Un gruppo di impiegati municipali devono passare un weekend insieme, per fare il convegno del titolo, presso le prime strutture del centro commerciale cui hanno dato il permesso di essere costruito.
Se ci fermassimo qui, avremmo già un horror, perché, pur rispettando il lavoro di tutti, la situazione descritta è inquietante. E il regista de Il convegno, Patrik Eklund, sottolinea proprio questo aspetto della storia, rendendo la prima parte del film, grottesca e satirica, più spaventosa della seconda, in cui esplode la mattanza di un giustiziere vendicativo del cinismo e dell’avidità di questi brutti conferenzieri. Sì, i partecipanti al convegno sono brutti e stupidi, e la circostanza li rende anche peggiori perché mette a nudo le loro meschinità e le loro ingiustificate ambizioni, a tal punto che la visione del film è disturbante, non perché persone di questo tipo non esistano, ma perché al contrario rivelano la verità di certe dinamiche, tra affari loschi e volontà di leadership, tra corruzione e volontà di potenza.
Quando il giustiziere inizia il suo lavoro, non possiamo non tifare per lui, del resto il condizionamento da parte del cinema di Tarantino è ormai evidente in quello di tutti i registi. Non c’è film in cui non si percepisca più o meno all’improvviso lo stile del grande regista americano, piaccia o non piaccia. Soprattutto quando “si riflette” sulla violenza.
Dalla decadenza morale alla mattanza sanguinolenta, il passo è ormai brevissimo, ma per noi ciò che è più interessante è proprio il grigiore dei personaggi inghiottiti da quello del paesaggio, testimone innocente e inevitabilmente grigio dell’ottusità umana. Capitalismo, liberismo più bieco, indifferenza e irritabilità, sistemi economici e sistemi morali, di questi può essere metafora Il convegno diventando un film più interessante di quello che potrebbe apparentemente sembrare. Capire l’identità del giustiziere, che indossa una grande maschera infantile e inespressiva, è, nella seconda parte del film, più divertente della sua, pur roboante, azione punitiva. Come dire, chi è che condanna i sistemi sopra citati, chi punisce gli impiegati municipali pigri e non curanti, chi ne fa una carneficina tarantiniana, chi, come noi possiamo, può compiere questo massacro, per amor di giustizia, ovvero, di vendetta?
Il cinema pone più domande della filosofia, o, almeno, le pone in modo più coinvolgente e sicuramente catartico. La filosofia si chiede perché esista il terrorismo, il cinema ce lo fa vedere. La verosimiglianza delle scene, in questa produzione svedese, raggiunge livelli eccellenti e inaspettati mentre l’uso della musica, classica per l’arrivo dei conferenzieri, e composta da suoni metallici per la loro uccisione, restituisce un senso di inquietudine, che accompagna tutta la visione de Il convegno.
Su Netflix
Il convegno– Regia: Patrik Eklund; sceneggiatura: Patrik Eklund, Thomas Molestad, Mats Strandberg; fotografia: Simon Rudholm; montaggio: Robert Krantz; effetti speciali: William Bellbrant; musica: Andreas Tengblad; interpreti: Adam Lundgred, Maria Sid, Claes Hartelius Katia Winter, Christoffer Nordenrot; produzione: Jimm Garbis, Malin Huber, Ina Sholberg; origine: Svezia, 2023; durata: 100’; distribuzione: Netflix.