Festival di Venezia (28 agosto – 7 settembre 2024): The Order di Justin Kurzel (Concorso)

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Sino ad oggi Justin Kurzel ci aveva abituato a film ambientati principalmente su territorio australiano, i più recenti tra di essi, Nitram (2021) e The Kelly gang (2019), stanno li a ricordarcelo. Con The Order, il regista australiano sbarca finalmente negli Stati Uniti d’America, ambientando la pellicola a Cour D’Alene, nello stato dell’Idaho, nord ovest degli Stati Uniti, dove l’agente federale Terry Ask (un grande Jude Law), mandato lì a svernare, avrà il non facile compito di smantellare un cellula terroristica.

Basato sul libro The Silent Brotherhood di Kevin Flynn e Gary Gerhardt, giornalisti investigativi che hanno indagato sui gruppi suprematisti bianchi a metà anni Ottanta, il film racconta il tentativo, di una delle numerose cellule di questa variegata galassia, di mettere in atto un colpo di stato contro il governo federale degli Stati Uniti tra il 1983 e il 1984.

Quelli che inizialmente sembravano eventi del tutto slegati, come la stampa di banconote false, gli assalti a furgoni porta valori o una serie di rapine in banca, per l’agente Ask si configurano, quasi da subito, come tasselli di un mosaico più grande. Grazie all’aiuto dell’agente Jamie Bowen (Tye Sheridan), comincia a circoscrivere le proprie indagini all’interno delle locali comunità di fanatici del white power, in particolare attorno alla Arian Nation presieduta dal reverendo Butler (Victor Slezak), predicatore dal grande carisma, fanatico religioso e razzista. Quale sia, a sua volta, il legame tra questa comunità, i crimini poc’anzi descritti, il misterioso libro intitolato The Turner Diary e lo sfuggente e altrettanto carismatico Robert Jay Mathews (Nicholas Hoult) è quello che l’agente Ask dovrà scoprire.

A metà strada tra il thriller e il poliziesco, genere quest’ultimo cui Kurzel guarda rifacendosi a illustri modelli del passato, a giganti come William Friedkin (lo stesso regista in conferenza stampa ha citato, come modello di riferimento, Il braccio Violento della Legge,1971),  ma – aggiungiamo noi –  anche a Vivere e morire a Los Angeles (1985), film verso cui è debitore nella costruzione del rapporto tra Ask e Jamie, questa di Kurzel è una pellicola “tesa”, senza troppi fronzoli, che narra, con un realismo sporco e polveroso (come le strade dove sfrecciano le vetture guidate dalla banda di criminali all’inseguimento dei furgoni porta valori – quasi si trattasse degli assalti alla diligenza visti nei film western della Hollywood classica) una delle storie maledette tratte da personaggi e fatti reali care al regista.

Da sinistra: Jude-Law, Jurnee Smollett e Tye Sheridan

Nei suoi 116 minuti di durata, che scorrono via benissimo e dove non mancano ripetuti omaggi a Il Cacciatore di Michael Cimino (1978), Kurzel inserisce molti elementi di genere: il protagonista reduce di guerra, senza affetti, cinico e disilluso, che vive come un’ossessione il proprio lavoro; il rapporto tra maestro e allievo, oppure quello, dai contorni psicologici inestricabili, tra cacciatore e preda.

Il film si presenta, inoltre, quasi come lo studio antropologico di un’America profonda e dimenticata. Il ritratto di quelle comunità fatte di persone senza prospettiva, di ultimi, dove la retorica dell’odio è più facile che trovi terreno fertile e attecchisca. Uomini e donne cui viene offerto un bersaglio, anche in senso fisico, da prendere di mira sin da bambini. Un vero e proprio addestramento all’odio e al risentimento, alla ricerca di un capro espiatorio cui attribuire le colpe del proprio arretramento sociale, della propria marginalità. Una educazione all’odio che parte dalla manipolazione del reale e che è, di fatto, tutta maschile. Il ritorno agli antichi valori cui i protagonisti aspirano, quelli che a loro dire hanno ispirato la nascita di una nazione “fatta di bianchi”, passa evidentemente per una struttura eminentemente patriarcale dove la donna ha valore solamente nella sua funzione riproduttiva e di “angelo del focolare”.

Ma vi sono, importanti, anche i riverberi con la strettissima attualità, in un paese diviso come non mai e alle soglie di decisive elezioni presidenziali. Come infatti esplicitato in coda al film, all’indomani dell’assalto al campidoglio del 6 gennaio 2021, sono state rinvenute copie dei famosi Diari di Turner. Ritrovamento che rende ancor più sinistro l’evento eversivo che ha avuto luogo a Washington, dopo l’elezione a presidente di Joe Biden.

Come già notammo al tempo a proposito di Civil War (2023), diretto da Alex Garland, stupisce il fatto che a parlarne, sia pure in un contesto di fiction, sia un regista che statunitense non è. Che Hollywood stia forse dimostrando una sorta di timidezza e non voglia prendere posizione sui fatti di casa propria? Chissà?


The Order – Regia: Justin Kurzel; sceneggiatura: Zach Baylin (dal libro The Silent Brotherhood di Kevin Flynn, Gary Gerhardt) ; fotografia: Adam Arkapaw; montaggio: Nick Fenton; musiche: Jed Kurzel; scenografia: Karen Murphy; interpreti: Jude Law, Nicholas Hoult, Tye Sheridan, Jurnee Smollett, Marc Maron; produzione: AGC Studios (Stuart Ford, Miguel A. Palos Jr., Zach Garrett, Anant Tamirisa), Chasing Epic Pictures (Bryan Haas), Riff Raff Entertainment (Jude Law, Ben Jackson, Stephen Fuss), Arcana Studio (Sean Patrick O’Reilly, Eric Rebalkin); origine: Canada, 2024; durata: 116 minuti.

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