatti non riesce ad escogitare una strategia efficace per sopravvivere, appunto, fino all’alba, così da poter uscire dall’ incubo. In un armamentario, nel senso letterale del termine, di espedienti per mettere in atto la carneficina ab libitum, inclusa la trasformazione dello scenario circostante, sembra di veder sfilare Leatherface di Non aprire quella porta, la mascherata sfigurata del clown di Terrifier,  i morti viventi di Romero e le creature possedute de La casa di Sam Raimi, persino le creature del sottosuolo nel perturbante The Descent di Neil Marshall. Con l’ultimo titolo citato il film di Sandberg ha in comune l’affondare e il risalire dalle viscere della terra ( là le grotte segrete e sprofondate nei monti Appalachi, qui le voragini di una miniera che ha inghiottito le abitazioni di un’intera cittadina), anche se manca lo spessore dello sguardo metaforico e la forza trasfigurante dell’iperrealismo. Siamo in fin dei conti in zona gioco e la funzionalità delle figure non richiede e non osa un chissà quale approfondimento psicologico, nonostante ci sia un flashback onirico tra Clover, la protagonista, e la sorella perduta che  prelude un jumpscare davvero ben fatto. Tornando al game cinefilo, le citazioni vanno anche più indietro nel tempo, con la casa e la madre/strega/cadavere di Psycho che, in un crossover inedito, si incrocia per un attimo addirittura con il sorriso contagioso del male visto in Smile.

Ma la sequenza forse più notevole, che ha anche un respiro più lungo e articolato, è quello in cui i ragazzi e le ragazze, a ridosso dell’ultima notte possibile per morire e rinascere, prima di essere catturati dall’oscurità ed essere trasformati in bestiali mostri sempre affamati,  (ri) guardano sul cellulare di uno di loro le immagini riprese delle precedenti uccisioni: a questo punto sembra di essere finiti nella percezione “sporca” , parziale, rubata tra The Blair Witch Project e la saga ispanica dei vari Rec, considerando anche il riferimento alla struttura dell’ospedale psichiatrico, oltre a quella dichiarata fin da subito del bosco. il villan di turno è  così il solito psichiatra impazzito, intenzionato a trasformare le sue cavie umane in osceni e sbavanti mutanti che hanno imparato a  psicosomatizzare le loro paure. Una questione complessa e stratificata, che ha generato riflessioni sul rapporto carne, istinto, emozioni di ben altra eccellenza (il cronenberghiano d’antan Brood-la covata malefica), qui risolta in modo sbrigativo, effettistico, semplificato sulla psiche di un gruppo di amici che vuole più superficialmente salvare la pelle. Un’ambizione mal riposta, o poco sviluppata, che però permette a Until Dawn- Fino all’alba di non poggiarsi sulla già vista, e onestamente indigeribile, comicità di circostanza che,  in particolare in questo tipo di racconto, uccide la talvolta faticosa ricerca di una suspense e, sul piano estetico, di un’immagine non scontate. Sandberg, frammentando i punti di vista dell’esperienza ludica, prova a portare qualcosa di cinematografico che, come i suoi personaggi/giocatori, rimane imbrigliato nella ripetizione che non genera differenza; in ogni caso, si crea un corto circuito che ha il suo perché, proprio ponendo degli interrogativi, sciolti, quasi sempre, in una soluzione funzionale all’avanzamento di livello, al superamento del limite, alla messa in scena nel perimetro di uno spazio limitato (il campo e il fuori campo sono dettati dalla presenza di una pioggia che circonda il minaccioso maniero e impedisce agli ospiti di varcare la soglia del suo perimetro).

Insomma, se ci trovassimo in un sala giochi di quelle degli anni 80 e 90, alla fine della proiezione-partita non ci troveremo a chiedere i soldi indietro per un intrattenimento non soddisfacente.

In sala dal 24 aprile 2025.


Until Dawn- Fino all’alba  (Until Dawn)  – Regia: David F. Sandberg; soggetto e sceneggiatura: Blair Butler, Gary Dauberman; fotografia: Maxime Alexandre; montaggio: Michel Aller; musica: Benjamin Wallfisch; interpreti: Ella Rubin, Michael Cimino, Odessa A’zion, I-young Yoo, Maia Mitchell, Peter Stormare; produzione: Screen Gems, Coin Operated, PalyStation Productions, Vertigo Entertainment; origine: USA, 2025; durata: 103 minuti,; distribuzione: Eagle Pictures.

 

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