Festa del cinema di Roma: Giulia mia cara! Giorgio di Maria Mauti (Freestyle Arts)

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Filmare le parole del teatro, in particolare quando diventano un crocevia di riflessioni, sentimenti, esperienze che inglobano e abbracciano una vita nel suo senso più profondo e nucleare, comporta intraprendere un minuzioso e rigoroso viaggio, talvolta fino alla fine di una notte dentro la quale sono contenute le luci di un nuovo giorno e di una nuova scena. Giulia Lazzarini è un’attrice e una donna piena di luce ma possiede la tempra e l’ energia, pur stemperate in un pudico tremore, per attraversare le tenebre.

È dunque comprensibile, condivisibile e condivisa l’attrazione che Maria Mauti ha sentito nei suoi confronti, tanto da volerne mettere in scena e in sguardo una parte sostanziale e fondamentale del suo lavoro: Giulia mia cara! Giorgio parte infatti dalle lettere che Strehler le ha scritto durante la loro lunga e feconda collaborazione al Piccolo di Milano, in prossimità di un debutto o dell’ inizio delle prove di uno spettacolo, che focalizzano e concentrano nello spazio concreto ed espanso del palcoscenico il rapporto di affinità elettiva, coltivato nella dura e sfinente quotidiana pratica teatrale, intercorso tra di loro. Non c’è nulla di nostalgico o celebrativo, si comincia dalla Giulia novantenne, e ancora in scena, che torna su quelle missive e le rende vive, espressive, innervate di una consapevolezza acquisita con il peso specifico del tempo, nonostante un volto ancora così aperto e vibrante.

L’interprete si riappropria delle parole del suo mentore, scoprendo e provando lo stupore davanti all’ ammirazione che lui provava per lei e ricordando lo scavo incessante, estenuante, appassionato e talvolta violento dentro alcuni personaggi emblematici: la Willie di Giorni felici di Beckett, Ariel in La tempesta shakespeariana, Claudia in Elvira, o la passione teatrale di Louis Jouvet. In particolare questo ultimo testo, che metteva in scena le sette lezioni condotte da Jouvet sul personaggio di Donna Elvira nel Don Juan di Molière, sembra traslare in un gioco fitto di specchi e di rimandi il rapporto Lazzarini-Strehler: un processo di accompagnamento e sostegno della propria allieva fino a scapigliare/squarciare/svelare con forza e brutalità il velo d un’ autenticità di sudore e lacrime (“ io adesso ho solo voglia di piangere”, dice alla fine Giulia/Claudia).

L’assenza di un clima commemorativo, non esclude però la presenza della memoria tramutata in atto di testimonianza. Nella cadenza rituale e unidirezionale, in quanto non prevedeva risposta, di quell’epistolario che a tratti sembra un resoconto di note di regia a piè pagina, le immagini impreziosite dai chiaroscuri di un logorato supporto video acquistano un corpo/voce in dialettica con il presente, e dichiarano e affermano quello che è stato, vale a dire che queste due persone, Giorgio e Giulia, hanno portato avanti insieme una maniera di concepire e di fare teatro.

Un collegamento che passa attraverso gli spazi vuoti di oggi, e non solo per il palcoscenico fuoco centrale e devozionale del culto teatrale; si transita per i corridoi di casa Lazzarini, oppure i camerini, i luoghi in cui operano i costumisti e i tecnici, la messa a punto della rappresentazione. Un presente dunque che diventa il dietro le quinte di un fuori campo sonoro: la voce recitante di Giulia, che arriva un attimo immediatamente prima , annuncia gli straordinari e ben selezionati materiali d’archivio, in una successione senza soluzione di continuità, con la voce di Strehler; un fondersi rasente il confondersi, che è in realtà il materiale dentro il quale l’attrice può intarsiare, ricavare, mettere in rilievo la sua personalità, magari appesa e sospesa, in cerca del suo autore. E Strehler c’è, è perennemente e costantemente con lei, ne segue e talvolta imprimi i gesti, le tonalità, le posizioni.

Maria Mauti cerca di trasportare e di rappresentare la stessa progressione processuale nel suo rapporto con Lazzarini, nel volerla convincere a portare quelle lettere fuori da pudori e da reticenze, in una rinnovata dimensione scenica che non è più la buca schiacciante e pressante della Willie beckettiana, o i ganci che scendono audacemente e spericolatamente dal soffitto di Ariel. Basta l’essenziale di una scrivania alla quale rimanere sedute, concentrate, presenti. Una situazione di quiete vibrante dalla quale risale la eco di un fraseggio e di un’ intonazione su parole che, in quanto scritte, nel leggerle ad alta voce Giulia può solo immaginarle pronunciate dal suo maestro. Questa dialettica dentro-fuori resta tutta all’ interno delle mura teatrali, squarciate simbolicamente solo dall’ immaginario e dalla memoria. C’è il rischio di una struttura assoluta, ossessiva, maniacale, nonostante alcuni inviti rivolti da Strehler alla sua cara e adorata, a sentire la necessità di nutrirsi della vita vissuta altrove e aldilà delle tavole dei palchi, pur persistendo anche qui un richiamo evocativo ed enfatico, un legame a filo doppio con la propria identità di teatranti. Per questo motivo probabilmente Mauti a un certo punto avverte il bisogno, chissà se appartenente in egual maniera alla sua protagonista, di muovere la mdp, creare un dinamismo, innescare un’ azione. E lo fa con delle soggettive notturne per la Milano dei teatri, non solo con l’ovvia destinazione verso il Piccolo, ma con un allargamento circolare alla multiforme realtà di edifici corrispondenti ciascuno a un repertorio, un’ idea di drammaturgia e di interpretazione. Se immaginiamo che la soggettiva corrisponda allo sguardo di Giulia Lazzarini, il vagare fino alla prime luci dell’ alba è il moto al luogo di una poetica e di una ricerca mai interrotte, il tentativo di spostare in avanti, in uno spazio tempo che ha connotati completamente differenti, la lezione strehleriana (senza liberarsi completamente di un mood spettrale e fantasmatico intriso alla radicalità luce-ombra di talune messe in scena).

Un mondo che corre il pericolo di essere perennemente tradotto in performance fin nelle falde del privato e dell’ intimità, ma che per contrappasso offre un’ opportunità suggestiva a chi abbia voglia di ascoltare: parafrasando Strehler, la storia di un individuo dentro la quale riconoscere la storia di tutta l’ umanità.


Giulia mia cara! Giorgio – Regia e sceneggiatura: Maria Mauti; fotografia: Ciro Frank Schiappa; montaggio: Valentina Andreoli; musiche: Fiorenzo Carpi; interpreti: Giulia Lazzarini; produzione: Maria Mauti, Lorenzo Cioffi, Piero Maranghi per Ladoc e Filmmauti con il sostegno di Banca Intesa; origine: Italia, 2024; durata: 80 minuti.

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