Io lo so chi siete di Alessandro Colizzi

  • Voto
4

Dopo un lungo viaggio intrapreso fra il romanzo e il lungometraggio di finzione, Alessandro Colizzi (regia) e Silvia Cossu (sceneggiatura) rientrano nell’agghiacciante mondo dei fatti: Io lo so chi siete non è soltanto il titolo dell’ultima opera girata dalla coppia di cineasti, ma una sorta d’infelice mantra nel quale l’Italia odierna tristemente s’identifica. Nel breve intervallo di un’ora e poco più, i due autori guadano lo stesso Paese forgiatosi, anni prima, sulla gravosa eredità che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avrebbero voluto (o avrebbero dovuto) lasciare ai propri posteri. Trascendendo le aspettative, l’obiettivo preferisce osservare le vittime, elargendo loro quello spazio vitale che gli aguzzini spesso reclamano per sé. Mai, nemmeno per un istante, l’immagine cede alla tentazione di trasformare la verità in leggenda e il racconto rimane ancorato alla sua terra, ai suoi silenzi (talvolta fin troppo rumorosi), al savio orrore dei testimoni.

L’intero film, presentato in anteprima l’anno scorso al 66° Festival di Taormina, ruota attorno a Vincenzo Agostino, sorta di allegoria vivente nell’antico (e, in gran parte, irrisolto) conflitto fra mafia e libero arbitrio. Ciononostante, abbiamo la netta impressione che alla cinepresa non interessino affatto gli emblemi, che la voce narrante scansi i cosiddetti personaggi pubblici per soffermarsi sull’uomo e sul paradossale dramma di un padre rimasto orfano di figlio. Prima d’indossare l’uniforme della polizia che lo condusse alla morte, Antonino detto Nino fu il primogenito di Vincenzo. La storia e la cosiddetta cronaca d’attualità lo conosceranno solo attraverso le vesti della vittima: il 5 agosto 1989, il ragazzo viene brutalmente assassinato sulla soglia di casa a Villagrazia di Carini, in provincia di Palermo, insieme alla giovane moglie Ida Castelluccio. La coppia aspettava un bambino che non nascerà mai. L’esecuzione si consuma sotto gli occhi dei familiari più stretti (fra cui la sorella Flora, appena diciottenne) e segue un iter ben preciso – un iter in cui lo spettatore attuale, così come quello del ventennio precedente, ha imparato a riconoscere le fisionomie di Cosa nostra.

In un istante, tre generazioni vengono cancellate. I colpevoli non saranno mai trovati: il periodo immediatamente successivo all’omicidio, difatti, si dipana nelle fasi dell’occultamento, della dissimulazione e della mistificazione. Si parla di delitto passionale. Tutti sanno che dietro c’è dell’altro, ma nessuno osa prendere fiato e uscire dall’ombra. Nel frattempo, i rotocalchi si riempiono d’inchiostro. Quasi mimando il mutismo eloquente di una Palermo ormai abituatasi all’omertà, Alessandro Colizzi ci mostra le pagine dei quotidiani, sfogliando parole destinate a non essere mai pronunciate. Nel tentativo di ricostruire un itinerario della memoria atto ad unire i due poli d’Italia (la Sicilia e la Val Camonica), il regista dona un nuovo volto ai protagonisti di un’era più volte rimossa dall’immaginario collettivo. La parabola di Vincenzo viene ricontestualizzata in una cornice più ampia, mettendo in luce un filo d’Arianna che scorre dalla caduta del muro alla recente contemporaneità: a trent’anni di distanza, il processo ai carnefici di Nino è ancora in corso, eppure la realtà circostante non sembra cambiata di una virgola.

La troupe si muove in una quiete statica, riducendo all’osso le interviste e navigando sul lungomare abbandonato in cui coraggiosamente rilucono, fra vecchi rottami, i monumenti commemorativi. Un senso d’abbandono si sprigiona dalle strade deserte, dalle dimore sprangate, dall’enorme e desolato cimitero posto alle sponde della nostra civiltà. Il vuoto dilaga, tentando d’inghiottire anche noi semplici osservatori, ma Vincenzo si oppone e prosegue la sua battaglia contro i mulini di un universo nel quale autorità e barbarie convivono felicemente. Come un eroe donchisciottesco, egli rifiuta di tagliarsi barba e capelli fino a quando “giustizia non sarà fatta”: una soluzione pragmatica ad un problema in apparenza irrisolvibile. Il messaggio nascosto al di là delle immagini, al di là dell’apparato mediatico che tutto circonda e divora, al di là delle aule in cui i processi si dibattono all’infinito, è contenuto proprio nella lunga chioma del nostro lucido idealista: in fondo, dovremmo smettere di tagliarci i capelli.

In sala dal 21 marzo (oltre che in  Dvd) 

Serata speciale al Cinema Farnese di Roma il 21 marzo ore 21. Al termine della proiezione Alberto Crespi incontra gli autori e Vincenzo Agostino.

Parteciperanno: Marta Cartabia, Miguel Gotor, Pietro Grasso, Piera Aiello, Federica Angeli, Stefania Limiti, Fabio Repici, e molti altri.

Rcco l’elenco delle città dove il film è in uscita.
TORINO (Ambrosio) 21 marzo ore 20.30
MILANO (Anteo) 24 marzo ore 19.30
FIRENZE (Stensen) 21 marzo ore 21.00
RAVENNA (Jolly) 21 marzo ore 21.00
FERRARA (Apollo) 21 marzo ore 21.00
TRIESTE (Nazionale) 21 marzo ore 21.00
ASCOLI (Odeon) 21 marzo ore 21.15
BERGAMO (Capitol) 21 marzo ore 21.15
BARI (Anchecinema) 21 marzo 20.30
CATANIA (King) 21 marzo ore 20.30
MATERA (Il piccolo cinema) 21 marzo ore 21.00
LA SPEZIA (Cinema Nuovo) 21 marzo ore 21.00
ANCONA (Galleria) 22 marzo ore 21.30
VERBANIA (Comune) 21 marzo ore 21.00
BOLOGNA (Nosadella) 22 marzo ore 21.00
CARPI (Corso) 22 marzo 21.15
PESCARA (Massimo) 22 marzo ore 21.00
GENOVA (Nickelodeon) 23 marzo ore 21.15
PALERMO (Rouge et Noir) 23 marzo ore 20.30
BAGHERIA (Capitol) dal 24 al 30 marzo

Cast & Credits

Io lo so chi siete –  Regia: Alessandro Colizzi; sceneggiatura: Silvia Cossu; fotografia: Roberto Benvenuti; montaggio: Alessandro Colizzi, Silvia Cossu; interpreti: Vincenzo Agostino, Antonino Morana, Lucia Jevolella, Flora Agostino, Attilio Bolzoni, Loredana Bifarelli, Ivan D’Anna, Stefania Limiti, Fabio Repici, Tita Raffetti, Orsolina De Rosa, Luca Tescaroli, Placido Rizzotto, Antonina Azoti, Alessandro Antiochia, Antonio Tancredi Cadilli; produzione: Film Daedalus e Moviheart; origine: Italia, 2020; durata: 65’; distribuzione Dvd: General Video; distribuzione: Mescalito Film.

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