A un passo dalla conclusione dell’anno kafkiano (100 anni dalla morte, avvenuta a 41 anni nel luglio del 1924) esce in Italia, con incredibile rapidità (pochi mesi dopo l’edizione tedesca), il film di Georg Maas e Judith Kaufmann, che, a differenza di quanto accade nell’originale tedesco, utilizza il nome dell’autore fin dal titolo, L’amore secondo Kafka, appunto, con l’evidente intento di sfruttare il brand dell’autore praghese che, anche in Italia, in questo 2024 ha conosciuto, ai più diversi livelli (editoriale, pubblicistico, scientifico), una fase di eccezionale presenza, che non è una riscoperta perché nella cultura italiana e mondiale Kafka è, com’è giusto che sia per uno scrittore sommo, sempre stato presente.
Il titolo tedesco, tanto per capirsi, sarebbe Die Herrlichkeit des Lebens (La meraviglia della vita) ed è lo stesso del romanzo dello scrittore Michael Kumpfmüller (1961) da cui è tratto. Il romanzo, risalente al 2011, è stato un successo planetario, tradotto in 24 lingue, fra cui, di nuovo, anche l’italiano (presso Neri Pozza già nel 2013 e adesso ristampato) e racconta l’ultimo anno della vita di Kafka, contraddistinto, da un lato, dalla fase terminale malattia (la tubercolosi polmonare, già diagnosticata nel 1917, si aggrava e si estende alla laringe), dall’altro al primo importante tentativo di emanciparsi dalla famiglia, trasferendosi a Berlino nel 1923, nell’anno della grande inflazione e, da ultimo ma in realtà dapprima, dalla relazione amorosa con Dora Diamant, conosciuta sulle spiagge del Baltico e che gli resterà accanto fino alla morte. Il titolo, per concludere, è in realtà una citazione kafkiana, che ritroviamo anche alla fine del film. Si tratta di un aforisma contenuto nei diari alla data 18 ottobre 1921: “Si può benissimo pensare che la meraviglia della vita sia intorno a tutti e sempre pronta in tutta la sua pienezza, ma nascosta, in profondità, invisibile, molto lontana. Ma è lì, non ostile, non riluttante, non sorda. Se la si chiama con la parola giusta, con il nome giusto, arriva. Questa è l’essenza della magia, che non crea, ma chiama”.
Mi sia permesso, prima di entrare nel merito di questo film onesto, dolente ma tanto tanto ripetitivo, di premettere qualche notizia/riflessione su Kafka al cinema. Al netto delle numerose trasposizioni di opere letterarie, fra cui alcune di grandissimo rilievo – Il processo (1962) di Orson Welles, Rapporti di classe (1984) di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet tratto da Il disperso (il romanzo rimasto frammento che fino a non molti anni fa ancora si chiamava America), Il castello (1997) girato per la televisione austriaca da Michael Haneke, una grande quantità di medio e lungometraggi tratti da La Metamorfosi – esiste, a mia conoscenza, un unico film, vagamente riconducibile alla categoria del biopic, ovvero Kafka (in italiano Delitti e segreti) di Steven Soderbergh del 1991, un film decisamente irrisolto (con una confusa commistione di vita e opere e una impostazione distopica poco convincente) interpretato da Jeremy Irons, somigliantissimo, nel ruolo dello scrittore praghese, un film, di cui, a quanto sembra, lo stesso regista di Atlanta non è granché convinto, visto che al TIFF di Toronto nel 2021 ne ha presentato una versione totalmente rimontata dal titolo Mr. Kneff.

Stupefacente che, a oggi, nessuno si sia mai cimentato con una vita così incredibilmente e drammatica ricca: il conflitto con la famiglia, soprattutto col padre (uno dei testi più celebri di Kafka s’intitola notoriamente Lettera al padre), il rapporto conflittuale, complesso, drammatico con le donne (la fidanzata Felice Bauer, la traduttrice Milena Jesenska etc.), la malattia precoce, la fascinazione nei confronti della cultura ebraico-orientale e nei confronti del sionismo, il rapporto speciale con Max Brod che, malgrado le “indicazioni testamentarie” di Kafka, decide di non bruciare il lascito dell’amico, ma di salvarlo e, trasformandolo non poco, pubblicarlo, la drammaticità di uno scrittore straordinario che, in vita, pubblica 350 pagine lasciandone incompiute più di 3000.
Fin quando, e siamo di nuovo nell’anno di grazia 2024, la televisione austriaca pubblica una splendida serie in 6 puntate, intitolata semplicemente Kafka, con la regia di David Schalko sceneggiatura del grande scrittore Daniel Kehlmann e la consulenza del più grande biografo di Kafka, ovvero Reiner Stach, che – colpevolmente – nessuna piattaforma italiana ha ancora acquistato. Non ho il tempo per dilungarmi su questa serie: intelligente, spiritosa, originale, moderna, recitata da attori straordinari, piena di effetti di straniamento, ma è inevitabile, per chi ha avuto modo di vedere la serie e confrontarla col film di Maas e Kaufmann, giungere alla conclusione che L’amore secondo Kafka è abissalmente più banale e prevedibile.
Provo a dire perché. Innanzitutto, come già nel film di Soderbergh, è stato scelto un attore (Sabin Tambrea) che somiglia allo scrittore (Joel Basman, l’attore che interpreta Kafka nella serie austriaca non gli assomiglia per niente) , niente di male per carità, ma l’idea è quella di produrre un certo realismo superficiale che, a mio personale avviso, non serve granché; in secondo luogo il film presenta tutti i tipici tratti (nell’arredamento, nell’abbigliamento etc.) del period film (anche qui la serie ne stava totalmente alla larga). In terzo luogo Kafka ci viene mostrato costantemente alla scrivania a scrivere (e/o a leggere ad alta voce) i testi più svariati, anche testi come La metamorfosi, o la Lettera al padre scritti molto tempo prima; insomma: il biopic funziona come centone della produzione kafkiana e questo espediente, a mio personale avviso, non funziona.
E poi, come preannunciato, il film è clamorosamente ripetitivo nel declinare il conflitto ricorrente amore-famiglia-malattia. Un film onesto, per carità, ma nulla più.
In sala dal 31 ottobre 2024.
L’amore secondo Kafka (Die Herrlichkeit des Lebens) – Regia: Georg Maas e Judith Kaufmann; sceneggiatura: Georg Maas, Michael Gutmann; fotografia: Judith Kaufmann; montaggio: Gisela Zick; interpreti: Sabin Tambrea (Franz Kafka), Henriette Confurius (Dora Diamant), Manuel Rubey (Max Brod); produzione: Tempest Film, Lotus Film; origine: Germania, Austria 2024; durata: 99 minuti; distribuzione: Wanted Cinema.