Versetti terrestri era il titolo di una poesia in farsi (la cui traduzione si può vedere qui) della grande poetessa iraniana Forugh Farrokhzad (1934 – 1967), una autrice iconoclasta, femminista, contestatissima e maledetta in patria, regista tra l’altro anche di un breve documentario Khaneh Siah Ast (La casa è nera, 1962) di recente restaurato dalla Cineteca di Bologna e presentato alla Biennale del 2019 – insomma una figura simbolo fondamentale della resistenza all’oscurantismo politico-religioso del suo paese. E Versetti terrestri è anche il titolo originale del film di Ali Asgari e Alireza Khatami presentato con successo a maggio al Festival di Cannes nella sezione “Un Certain Regard”. Ora con un titolo italiano molto più esplicito e immediatamente comprensibile a tutti esce anche nelle sale italiane grazia alla benemerita Academy Two.
Ma cosa significa Kafka a Teheran? Il film a quattro mani è nato dalla collaborazione trai due registi che si erano conosciuti al Festival di Venezia nel 2017 e soprattutto dalla frustrazione da parte di Alireza Khatami (autore dell’opera prima Oblivion Verses premiato agli Orizzonti veneziani del 2017) dopo che un progetto a cui aveva lavorato a lungo, era stato bloccato, poco prima dell’inizio delle riprese, dalle autorità iraniane. E allora come si può leggere su Variety i due autori hanno scritto in una settimana una sceneggiatura che prendeva spunto da episodi accaduti a loro e a dei loro conoscenti. E non hanno aspettato le autorizzazioni necessarie (che di sicuro non sarebbero mai venute) ma hanno iniziato a girare di nascosto il film con mezzi propri prima e dopo l’inizio delle proteste per la tragica morte in carcere di Mahsa Amini il 16 settembre 2022.
Ne è sortita un’opera di silenziosa battaglia, a tratti involontariamente comica oltre che paradossale, composta da 12 long taks in cui seguiamo, senza che si vedano in controcampo gli interlocutori, dodici diversi casi di persone di vari ceti sociali che vengono sottoposte ad accuse, intimidazioni, divieti e soprusi assurdi. Il tutto imposto loro da datori di lavoro, presidi di scuola, funzionari dell’anagrafe o burocrati vari – insomma le varie e diffuse forme del Potere occulto con cui si sta massacrando la vita quotidiana del povero cittadino iraniano.
Un’idea quindi semplice, quasi banale quella da cui parte Kafka a Teheran ma che ci consegna un ritratto satanico, un incubo delle tante difficoltà con cui convive quella parte – la più liberale, meno ossequiosa e prona all’autorità pseudoreligiosa – della popolazione soprattutto di Teheran che non si rassegna ad accettare la svolta liberticida dei suoi attuali governanti.
Il film di Ali Asgari e Alireza Khatami non è, allora, grande cinema come quello a cui ci hanno abituato nei decenni passati i grandi maestri della cinematografia iraniana e che adoriamo, ma un film utile, necessario, indispensabile quanto le proteste popolari che hanno scosso la nazione dopo la svolta autoritaria degli anni passati. E soprattutto rammenta a noi occidentali – distratti da tanti casi tragici dell’ultimo periodo in altri luoghi – quanto levare un grido di libertà, resistere e magari contrattaccare sia qualcosa di più di un semplice dovere morale ma una assoluta necessità. Kafka a Teheran parla dunque certo ai diretti interessati (se mai riuscirà ad essere proiettato nel paese, cosa attualmente impossibile) ma anche a noi per ricordarci anche possibili casi di casa nostra e la necessità di non dimenticare la solidarietà internazionale. L’Iran oggi ne ha massimo bisogno – e ancor di più dopo gli eventi drammatici di questi ultimi giorni.
Ps. Ovviamente, sempre secondo Variety, al regista Ali Asgari che, a differenza di Alireza Khatami residente in Canada, vive in Iran è stato confiscato di ritorno da Cannes il passaporto e proibito di realizzare film “fino a nuovo ordine”.
Presentato in anteprima italiana al Festival di Villa Medici il 13 settembre
Dal 5 ottobre 2023 in sala
Kafka a Teheran (Ayeh haye zamini) – Regia e sceneggiatura: Ali Asgari, Alireza Khatami; fotografia: Adib Sobhani; montaggio: Ehsan Vaseghi; musica: Masoud Fayaz Zadeh; interpreti: Bahram Ark, Arghavan Shabani, Servin Zabetian, Sadaf Asgari, Faezeh Rad, Hossein Soleymani, Majid Salehi, Farzin Mohades, Gouhar Kheir Andish, Ardeshir Kazemi; produzione: Seven Springs Pictures, Taat Films; origine: Iran/Lussemburgo, 2023; durata: 77 minuti; distribuzione: Academy Two.