Come di prammatica ultimamente, subito d’emblée un breve sunto con domande sullo stato dell’arte. Quanti film si sono visti sulla crisi di un regista nel mezzo del suo lavoro, a partire da autentici capolavori quali Otto e mezzo di Federico Fellini oppure Effetto Notte di François Truffaut? E ancora: quanti film sono stati realizzata sulla figura dello scrittore, filosofo e avventuriero libertino Giacomo Casanova? Restando, per esempio, solo al cinema di casa nostra e usando a ragione il termine di capolavoro, per esempio: da Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano di Luigi Comencini all’ancor più memorabile Il Casanova sempre di Fellini oppure a Il mondo nuovo di Ettore Scola.
Anche lo splendido racconto breve dell’austriaco Arthur Schnitzler da cui è liberamente tratto l’ultimo omonimo lavoro di Gabriele Salvatores e cioè Casanovas Heimfahrt (Il ritorno di Casanova, 1918, in Italia edito prima da Bompiani nel 1982, poi da Adelphi nel 1990 e via dicendo) aveva già avuto un adattamento televisivo diretto da Pasquale Festa Campanile nel 1980, una riduzione teatrale nel 1992 con la sceneggiatura di Tullio Kezich, la regia di Armand Delcampe e protagonista Giorgio Albertazzi, mentre, sempre nel 1992, troviamo una versione cinematografica di Édouard Niermans, Le retour de Casanova, con Alain Delon.
D’accordo se c’è un luogo esistente dove “mai, dire mai”, quello è proprio, inevitabilmente, il mondo dello spettacolo ma certamente in un caso come questo, il paragone nasce non solo spontaneo insieme alla domanda “ma era proprio necessario” con cotanto pregresso? A rispondere è stato, comunque, proprio il regista napoletano-milanese che ritornato dietro la mdp dopo il teatrale Comedians (2021), ha dichiarato di aver fatto il suo primo film, in una lunga carriera, dove “parlo un po’di me” e quindi che lo riguarda da un punto di vista anche autobiografico.
In effetti, a mettere insieme i pezzi di cui si diceva, Il ritorno di Casanova ci mostra un protagonista, un affermato regista, Leo Bernardi (Toni Servillo) che, a ragione o a torto, si sente in crisi creativa ovverosia a fine carriera, alle prese con la sua ultima opera che non ha voglia alcuna di concludere anche a causa delle conseguenze di una sbandata per una ragazza di campagna, Silvia (Sara Serraiocco), conosciuta sul set e che aspetta un figlio da lui. E tale stallo creativo perdura malgrado le pressanti sollecitazioni del suo abituale produttore Alberto (Antonio Catania) che vorrebbe portare il film al Festival di Venezia e malgrado l’aiuto di Gianni (Natalino Balasso), il suo montatore di fiducia nonché amico/confidente fraterno. Il film in costume e in lavorazione, tratto appunto dal racconto di Schnitzler, ha come tema un personaggio che sembra estremamente simile e speculare a lui Leo, un Casanova (Fabrizio Bentivoglio) attempato e con i bei tempi di gloria ormai alle spalle: non possiede più il carisma di un tempo né il suo potere magico sulle donne, in più non ha in tasca un becco di un quattrino né alcuna voglia residua di girare il mondo. Anche lui, quindi, a fine carriera. Dopo anni di esilio, nel viaggio di ritorno verso la sua Venezia, Casanova conosce una ragazza, Marcolina (Bianca Panconi), speculare alla Silvia di Leo, che gli riaccende d’improvviso la sua fame di conquista ma…
Le due storie che seguiamo sullo schermo e che scorrono parallele e incrociate linearmente nel film – in bianco e nero quella del regista Leo, a colori quella di Casanova in viaggio per Venezia – hanno come tema in comune un interrogativo con i tanti dilemmi amorosi e i dubbi metafisici che comprende: “continuare a recitare il proprio personaggio o lasciarsi andare alle sorprese che la vita ti propone?”
Il ritorno di Casanova è dunque quanto si definirebbe un’opera di metacinema oltre che, come si accennava, vagamente autobiografica, ed è soprattutto molto ambiziosa, non solo per i riferimenti e i possibili confronti di cui si è sinteticamente detto, ma anche per i suoi incunaboli e quelle riflessioni filosofiche sul rapporto nodale tra cinema e vita che avevano genialmente attraversato e vivificato tutte le Nouvelle Vagues degli anni Sessanta.
Nella sua importante carriera, soprattutto negli ultimi tempi, Gabriele Salvatores ci ha abituato a mimesi, scarti e salti continui tra una pellicola e la successiva – con risultati artistici molto diversi e altalenanti. Personalmente – e dispiace scriverlo – Il ritorno di Casanova ci appare, malgrado la voglia essere lieve e al di là delle intenzioni riflessive, un’opera piuttosto fredda, ingessata da tanti fellinismi e da un certo non indispensabile citazionismo (ad un certo punto si ricorda esplicitamente lo Scola del Mondo Nuovo). Anche a considerare l’imperfezione un elemento creativo importante, l’impegno di Salvatores, dei suoi co-sceneggiatori (Umberto Contarello, Sara Mosetti) e degli attori che interpretano il film in una maniera non sempre originale, sembra essersi risolto in un esito cervellotico, convincente a metà e purtroppo troppo poco emozionante malgrado il tema trattato. O almeno a me è così parso – pareri contrari sono benvenuti.
In sala dal 30 marzo 2023
Il ritorno di Casanova – Regia: Gabriele Salvatores; sceneggiatura: Umberto Contarello, Sara Mosetti, Gabriele Salvatores; fotografia: Italo Petriccione; montaggio: Massimo Fiocchi; effetti speciali: Fabio Traversari, Francesco Pepe; scenografia: Matteo De Gregori; interpreti: Toni Servillo, Sara Serraiocco, Fabrizio Bentivoglio, Natalino Balasso, Alessandro Besentini, Bianca Panconi, Antonio Catania, Marco Bonadei, Angelo Di Genio, Sara Bertelà, Elio De Capitani; produzione: Indiana Production con RAI Cinema, BA.BE Productions ed EDI Effetti Digitali Italiani; origine: Italia, 2023; durata: 95 minuti; distribuzione: 01 Distribution.