Obi-Wan Kenobi (Miniserie)

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Il fallimento

Il Mandaloriano, Boba Fett e ora Obi-Wan. Prosegue l’espansione dell’universo di Star Wars, aggiungendo un nuovo tassello all’esteso mosaico della Lucasfilm: su Disney+ approda la miniserie in sei episodi con protagonista uno dei personaggi più amati dai fan della saga, al centro di una produzione che sposta di parecchio l’obiettivo, rispetto alle serie dedicate ai due cacciatori di taglie citati poco fa. Perché se i primi due excursus televisivi ex-saga hanno maturato l’ambizione di ripartire da un ipotetico punto zero per poter avere la possibilità di (re)introdurre i rispettivi protagonisti nell’universo della Forza, spalancando deserti e nuove interazioni per diverse altre storie a venire, la miniserie dedicata al maestro Obi-Wan funge da tassello mancante, un riempitivo che si inserisce alla perfezione ben dieci anni dopo gli eventi narrati ne La vendetta dei Sith, provando a raccontare in che modo si sono gettate le basi ideologiche che avrebbero condotto gli eroi e i loro antagonisti al confronto con le nuove generazioni di Una nuova speranza.

Eppure, nonostante lo sforzo più che apprezzabile di richiamare Ewan McGregor e Hayden Christensen rispettivamente nei panni di Obi-Wan Kenobi e del signore oscuro Darth Vader, la miniserie diretta da Deborah Chow arranca nei primi episodi, gettando presto la maschera: c’è una storia – quella del rapimento della giovanissima Leia Organa – concepita con il duplice scopo di bastare a sé e preparare il terreno per il vero nodo gordiano dell’ìntera operazione, ossia la resa dei conti tra un maestro Jedi e il suo allievo passato al lato oscuro.
Un confronto lento e sfibrante, modellato su inseguimenti perfino ripetitivi e scelte a dir poco stonate – troppo facilitata la fuga di Obi-Wan durante il primo contatto con Vader, palesemente più potente del jedi, quest’ultimo quasi costretto a una morte crudele, schiacciato a terra sul terreno incandescente -, che trova tuttavia senso e merita attenzione, quando, anche se in maniera un po’ prevedibile, lo scontro fisico tra Forza e lato oscuro trasla su un piano morale e sentimentale: Obi-Wan Kenobi è un prodotto ai limiti della pretenziosità, che gioca su un certo fan-service iconico – basta la sola percezione della presenza di Darth Vader per decidere di guardare tutti e sei gli episodi – ben diverso dalla geniale operazione di “tele-marketing” propinata con il Grogu di The Mandalorian, che tuttavia mostra la sua vera anima raccontando l’affanno, le titubanze, il rancore e la tristezza del protagonista Obi-Wan nei confronti del suo ex-allievo Anakin; Obi-Wan Kenobi racconta i postumi di un qualcosa che è andato storto, di una immensa delusione, molto più sincera e plausibile di cento finali sdolcinati, perché a essa non si può rimediare – almeno non come desidererebbe il maestro Jedi –, perché è la storia delle guerre stellari che ce lo dice e noi tutti quella storia la conosciamo già. È la malinconica bellezza della tragedia, la cura al dolore di una separazione definitiva con l’approssimarsi di nuove generazioni, mentre quelle vecchie restano in guardia, ma in disparte, come fantasmi muti o rancorosi, in attesa che il tempo ponga termine alle loro stesse storie.

Eppure, questo guizzo sentimentale non basta per giustificare un’operazione come questa, troppo debole nella costruzione degli eventi narrati, troppo autoreferenziale per acquisire potenza rivelatrice; alla fine, Obi-Wan Kenobi è solo un sussulto nel cuore dei fan, che non aggiunge nulla all’universo delle guerre stellari, se non quella sensazione di rammarico per aver assistito a un testardo ritorno al passato.

 

Dal 25 maggio su Disney+


Obi-Wan Kenobi –  genere: fantasy, avventura, drammatico; regia: Deborah Chow; stagioni: 1 (miniserie); episodi: 6; interpreti principali: Ewan McGregor, Vivien Lyra Blair, Hayden Christensen, Rupert Friend, Sung Kang, Moses Ingram,  Joel Edgerton,  Jimmy Smits, Simone Kessell; produzione: Lucasfilm; network: Disney+; origine: U.S.A., 2022; durata: 45′-60′ minuti; episodio cult: 1×06.

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