Quando nel 1988 apparve sugli schermi il primo Beetlejuice – che in italiano nel titolo portava anche la sapida aggiunta di Spiritello porcello – fu subito chiaro che nel cinema americano (e non solo) era nata una Stella di prima grandezza, un grandissimo talento visuale di nome Tim Burton. L’anno successivo tale impressione venne confermata dal primo Batman in cui il regista – classe 1958 – di Burbank cominciò a sperimentare anche le strettoie del sistema hollywoodiano nel quale era nato e cresciuto.
Ora senza cercare di ricostruire una filmografia brillantissima – da Edward mani di forbice (1990) a Ed Wood (1994), da Il mistero di Sleepy Hollow (1999) a La fabbrica di cioccolato (2005) solo per citare a caso alcuni fra i suoi film più noti -, è abbastanza evidente che la carriera Burton negli ultimi tempi sembrava essere entrata un po’ in crisi. Ad esempio, il suo ultimo, Dumbo, cinque anni fa, non aveva certo lasciato delle tracce particolarmente splendide.
Tutto ciò per dire che con grandissima attesa si aspettava questo sequel trentasei anni dopo, con un titolo che raddoppia quello dell’originale, per di più poi ad aprire la Mostra di Venezia 2024. D’altronde, come ha dichiarato lo stesso regista, questo Beetlejuice Beetlejuice “è un film molto speciale per me. E l’idea di un sequel è venuta fuori molte volte: giravano anche varie sceneggiature. Ma ho sempre pensato che se dovevamo farlo dovevamo farlo bene e con l’approvazione di Michael, Catherine e Winona. Se non fossero stati tutti d’accordo non l’avrei fatto. Mi sono sempre identificato con Lydia, quindi ho iniziato a pensare a come si sarebbe svolta la sua vita: passare dall’essere una tosta ragazzina goth a un’adulta.”
Ed infatti proprio dal punto di vista della figura di Lydia Deetz (Winona Ryder), una donna ossessionata dagli spiriti, che ruota la trama di questo nuovo, brillante capitolo dello spavaldo “spiritello porcello”.
Qui due righe con cui orientare il lettore in una trama abbastanza aggrovigliata e ricca di colpi di scena (alcuni prevedibili, altri meno): dopo un’inaspettata tragedia familiare, la morte del patriarca Charles (ritratto in stop-motion), tre generazioni della famiglia Deetz, a partire dalla intraprendente nonna Delia (Catherine O’Hara), ritornano nella casa natia di Winter River che – quasi fosse quella mitica di Psyco – domina minacciosamente la cittadina. Oltre ad essere sempre ossessionata dal diavoletto Beetlejuice (Michael Keaton), la vita di Lydia – ormai influencer, specialista di occulto e star di una serie tv in tema di spiritismo e in più con un antipatico fidanzato-manager tv (Justin Theroux) mezzo imbroglione che la vuole sposare – è complicata dagli atteggiamenti della figlia, Astrid (Jenna Ortega). La ragazza, una teenager che si ribella alla madre e si innamora di un bel giovinotto locale, scopre poi nella soffitta della casa, un misterioso modello in miniatura della città mentre si aprirà (come non aspettalo?) un portale di comunicazione con l’Aldilà. Di problemi ce ne sono a bizzeffe nel due mondi dei vivi e dei morti, è solo questione di tempo prima che qualcuno pronunzi tre volte il nome di Beetlejuice e il dispettoso demone tornerà per scatenare la sua personalissima versione del caos. E, a sorpresa, chissà, non è detto, che non ricompia anche alla fine quando tutto sembra tornato alla normalità qui nel mondo dei vivi e nell’aldilà…
Con questo suo ultimo film Burton ci consegna un’opera pirotecnica piena di detour narrativi e di sottostorie, quasi fosse un compendio di tutta la sua poetica. Moltiplica anche il numero dei personaggi che portano avanti il plot, tra cui brillano soprattutto i due, interpretati da Monica Bellucci e Willem Dafoe, l’una nella parte di una ex moglie vendicatrice di Beetlejuice e l’altro di una attore/poliziotto dell’aldilà – con sequenze di altissimo livello (ad esempio quella in cui la Bellucci si ricuce letteralmente con una spillatrice – da manuale). Il tutto orchestrato da un gran tappetto sonoro roboante (forse anche troppo, a nostro modesto giudizio) di rumori e con la musica originale di Danny Elfman ça va sans dire oltre a tante importanti hit che sottolineano alcune sequenze decisive.
Di certo è che questo Beetlejuice Beetlejuice – pregevole anche per l’interpretazione generale del cast e di qualche simpatico “cameo” come quello di Denny DeVito – resterà senz’altro come uno dei migliori lavori dell’ultima maniera del nostro genialoide regista, ma c’è anche tanto burtunismo dentro, il quale tende ad inficiare l’inventiva generale di un film che lavora su una sequenza continua di scene madri. Alcune, come si è detto, notevoli, altre in parte già viste e conosciute.
Risultato finale ad una prima visione festivaliera: bene con qualche ombra ma detto ciò lo consigliamo caldamente. Più o meno tutti gli spettatori della proiezione-stampa veneziana sono usciti soddisfatti e tra breve ci sarà anche il giudizio del pubblico dato che esce subito la settimana prossima.
Mostra di Venezia 2024 (Film d’apertura, Fuori Concorso)
In sala dal 5 settembre 2024.
Beetlejuice Beetlejuice; Regia: Tim Burton; sceneggiatura: Alfred Gough, Miles Millar, Seth Grahame-Smith; fotografia: Haris Zambarloukos; montaggio: Jay Prychidny; scenografia: Mark Scruton; musica: Danny Elfman; costumi: Colleen Atwood; suono: Stuart Wilson, Jimmy Boyle, Chris Burdon, Gilbert Lake; effetti visivi: Angus Bickerton, Alex Bicknell; interpreti: Michael Keaton, Winona Ryder, Catherine O’Hara, Justin Theroux, Monica Bellucci, Arthur Conti, Jenna Ortega, Willem Dafoe, Denny DeVito; produzione: Warner Bros. Pictures (Marc Toberoff, Dede Gardner, Jeremy Kleiner, Tommy Harper, Tim Burton), Sara Desmond, Katterli Frauenfelder, Alfred Gough, Miles Millar, Larry Wilson, Laurence Senelick, Brad Pitt; origine: Usa/Regno Unito, 2024; durata: 104 minuti; distribuzione: Warner Bros Italia.