Smile, horror psicologico ansiogeno e disturbante, segna il debutto cinematografico del regista Parker Finn che, partendo dall’intreccio di un suo corto del 2020, Laura Hasn’t Slept, ha espanso la storia rendendola più coinvolgente e terrificante, connotandola di un’aspetto psicologico distruttivo capace di catturare l’attenzione dello spettatore.
Rose Cotter, una psichiatra (interpretata da Sosie Bacon, già nota per la serie su Netflix 13 Reasons Why) dopo aver assistito al suicidio di una giovane donna, viene perseguitata e tormentata da presenze sovrannaturali che non le lasciano tregua e rendono la sua vita insopportabile e angosciante.
La ragazza è sola – come spesso succede in horror di questo genere – e viene creduta preda di ossessioni o di follia, lentamente il fidanzato e persino la sorella la abbandonano a questo suo stato di ansia, e solo un amico, o meglio un suo ex, cercherà di comprenderla, di supportarla e di starle vicino, con conseguenze drammatiche.
La donna, disperata, approfondisce e arriva a scoprire che i suicidi non sono casi isolati, ma eventi concatenati tra di loro che hanno un unico elemento in comune: al momento del suicidio, la vittima veste il suo viso di un ghigno inquietante, somigliante a un sorriso ma terrificante e anticipatore della sciagura che sarà.
Chi vede quel ghigno ed è testimone dell’evento drammatico, non avrà scampo e sarà destinato a morire e da quel momento la sua vita sarà solo tormento e ossessione.
Lentamente viene fuori che gli omicidi sono ben più di uno e l’unico modo di liberarsi da quella malefica catena senza morire è quello di uccidere qualcuno davanti a un testimone, passando le catene dell’ossessione al povero malcapitato di turno.
Molto ben congegnato e con la giusta dose di adrenalina, Smile punta sulla crescita esponenziale del terrore: inizialmente la protagonista sembra essere solo molto stanca, gradualmente le visioni si impadroniscono di lei e non lasciano più spazio alla sua via e a singoli momenti di serenità fino a riempirla di incubi ad occhi aperti, letteralmente.
Il tormento dentro di lei cresce in maniera proporzionale alla necessità di affrontare i suoi demoni, e con esso il suo passato non semplice: il suicidio della mamma, evento ancora non completamente superato la cui ombra torna, prepotente, a fare capolino.
All’epoca della morte della madre, Rose aveva solo dieci anni e non riuscì -o forse non volle – salvare la donna depressa, alcolizzata e problematica.
L’ombra del suo passato torna e comincia a diventare una presenza costante e inquietante, difficile da spazzar via. Con tutta se stessa, Rose proverà a combattere contro il suo demone, cercando una via di fuga dall’ossessione e dalla gabbia in cui, in fondo, è incastrata da sempre.
Le presenze sovrannaturali e le visioni terrificanti si ingarbugliano con i suoi tormenti personali creando una complicata tela di ragno dalla quale è quasi impossibile venirne fuori. Un fuori che condiziona un passato oscuro e viceversa.
Insomma, un buon horror dal sapore psicologico che non concede mai dei momenti di tregua allo spettatore.
In sala dal 29 settembre
Smile – regia e sceneggiatura: Parker Finn; fotografia: Charlie Sarroff; montaggio: Elliot Greenberg ; scenografia: Sheila Bock; musica: Cristobal Tapia de Veer; interpreti: Sosie Bacon, Jessie T. Usher, Kyle Gallner, Caitlin Stasey, Kal Penn, Rob Morgan; produzione: Temple Hill Entertainment; Paramount Players; origine: USA, 2022; durata: 115’; distribuzione: Paramount Pictures.