Ci sono temi estremi che richiedono forme estreme. È questo il principio a cui si è attenuto con rigore il regista italo-iracheno Haider Rashid, nato e cresciuto e Firenze da madre italiana e padre iracheno. Europa presentato e premiato (Beatrice Sartori Award) alla Quinzaine di Cannes è un film bello ed estremo da diversi punti di vista: unità di luogo e (quasi) di tempo, unità di azione, un unico personaggio dal quale la macchina da presa non stacca mai, qualche centinaio di parole nell’insieme (per lo più monologhi, interiori o meno, e preghiere).
Il protagonista si chiama Kamal e come a suo tempo il padre di Rashid (erano gli anni ’70) è approdato in Europa e di qui in Italia attraverso la cosiddetta rotta balcanica, il confine fra la Turchia e la Bulgaria, una rotta come molte altre pericolosissima perché, anche una volta varcato il confine, il fuggiasco non può dirsi mai al sicuro, visto che di qua come di là vi sono intere categorie di persone intenzionate a trarre guadagno dalla cattura e/o dall’uccisione dei profughi.
La vicenda di Kamal è inquadrata all’interno di una serie di importanti didascalie in arabo e in inglese che ci fanno capire la valenza documentaria del film e di come il protagonista sia stato estrapolato da una innumerevole serie di individui, i quali in cerca di una nuova vita, hanno nella gran parte dei casi finito per perdere quella, povera e misera quanto si vuole, che avevano. Kamal, come già il padre di Rashid, potrebbe invece avercela fatta, anche se le scene finali del film (che dura, giustamente, poco più di settanta minuti, una maggior lunghezza avrebbe reso il film un po’ noioso) restano tutto sommato aperte.
Grande merito del film spetta al protagonista, al giovane e sensazionale Adam Alì nonché al direttore della fotografia Jacopo Maria Caramella che accede a tutte le inquadrature possibili e immaginabili per seguire le avventure di Kamal, ché il film – nella sua esplosiva e politicissima drammaticità – è in fondo un mirabolante film d’avventura, in cui il protagonista deve trovare il modo di sfuggire al nemico (priorità numero uno), deve trovare da mangiare, deve trovare da bere, deve lavarsi, deve e vuole riuscire ad essere compassionevole nei confronti di chi ha avuto meno fortuna di lui, chiudendo gli occhi a un fuggiasco morto e dando vita a quanto di meno lontano da una tradizionale sepoltura con tanto di invocazione di Allah. E – la cosa più drammatica di tutte – per sopravvivere deve anche uccidere.
Parlando pochissimo Kamal alias Adam Alì accentua i tratti espressivi che finiscono quasi per farne un attore da cinema muto. Il film non è girato, si poteva immaginarlo, nelle location originarie, ma in una zona boschiva e montuosa denominata l’Alpe della Luna che si trova al confine fra tre regioni: la Toscana, l’Umbria e le Marche che, a detta di Rashid, presenta anche la stessa flora della zona in cui la vicenda sarebbe ambientata.
Sarebbe interessante studiare sul piano storico-cinematografico la tradizione dei film (almeno dei lungometraggi) che recano nel titolo la parola Europa, a partire da Roberto Rossellini, e passando attraverso Agnieszka Holland oppure Lars von Trier. Certamente da un paio di decenni a questa parte la parola “Europa” è diventata, ciò che non era in passato, un entità mitica o se vogliamo un’utopia, come cent’anni e più fa era l’America. Di questa valenza utopica nel film di Rashid, che uscirà nelle sale distribuito da I Wonder, si vede poco, forse soltanto la mano che sfiora l’acqua del lago, pochi secondi prima della fine.
Presentato al Festival di Cannes
Europa – Regia: Haider Rashid; sceneggiatura: Haider Rashid, Sonia Giannetto; fotografia: Jacopo Maria Caramella; montaggio: Haider Rashid, Sonia Giannetto; interpreti: Adam Alì, Svetla Yancheva, Mohamed Zouaoui; produzione: Radical Plans in associazione con Beyond Dreams e Fair Play, con la produzione esecutiva di ODU Movies e Berta Film; origine: Italia 2021; durata: 75’; distribuzione: I Wonder