Tempo: siamo alla metà degli anni Settanta, per la precisione partiamo dal giorno dopo la fine della 27ª edizione del Festival di Cannes (9-24 maggio 1974) quella che sanzionò l’ascesa definitiva della “Nuova Hollywood”. Così – ci ricordano i dialoghi de À la Recherche dell’attore-regista-sceneggiatore torinese Giulio Base – la Palma d’oro venne assegnata a La conversazione di Francis Ford Coppola mentre nella concorrente “Quinzaine des Réalisateurs” si era fatto prepotentemente notare Martin Scorsese con Mean Streets (oltre, a volere essere pedanti – ma questo non lo si dice nel film -, in quella storica congiuntura anche Steven Spielberg vinse il Premio per la miglior sceneggiatura per il suo Sugarland Express).
Luogo: una sfarzosa villa nei Castelli romani da cui non usciamo mai per tutta la durata del film.
Azione: due figure si confronteranno e interagiranno in un ideale duetto/battibecco che si protrarrà (si suppone) un paio di mesi. Lei Ariane (Anne Parillaud) è un’attrice parigina sulla via del tramonto professionale, comunque sempre bella, sensuale e seduttiva ma nel pieno di una crisi economica tanto che la sua splendida magione sta per essere impegnata per pagare i debiti. Lui Pietro (Giulio Base) è un ex scrittore di talento, brillante, contorto e sempre pronto a ribattere, costretto per vivere a barcamenarsi con mediocri copioni di b-movie, erotici o poliziotteschi che dir si voglia, con cui far quadrare i conti a fine del mese. Entrambi sognano il riscatto, vorrebbero finalmente avere una loro grande rivincita sulle avversità della vita e questa potrebbe essere costituita dallo scrivere e proporre a Luchino Visconti che Ariane ha possibilità di raggiungere, il progetto “definitivo” della carriera del grande maestro italiano ormai malato e su una carrozza a rotelle: la riduzione per il grande schermo del celeberrimo romanzo (ovverosia il ciclo in sette volumi composti tra il 1906 e il 1922) di Marcel Proust, À la Recherche du Temps Perdu. Una impresa titanica ma non del tutto campata per aria tanto è vero che (oltre ad una sceneggiatura di Susi Cecchi d’Amico pubblicata nel 1986 per un film viscontiano mai fatto) anche Volker Schlöndorff la ha concretizzata nel 1984 in un invedibile Un amore di Swann, uno dei film peggiori, se non il peggiore, di una onorata carriera.
E comunque, lo scenario che Ariane e Pietro intendono realizzare, dovrà essere nella lingua del testo proustiano, anche grazie al fatto che Pietro è stato ingaggiato nel progetto dalla donna proprio perché (citiamo a memoria) è “l’unico sceneggiatore italiano che conosce bene il francese”. Di conseguenza anche À la Recherche in cui sono rispettate 2 e mezzo delle 3 unità aristoteliche, è tutto recitato, originariamente, in francese (anche se nelle nostre sale uscirà doppiato – peccato!) e dove, a riguardo, c’è da aggiungere che Giulio Base se la cava alla grande in tale compito al pari di una eccellente Anne Parillaud che si trova perfettamente a suo agio in un ruolo quasi fosse cucito sulla sua pelle di attrice.
Come già talvolta in passato, ad esempio ne Il banchiere anarchico (2018, dall’omonimo racconto di Fernando Pessoa), anche qui abbiamo a che fare con un compatto Kammerspiel a due voci. In esso, con rari momenti narrativi di stasi, i protagonisti lavorano insieme, disquisiscono, litigano, ma anche amoreggiano un pochino o cercano di sedursi a vicenda (più lui nei confronti di lei ovviamente che non il contrario) per la durata (una volta canonica) di un’ora e mezza precisa.
À la Recherche è dunque un’opera molto ben documenta sull’argomento che affronta, piena di notizie cinefile (che non sveliamo), oltre a intessere, in una salsa agro-dolce, nei dialoghi molto fitti, diverse riflessioni politico-ideologiche sugli anni Settanta (il film è stato sceneggiato insieme a Paolo Fosso). Qui il “dir-actor” Base – un autore molto poliedrico con una non piccola e variegata carriera registica alle spalle – si toglie anche dei personali sassolini dalle scarpe, tipo quella di rammentare come Pietro Germi, di fede socialdemocratica, era inviso alla sinistra comunista all’epoca assolutamente maggioritaria in campo cinematografico. Ma al di là degli strali polemici, quanto ci ha convinto di più in À la Recherche sono le nuance malinconiche dei due protagonisti e quando il film nelle pieghe di un dialogare brioso e a tratti trasgressivo racconta le ferite e le illusioni perdute della vita. E in in più con battute non ancora schiave della odierna correttezza politica.
Passato in anteprima alla Festa di Roma
In sala dal 2 novembre
À la Recherche – Regia: Giulio Base; sceneggiatura: Giulio Base, Paolo Fosso; fotografia: Giuseppe Riccobene; montaggio: Natascia Di Vito; interpreti: Anne Parillaud, Giulio Base, Vittorio Base; produzione: Agnus Dei Tiziana Rocca Production, Rai Cinema, Rosebud Entertainment Pictures; origine: Italia, 2023; durata: 90 minuti; distribuzione: Eagle Pictures
Mi fa piacere quello che leggo e spero di vederlo quanto prima e non doppiato…dove vivo non c’è un cinema alla portata..