Si può a lungo discutere sulla qualità delle nomination degli Oscar, rese note il 24 gennaio – e in un paio di casi lo faremo attentamente – ma un merito la lista sicuramente ce l’ha, vale a dire di produrre curiosità nei confronti di titoli fino ad oggi colpevolmente tralasciati (d’altra parte fra film in uscita al cinema e le piattaforme si fa davvero fatica a tener dietro a tutto).
Mi riferisco, nello specifico, a una piccola opera straordinaria, ossia all’ultimo film di Alice Rohrwacher, intitolato Le pupille, della durata di poco più di 38 minuti che ha avuto il privilegio di essere nominato nella categoria dei cortometraggi di finzione (fra i produttori figura Alfonso Cuarón), unica presenza italiana a LA, oltre al truccatore Aldo Signoretti, candidato a trucco e acconciatura insieme ad altri due colleghi per Elvis.
Che Alice Rohrwacher, nata nel 1981, sia uno dei talenti più puri e originali del cinema italiano non lo scopriamo adesso, i tre lungometraggi girati fin qui (Corpo celeste, Le meraviglie e Lazzaro felice) sono opere che non conoscono eguali non soltanto nel cinema italiano per la loro capacità di coniugare un realismo a tratti crudo e spietato con uno stile e un’attitudine fiabesca, immaginifica, ironica, surreale che a quel realismo magicamente si sposa, tanto che l’Italia, dove tutte le sue opere sono ambientate, c’è e non c’è – e questo, lasciate che lo dica, lo si può dire solo affermare per pochi grandissimi registi del passato (Fellini, Antonioni, Pasolini) e quasi nessuno del presente, il primo Moretti, forse Sorrentino e Garrone, ma non sempre. La regia, la direzione degli attori e delle attrici di Rohrwacher è a tratti sensazionale, sia con gli attori e le attrici che fanno questo mestiere, sia, soprattutto, con gli interpreti non professionisti.
Come ci viene detto, anzi cantato nei primissimi minuti, Le pupille è tratto da un aneddoto che Elsa Morante racconta a Goffredo Fofi all’interno di una lettera a lui spedita. La narrativizzazione straniatamente musicale dei titoli di testa ricorda un capolavoro del cinema italiano, ossia Uccellacci e uccellini (1966) e siamo certi che Alice Rohrwacher optando per questa scelta a quel film intenda richiamarsi.
Che cosa racconta l’aneddoto? Racconta di un collegio di orfanelle sottoposte a un regime perversamente autoritario da parte della madre superiora, interpretata dalla sempre eccellente Alba, sorella di Alice. Siamo in un non meglio precisato anno della seconda guerra mondiale, un riferimento cronologico può, se si vuole, essere la canzone di Alberto Rabagliati Ba ba baciami piccina, che si sente alla radio e che uscì nel 1940 (l’uso della radio, di nuovo, esemplifica a meraviglia la fusione di realismo e astrazione, tipica di Rohrwacher: la voce è quella retorica tipica della radio fascista e postfascista, si parla di guerra e di nemici, ma non si fanno nomi di nessun genere perché il montaggio sonoro è costruito in modo tale che, appunto, il testo resti astratto). La celebre canzone di Rabagliati rappresenta il primo motivo di scontro fra le orfanelle e la superiora: ascoltando la canzone le ragazzine accennano un ballo che viene brutalmente demonizzato dalla superiora, rappresentante se mai ce ne furono di una pedagogia nera, repressa e repressiva, che tiene sotto scacco non solo le ragazzine ma anche le colleghe e tutti coloro che per un motivo o per l’altro capitano nel convento. Il tutto, peraltro, nei giorni che precedono la festa del Natale in cui la bontà, si sa, dovrebbe regnare sovrana. Fra coloro che vengono al monastero a chiedere una grazia, c’è Rosa, una signora di una certa eleganza, interpretata nel solito modo straordinario da Valeria Bruni Tedeschi che chiede alle suore e alle ragazzine di pregare affinché il fidanzato torni da lei. In cambio dona una enorme zuppa inglese che – siamo pur sempre a Natale – potrebbe essere equamente divisa fra le ragazzine, sottoposte per solito a un regime alimentare non esattamente sontuoso. Ma la madre badessa non ci sta.
Non dirò come finisce il cortometraggio, basti ricordare che di nuovo torna in mente Pasolini, in particolare La ricotta, esso stesso un cortometraggio, peraltro più o meno della stessa durata di quello di Alice Rohrwacher. Al termine del film le orfanelle, come già avevano fatto all’inizio, collaborano ai titoli di coda, cantando e trascrivendo intertitoli con una grafia pronunciatemente infantile. In uno di questi, metalinguisticamente, ci si domanda (e non si dà risposta) quale sia la morale di questo racconto, di questo film. A mio avviso la morale è: disobbedienza, anarchia, ironia come reazioni a un sistema coercitivo e repressivo, ma detta così sembra tutto molto didascalico, che è esattamente ciò che l’opera di Rohrwacher non è.
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Le pupille – Regia, sceneggiatura: Alice Rohrwacher; fotografia: Hélène Louvant; montaggio: Carlotta Cristiani; interpreti: Alba Rohrwacher (madre badessa), Valeria Bruni Tedeschi (Rosa); produzione: Esperanto Filmoj; distribuzione: Disney+; origine: Italia 2022; durata: 38′; distribuzione: Disney+