È arrivato l’atteso documentario di Marius Sanchez e Jordi Évole: una lunga intervista vis a vis con Josu Urrutikoetxea, detto Josu Ternera, ex terrorista del gruppo basco ETA, acronimo di Euskadi Ta Askatasuna (“Paese basco e libertà”).
L’ETA è stata una delle organizzazioni terroristiche più aggressive e persistenti in Europa nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale. Dal suo sorgere nel 1958, ha causato la morte di oltre 800 persone, responsabile di diverse stragi ed attentati, i suoi metodi estremisti e violenti sono divenuti via via sempre più efferati e meno popolari, fino a che, caso unico al mondo, nel maggio del 2018, il gruppo ha dichiarato il proprio scioglimento, affermando di aver concluso il suo percorso storico e la sua missione.
Uno degli attentati più famigerati è la cosiddetta Operazione Ogro, che ebbe luogo il 20 dicembre 1973 ed aveva come obiettivo l’ammiraglio Luis Carrero Blanco, presidente del governo spagnolo e fedelissimo di Franco, Gillo Pontecorvo descrisse la vicenda nel suo film omonimo Ogro (uscito con pessimo ma involontario tempismo pochi mesi dopo il sequestro Moro) e che aveva come protagonista Gian Maria Volonté.
Quando si ha l’occasione di intervistare personaggi controversi come Josu Ternera, i rischi sono molti, è necessario studiare a fondo la personalità di chi si ha di fronte per capire fino a che punto ci si può spingere con le domande, per fare in modo che l’interlocutore si apra il più possibile. L’abile intervistatore, il giornalista Jordi Évole, ha mantenuto un approccio diretto ed un atteggiamento impassibile. Le sue domande sono incisive, puntuali, e si affidano alla logica fattuale delle dichiarazioni di Ternera. La capacità di Évole di portare il suo interlocutore a conclusioni che sono una diretta conseguenza delle sue parole, costringono Ternera più volte a doversi barcamenare e a dare risposte evasive.
Dall’altro lato però, anche se durante l’intervista fa molte rivelazioni riguardo al suo coinvolgimento in varie operazioni, Ternera pare esprimere, a livello di riflessione, concetti già elaborati in precedenza. Dotato indubbiamente di carisma e di una profonda consapevolezza del peso delle sue parole e delle sue dichiarazioni, abile nell’evitare le questioni più delicate, (le affronta solo parzialmente), e soprattutto determinato a rimanere coerente all’ideale per cui ha lottato per cinquant’anni, si dichiara dispiaciuto ma non mostra pentimento per aver fatto parte di un’organizzazione che riteneva necessaria per contrastare un sistema. Non critica realmente le modalità estremamente discutibili di alcuni attentati (come quello di un’autobomba lanciata lungo una strada dove sono chiaramente visibili bambini), si limita a definirli “errori”, senza mai giungere a una condanna, così come non condanna il sistema pseudo-mafioso utilizzato dall’organizzazione per raccogliere fondi: minacciando imprenditori e arrivando persino a ucciderli se non pagavano la “tassa rivoluzionaria”.
La posizione di Ternera, con i dovuti distanziamenti e la dovuta cautela nell’accostamento, è analoga a quella di Papa Francesco nell’altro interessantissimo documentario realizzato dagli stessi autori: The Pope: Aswers (2023). In entrambi i casi abbiamo uomini chiamati a rispondere delle incoerenze e delle ingiustizie prodotte dalle istituzioni di cui sono (o sono stati) a capo, ed entrambi rispondono non come individui, ma come rappresentanti dell’ideologia di tale istituzione.
Perché Ternera, è evidente, ragiona ancora come un membro dell’ETA, per lui le responsabilità sono state della politica e delle autorità, colpevoli i poliziotti che non hanno evacuato gli edifici, colpevoli i politici che non hanno e rilasciato gli ostaggi. Ci si chiede se un approccio con dispositivi atti a filtrare il confronto o ad innescare un elemento di analisi interiore come quello di Errol Morris con il suo dispositivo intelligente “Interrotron” avrebbe potuto tirare fuori qualcosa di più, dato che Ternera pare già avere ben chiaro cosa dire, l’impressione è che non si sia lasciato sfuggire nulla di ciò che non avesse già previsto. La ragione la spiega chiaramente durante il colloquio: rinnegare cinquant’anni di lotta armata per un’ideale sarebbe una sconfitta troppo grande da accettare.
A livello visivo abbiamo a che fare con un’opera sobria e priva di fronzoli: un campo, un controcampo, fotografia calda e pulita, qualche foto e firmato d’archivio. Il documentario non si apre direttamente con l’intervista a Ternera. La brillante intuizione degli autori consiste nell’introdurre inizialmente un altro personaggio: una guardia del corpo che è stata ferita da ripetuti colpi d’arma da fuoco durante l’attentato al sindaco di Galdakao nel 1976. Durante il colloquio con lui, il giornalista lo informa che ha parlato con Ternera e gli chiede se è disposto a guardare; quest’ultimo accetta e, insieme al pubblico e all’intervistatore, diventa un terzo osservatore, e scopre per la prima volta in quel momento il ruolo dell’uomo in quell’attentato. Il suo commento in chiusura rende perfettamente il senso dell’impossibilità di dialogo tra vittima e carnefice, tra agenti di fazioni opposte, e la tragica desolazione che ne consegue.
Contrariamente a quel che sostenevano i detrattori del film, autori delle polemiche a seguito del suo inserimento nel cartellone del Festival di San Sebastian di quest’anno, possiamo affermare che iFaccia a faccia con l’ETA… non occulta né giustifica gli atti terroristici dell’organizzazione, né mette sullo stesso piano assassini e complici, e, come giustamente ha affermato il direttore del Festival, Josè Luis Rebordinos, l’opera va vista, prima di diventare oggetto di una critica che si basa puramente su di una premessa.
Su Netflix
Faccia a faccia con l’ETA: conversazioni con un terrorista (No me llame Ternera) – Regia: Marius Sanchez e Jordi Évole; sceneggiatura: Adrià Attardi, Julia Badenes, Silvia Merino, Marius Sánchez, Jordi Évole; fotografia: Paco Amate; montaggio: Mònica Jové; produzione: Producciones del Barrio; origine: Spagna, 2023; durata: 101 minuti; distribuzione: Netflix.