Il viaggio degli eroi di Manlio Castagna

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Proprio oggi ricorrono 40 anni da quel 23 giugno 1982 in cui l’Italia chiuse la fase a gironi del Campionato del Mondo di Spagna. Era la partita con il Camerun, l’Italia la pareggiò 1:1 con un goal di Ciccio Graziani, cui fece seguito, immediatamente dopo, il pareggio di M’Bida. L’Italia si qualificò con tre punti, la stessa differenza reti del Camerun, ossia zero, ma con un goal in più, perché oltre a quello di Graziani, nella seconda partita, quella con il Perù, Bruno Conti ne aveva segnato un altro. Tre partite, tre pareggi, due goal.

Prima ancora che l’avventura spagnola iniziasse, la cortina di malumore, scherno, sberleffo che circondava la compagine azzurra  e il suo allenatore Enzo Bearzot – pur sempre capace quattro anni prima di arrivare quarta nei mondiali di Argentina, unica squadra in grado di battere i padroni di casa che sarebbero poi diventati i campioni del mondo – era davvero pesante, i toni giornalistici non andavano per il sottile. Mi pare che oggi le cose siano cambiate (vedi la retorica tinta di piaggeria di cui ci lamentavamo un paio di settimane fa).

È da questa situazione altamente drammatica che parte il buon documentario di Manlio Castagna, intitolato Il viaggio degli eroi che si avvale della voce e della presenza scenica di Marco Giallini per supportare una narrazione che in 11 stazioni (=11 calciatori), qua e là con qualche forzatura e un po’ di sequenze animate, intende ricalcare appunto il paradigma eroico. Un eroe per essere tale ha, necessariamente, bisogno di un nemico; in questo caso la stampa bastava e avanzava non perdendo occasione di dare addosso a Bearzot, alle sue scelte al momento di selezionare la squadra da portare con sé in Spagna, non gliene facevano passare una. Né le prime tre partite degli azzurri potevano certo far cambiare idea perché il livello del gioco dimostrato era parso bruttarello e la qualificazione fortunosa.

Fu allora che i futuri eroi presero una decisione giusta e impopolare, autentico turning point: si misero in silenzio stampa, come a dire: visto che ci prendete a pesci in faccia, fatelo senza il nostro ausilio, lasciateci in pace, chissà che questa scelta non aiuti a concentrarci, a proteggerci, a proteggere il nostro allenatore Enzo Bearzot.

I Mondiali allora funzionavano in modo diverso. A una prima fase a gironi con quattro squadre (come adesso) ne faceva seguito una seconda, stavolta con tre squadre soltanto e all’Italia – come ricorderanno i meno giovani – toccarono l’Argentina di un giovane Maradona, di Passarella, di Bertoni, di Tarantini e di Ardiles e un Brasile che un centrocampo così non ce l’aveva mai avuto (Falcao, Socrates, Junior, Zico), magari un po’ più deboluccio sugli attaccanti e sulla difesa. Come siano andate le cose lo si ricorda: l’Italia batte l’Argentina 2-1, batte il Brasile 3-2, batte poi in semifinale la Polonia 2-0 (con cui nella prima partita del girone aveva pareggiato 0-0) e infine batte la Germania Ovest 3-1 al Santiago Bernabeu. Paolo Rossi, fino alla partita col Brasile, un fantasma che vaga per il campo (veniva da due anni abbondanti senza giocare causa calcioscommesse) segna tre goal contro il Brasile, ne segna due contro la Polonia, poi anche uno contro la Germania, diventa capocannoniere e quell’anno vincerà il Pallone d’Oro. Sandro Pertini che va a Madrid e che dopo il terzo goal rivolto al pubblico, a Helmut Schmidt e al Re Juan Carlos dice “Non ci prendono più”, le pipe di Pertini e di Bearzot, il viaggio di ritorno giocando a scopone (Pertini e Bearzot contro Zoff e Causio), il grido di Tardelli dopo il goal del 2-0 in scivolata,  e il triplice grido di Nando Martellini: “Campioni del mondo”

È inutile negarlo – al netto della prospettiva dell’oggi, del fallimento di Mancini – quei mondiali un potenziale eroico, un potenziale mitico ce l’hanno, molto superiori rispetto a quelli del 2006, di cui si ricordano, in fondo, solo gli ultimi cinque minuti della partita con la Germania e la testata di Zidane a Materazzi. O mi sbaglio?

Marco Giallini la voce narrante

Il film di Castagna – che dispiega una quantità impressionante di footage soprattutto di natura giornalistica, passando in rassegna, in un ottimo montaggio serratissimo, ora in video e molto spesso solo in audio Beppe Viola, Paolo Valenti, Gianfranco de Laurentis, Giovanni Minoli, Gianni Minà Nando Martellini e un Aldo Biscardi più esilarante del solito nel suo essere clamorosamente voltagabbana- sottolinea in modo chiaro seppur senza (troppa) retorica la bellezza di quel passato, la forza valoriale di quel mondo perfettamente incarnato dalla figura austera ma simpatica di Enzo Bearzot, personaggio davvero di altri tempi, elegantissimo, con quella sua giacca a righe bianche e azzurre, gli occhiali a goccia e la pipa, un padre sostitutivo, putativo, aggiuntivo, come nessuno dei testimoni di allora convocati da Castagna omette di dire (i reduci presenti nel film sono sette: Bergomi, Oriali, Antognoni, Conti, Cabrini, Gentile, Zoff, splendido ottantenne, cui sono venute ad aggiungersi Federica Cappelletti, la compagna di Paolo Rossi, e Cinzia Bearzot, la figlia di Enzo).

A chi all’epoca – come Maradona – aveva 22 anni piace sottolineare: i giocatori senza tatuaggi, i giocatori che quando suona l’inno di Mameli non cantano a squarciagola, il bacio di Zoff sulla guancia di Bearzot alla fine della partita col Brasile, i passaggi di Giancarlo Antognoni e la sua eleganza, l’idea di normalità che tutti i vincitori del Mundial emanavano e ancora emanano.

A proposito di retorica: Federico Buffa, bravo sì ma insopportabilmente retorico e soprattutto autocompiaciuto, ha di recente dedicato due puntate del suo format Federico Buffa racconta a Bearzot, il solito Buffa nel bene e nel male, ma la ricostruzione del Bearzot giovane eppure in qualche misura già vecchio calciatore è interessante. Vecchio? Ma sì, lo chiamavano Il Vecio.

In sala dal 20 giugno


Cast & Credits

Il viaggio degli eroi. Regia: Manlio Castagna; sceneggiatura: Manlio Castagna, Manuela Cacciamani; fotografia: Tommaso Lusena de Sarmiento; montaggio: Diego Capitani; voce narrante: Marco Giallini; produzione: One More Pictures; origine: Italia 2022; durata: 75′; distribuzione: Altre Storie.

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