In quest’estate calda, terribilmente triste sul piano calcistico, perché, da sempre, è d’estate che si svolgono i mondiali e non a novembre, come succederà fra qualche mese in Qatar (con le partite che iniziano alle 11 del mattino, figuriamoci), e perché, comunque a quel mondiale, com’è noto, l’Italia non parteciperà, in quest’estate calda in cui non resta che guardarsi gli Europei Under 19, dove l’Italia appena ieri è stata sconfitta in semifinale dai coetanei inglesi e dove fra una settimana riusciremo forse ad appassionarci agli Europei femminili; in quest’estate calda, in cui – sempre restando allo sport – Matteo Berrettini è costretto a lasciare Wimbledon perché afflitto dal CoVid, la Ferrari fatica a tener dietro alla Red Bull e l’unica grande soddisfazione, fin qui, l’hanno data nuotatori e nuotatrici ai Mondiali di Budapest; in quest’estate calda dunque non resta che lasciarsi andare alla memoria e alla nostalgia. Cade a pennello, in questo mood, il quarantennale dei Mondiali di Spagna.
Del documentario relativo (Il viaggio degli eroi) si è già parlato, Federico Buffa va in giro per arene a presentare il suo Italia Mundial e, seppur per pochi giorni, esce al cinema un documentario che sebbene prodotto nel 2019 si presta perfettamente all’attuale bisogna. La data in cui Paolo Rossi – L’Uomo. Il Campione. La Leggenda viene pubblicata non è peraltro minimamente scelta a caso, poiché si tratta del 5 luglio, la data in cui quarant’anni fa l’Italia batté il Brasile in una delle sue partite più belle e gloriose.
Per chi ancora non lo sapesse, quel match, in cui l’Italia partiva sfavoritissima ed era costretta a vincere per potere accedere alle semifinali (il Brasile aveva, come si dice, due risultati a disposizione) si concluse 3-2, l’Italia andò due volte in vantaggio, venne due volte raggiunta (il primo goal brasiliano lo segnò Socrates, il secondo Falcao), ma poi la Nazionale segnò un terzo goal al 74esimo minuto. La Nazionale? Sì, la nazionale, ma soprattutto Paolo Rossi, tutti e tre i goal italiani li segnò Paolo Rossi. Se poi nel 1982 ci fosse stato il VAR l’Italia ne avrebbe segnati 4 in realtà, perché il quarto goal, segnato da Giancarlo Antognoni, venne ingiustamente annullato.
Ai Mondiali di Spagna, Paolo Rossi, fino a quel momento ovvero nelle precedenti quattro partite, si era aggirato come un fantasma. In semifinale con la Polonia segnò altre due reti. In finale con la Germania ne segnò un’altra, il suo sesto goal, ciò che gli permise di divenire il capocannoniere di quel torneo e di ottenere a fine anno il Pallone d’Oro. Tutto questo per raccontare fin da subito l’evento più importante di cui Rossi è stato protagonista, ma ve ne sono molti altri e Rossi che, a rivederlo, fa una tristezza infinita con quella sua meravigliosa faccia da buono, li racconta tutti, ripreso in primo, talora in primissimo piano da Gianluca Fellini che è anche regista insieme a Michele Scolari. Tristezza infinita perché come tutti sanno poco tempo dopo Rossi si ammala e nel dicembre del 2020 a soli 64 anni muore, nello stesso annus horribilis del calcio mondiale in cui muore anche Diego Armando Maradona (e nel film seppur in video brevemente vediamo anche lui). Il film è un classico biopic documentario che mantiene rigorosamente l’ordine cronologico: gli esordi a Santa Lucia, frazione di Prato, l’acquisto nel 1973 da parte della Juventus che però in fondo non crede in lui più di tanto perché lo spedisce in prestito al Vicenza, anzi al Lanerossi Vicenza dove Rossi – fra serie B e serie A – resterà tre anni, 98 presenze e 60 goal. Nel bel mezzo di questo triennio le due squadre – il Lanerossi e la Juventus – vanno come si diceva “alle buste” e il Lanerossi di Giuseppe Farina offre molto di più della Juventus di Giampiero Boniperti, e dunque Paolo Rossi resta a Vicenza a titolo definitivo, divenendo un eroe senza uguali, non a caso sarà a Vicenza che si svolgeranno i funerali di Pablito. Alla Juventus Paolo Rossi approderà solamente nel 1981, a 25 anni, Boniperti ci aveva ripensato e il ripensamento era tanto più forte in quanto il presidente juventino acquistò Rossi, quando non giocava. Ché per due anni, nel quadro dello scandalo per il cosiddetto Calcioscommesse, il giocatore venne squalificato – e sembra davvero incredibile che vi fosse coinvolto (la giustizia civile lo assolse con formula piena).
Rossi aveva esordito ancora in serie B nella nazionale guidata da Enzo Bearzot che poi se lo era portato ai Mondiali del 1978 in Argentina dove aveva ben figurato al punto da essere incluso nella squadra ideale di quel torneo. E fu a Bearzot che Rossi dovette la sua resurrezione, perché fra l’incredulità e lo scetticismo di tutti Bearzot se le volle portare anche in Spagna malgrado Rossi avesse giocato causa squalifica un pugno di partite e basta.
Inutile tornare a rimarcare il valore umano, paterno di Bearzot, qui il film si sovrappone in larga parte al Viaggio degli eroi. Bearzot ebbe ragione, il gruppo degli altri calciatori convocati fece il resto, facendo scudo intorno al campione ferito e in attesa appunto di risorgere dalle ceneri. Insomma, come già nel Viaggio degli eroi, anche qui il potenziale drammaturgico è enorme: nascita, morte (“confinato” al Lanerossi), resurrezione (la convocazione in Argentina), morte, resurrezione. La storia di Paolo Rossi contiene tutto, a partire da quel fisico mingherlino che non sembra minimamente adatto al ruolo di centravanti. Straordinario il numero e la qualità degli intervistati: a parte alcuni compagni della Grande Impresa (Tardelli, Antognoni, Zoff, Cabrini, che racconta con grande nonchalance di come i giornalisti del Mundial giunsero ad “accusare” lui e Rossi di essere gay, ma ve l’immaginate oggi?), troviamo Kurt Hamrin, che per il tifoso viola è un mito (88 anni a novembre), ma poi Pelè, Maradona, Zico, Falcao, Platini, Boniek, più di così non esiste, segno della grandezza e dell’umanità di Paolo Rossi, a cui tutti ma proprio tutti volevano bene; ma poi il presidente Farina (89 anni!) che lo volle a Vicenza, Franco Carraro (83 anni) e altri ancora.
Il film testimonia anche l’impegno sociale di Paolo Rossi e della sua seconda moglie Federica Cappelletti perché, alludendo al giocatore bambino, mette in scena sequenze che coinvolgono la rumena Fondazione Parada che si occupa di bambini e ragazzi abbandonati dalle famiglie e si ritrovano a giocare a calcio per le strade, come Paolo Rossi a Santa Lucia, frazione di Prato.
In sala dal 5 luglio
Cast & Credits
Paolo Rossi – L’Uomo. Il Campione. La Leggenda. Regia: Michele Scolari, Gianluca Fellini; sceneggiatura: Michele Scolari, Gianluca Fellini; fotografia: Gianluca Fellini; produzione: Filmin’ Tuscany, 44 Production, Phoenix Worldwide Entertainment; origine: Italia 2020; durata: 90′; distribuzione: Film In’ Tuscany, 44 Production, Phoenix Worldwide Entertainment.