Festa di Roma: Holiday di Edoardo Gabbriellini (Concorso)

  • Voto

L’home movie in un digitale non completamente a fuoco di una vacanza al mare su un litorale di provincia viene soppiantato quasi senza soluzione di continuità dalle immagini prodotte dai tanti schermi Pc, smartphone e tablet e dalle ridondanti piattaforme social di due persone torturate e sgozzate nella piscina di un albergo tra i tanti di quella striscia di sabbia e sole, lHoliday del titolo. È un inizio dall’effetto straniante quello del ritorno alla regia dell’attore Edoardo Gabbriellini, scoperto come volto della dolceamara commedia all’italiana al crepuscolo di Paolo Virzì     (Ovosodo, Baci e abbracci) e successivamente passato dietro la camera da presa con affondi più intimi e desolanti in un sentimento autobiografico non tanto letteralmente legato al racconto della sua storia, quanto teso ad esprimere una condizione di smarrimento e di precarietà intergenerazionale con la quale a un certo punto si è costretti a una resa dei conti (B.B. e il cormorano e Padroni di casa). Questa volta la lama affonda nella carne ancora più esposta e fragile di Veronica, una diciottenne figlia della donna uccisa nella vasca idromassaggio, che diventa la prima sospettata non solo per aver trovato i cadaveri in loco ma per il rapporto di reciproco disprezzo con quella madre,  dall’atteggiamento e dall’aspetto di altera e seduttiva matrona di riviera (l’uomo ucciso assieme a lei è l’amante di turno), in contrapposizione alla trasandatezza e all’indolenza della ragazza .

E il film, in maniera piuttosto ambiziosa, si muove su tre piani temporali seguendo il filo del rasoio di quel trauma sanguinario: c’è il dopo, in cui Veronica che, in maniera abbastanza indifferente e provocata solo dall’invadenza morbosa della stampa di cronaca nera, si confronta con il padre sull’opportunità di riaprire l’albergo e va in discoteca con Giorgia, la migliore amica nonché testimone che le ha permesso di essere scagionata; c’è il prima, durante il quale viene messo a fuoco non solo il rapporto di ostilità e distanza tra figlia e  madre, ma anche l’emarginazione e la mortificazione alle quali Veronica viene sottoposta dalle regole crudeli di un microcosmo adolescenziale di ragazzine dalle sembianze sempre più scheletriche e controllate e dalle lingue taglienti e giudicanti nei confronti di fisicità e di comportamenti che non rientrano nei canoni di una forma e di una formalità; infine c’è l’aula di tribunale all’interno della quale si tiene il controverso processo rigorosamente a porte chiuse, con Veronica che, durante una dichiarazione spontanea, ricorderà come la violenza degli sguardi e dei (pre)giudizi della società al di fuori di quel non luogo dai banchi vuoti è la vera gabbia nella quale ha espiato la propria condanna, l’espropriazione della sua identità di figlia che ha perso la madre, per diventare il capro espiatorio di un giustizialismo mediatico.

Ma Gabbriellini non perde di vista il fatto che sta realizzando un noir e pone a livello narrativo una serie di domande e di piste, di teorie e di capovolgimenti che, se occorrono a mantenere la tensione sempre allertata, limitano in qualche maniera l’indagine della dimensione esistenziale e psicologica del personaggio di Veronica. Raramente peraltro si è vista nel cinema italiano una figura di adolescente cosi ambigua e sgradevole, visto lo sbilanciamento che c’è nel descrivere la gioventù in una semplicistica prospettiva di disagio o di virtù, e nell’equivalente posizionamento per il tramite dell’empatia o della pietas. A prescindere dalla soluzione o meno del mistero delittuoso, e Gabbriellini procede in una ben calibrata direzione di velamenti e svelamenti rispetto a quello che è possibile vedere e scoprire, Veronica rimane infatti un enigma nella sua apatia ed afasia.

E l’aspetto problematico e discutibile di Holiday sta proprio nell’appiattirsi a un certo punto su una prospettiva che non tende a penetrare tra le pieghe della fitta rete di manipolazioni, non detti, ambivalenze nelle dinamiche tra tutti personaggi, dei quali Veronica sembra una catalizzatrice di agiti repressi, desideri frustrati e aspirazioni soffocate. Si rimane, soprattutto nella seconda parte, su un livello di enunciazione un po’ monocorde delle possibili versioni dei fatti , e la parte in tribunale delle testimonianze è la più debole. Ma anche le stesse significative relazioni chiave per comprendere la possibile spinta di Veronica nel mettere in atto il proprio intento criminoso (che  presume anche la messa in scena di un possibile alibi da ragionevole dubbio) non sono perscrutate nel lungo e nel largo del loro perimetrale valore protettivo e collusivo: il padre, con il quale ha  una complicità e un affetto più forti rispetto a quelli che aveva con la madre, sotto la patina amichevole e rassicurante  rivelerà la propria aggressività attraverso un vocale, tra il dolore “nudo” della moglie e il sostanziale disinteresse della figlia,  in una scena di incisiva potenza iconoclasta contro il posizionamento dei ruoli familiari e le sue strategie di rimozione e assoggettamento; Giorgia, compagna forse desiderata oltre la sfera amicale, nei confronti della quale per altro sussiste un rapporto interclassista, visto che la madre fa la pulizie nell’albergo della famiglia di Veronica.

È come se non si arrivasse mai ad un movente percepito come nucleo, pulsione, dolore talmente rimbombante da dover essere anestetizzato e incanalato dentro la pervertita capacità di escogitare una mera vendetta ribaltata in opportunità di riscatto (la status di potenziale matricida e la conseguente sovraesposizione renderanno Veronica oggetto di un attenzione che non aveva mai ricevuto, ancor più pensando al contrappasso nel trasformarsi da carnefice vittima). L’esclusione di qualsiasi punto di vista moralista da parte di Gabbriellini è dunque assolutamente apprezzabile, ma la mancanza di uno scavo maggiormente in profondità di un materia che soprattutto il linguaggio televisivo e giornalistico hanno  fagocitato e restituito nel chiacchiericcio di una decadente e salottiera programmazione generalista è un buco nero nell’effetto sfocatura di ritorno nel finale cupo e sconfortante.

Si rimane con il dubbio che Gabbriellini non sia voluto o non abbia saputo andare oltre nel filmare senza filtri l’horror vacui al termine di quel tunnel.

In sala dal 23 0ttobre 2023


Holiday – Regia: Edoardo Gabbriellini; sceneggiatura: Edoardo Gabbriellini, Carlo Salsa; fotografia: Amine Fessadi; montaggio: Walter Fasano; interpreti: Margherita Corradi, Giorgia Frank, Alessandro Tedeschi, Alice Arcuri, Alessia Giuliani, Flavio Furno, Massimo Mesciulam; produzione: Vision Distribution, Cinemaundici, The Apartment Pictures; origine: Italia, 2023; durata: 102 minuti; distribuzione: Europictures.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *