Sarò mamma di Amalie Næsby Fick, Nikolaj Feifer

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Copenhagen. Tempi attuali. Una giovane donna dai capelli biondi percorre i canali con la bicicletta fino a un cortile interno. Parcheggia la bici appoggiandola al muro esattamente dove è posta una targa su cui è scritto “vietato parcheggiare biciclette”, prende il caffè che ha viaggiato al sicuro durante il percorso in apposito oggetto porta-bibite montato sul manubrio e si avvia all’interno di un palazzo.

La donna bionda si chiama Nana, lavora come ginecologa in una rinomata clinica della fertilità. La sua migliore amica è una giovane madre single mulatta – Simone – che fa la segretaria nella medesima struttura e, nei turni notturni, la donna delle pulizie nella struttura accanto, una banca del seme. Le prime sequenze di Sarò mamma (traduzione non letterale dell’originale Skruk, termine che indica il desiderio irrefrenabile di diventare madre) contengono in nuce tutti gli elementi dell’evoluzione della trama della mini serie scandinava in sei puntate: la solitudine indipendente e poco incline alle regole della protagonista, il suo confrontarsi con l’amica madre lavoratrice con figlio a carico, il suo lavoro di “produttrice di bambini” per altri e mai per sé.

Nel primo episodio si gettano le basi: per gioco Nana si fa fare una ecografia trans-vaginale dall’amica attraverso la quale scopre di avere sei mesi per rimanere incinta (ovvero una riserva ovarica agli sgoccioli) sebbene la giovane età; l’indomani incontra nel cortile il suo ex trasferitosi a vivere in Guatemala per lavoro (lei non lo ha mai raggiunto in aeroporto – ma questo lo spettatore lo saprà più avanti), scopre che l’uomo sta andando a depositare del liquido seminale alla banca (non si chiede mai il perché); la sera si ubriaca con Simone in clinica e, in stato di forte alterazione, si reca al palazzo accanto perché l’amica non ha messo l’allarme e al momento è troppo alticcia per muoversi. In un raptus alcolico vede i contenitori delle provette, è in possesso del numero a cui corrisponde il suo ex, ne rintraccia la fiala, si sdraia e si auto feconda tramite inseminazione occulta.

Tutti questi misteri, tutte le bugie e le omissioni causeranno un effetto domino che scardinerà le certezze della protagonista, di chi le sta accanto, le regole considerate appropriate per procreare un altro essere umano. A tratti semplice nella descrizione dei traumi e dei fattori scatenanti, lieve nel tratteggiare le dinamiche amicali e parentali, ottima caratterizzazione dei personaggi secondari, Sarò mamma ha dalla sua un approccio sconsacrato nei confronti di temi che in Italia solitamente si trattano con le pinze, quali l’infertilità, il concepimento, l’aborto, l’omosessualità, la fecondazione assistita omologa ed eterologa, la maternità surrogata.

Una storia delicata come un embrione, dura come un raschiamento di interruzione di gravidanza, esplicita come il battito potente del cuore di un neonato durante la gestazione. Insolito, attuale, spregiudicato è lo scanzonato approccio narrativo alla tematica dell’orologio biologico delle donne (esiste, non esiste, è deplorevole desiderare un figlio da sola, quanto è difficile crescerlo senza compagni?).

Da vedere. Finale aperto, pronto per una seconda stagione.

Su Netflix dal 8 giugno.

 


Sarò mamma (Skruk); Regia: Amalie Næsby Fick, Nikolaj Feifer; sceneggiatura: Karina Dam, Nikolaj Feifer, Amalie Næsby Fick, Morten Jørgensen, Dorthe Riis Lauridsen, Clara Mendes;  fotografia: Martin Munch; montaggio: Anders Skov, Denniz Göl Bertelsen, Cathrine Odgaard, Kasper Schultz Simonsen, Jakob Juul Toldam; musica: Henrik Steen Hansen, Jesper Mechlenburg; interpreti: Josephine Park, Olivia Joof Lewerissa, Simon Sears, Charlotte Munck, Mikhael Birkkjær,Emil Prenter, Tammi Øst, Jesper Ole Feit Andersen, Ida Cæcilie Rasmussen, Amalie Lindegård; produzione: Piv Bernth, Sara Bringskov; origine: Danimarca, 2022; durata: 6 episodi per 30′; distribuzione: Netflix; .

 

 

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