Baby Reindeer di Weronika Tofilska e Josephine Bornebusch

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Ispirato a una storia vera e interpretato dall’attore stesso, Richard Gadd, che per altro la aveva già messa in scena a teatro qualche anno fa, Baby Reindeer è oggi al primo posto nella Top ten dei programmi Netflix,  nonostante la mancanza di un precedente «bombardamento marketing» e nonostante il cast non preveda la presenza di una (o più) note star di Hollywood. La serie è stata scritta dal comico scozzese Richard Gadd e narra della sua vicenda, quella di Donny, che è stato stalkerato per diverso tempo da una fan, Martha (interpretata da una brava Jessica Gunning), dalla quale ha ricevuto in 4 anni e mezzo ben 41.000 email, più di 300 ore di messaggi vocali e 106 pagine di lettere “appassionate”.

Baby Reindeer è talmente stimolante, realistico e devastante da catturare l’ attenzione immediata del pubblico grazie a un passaparola sui social che ha portato la serie in cima alla lista dei prodotti più visti su Netflix. Tante sono le ragioni di questo inaspettato successo di pubblico. Anzitutto il ritmo è incalzante e serrato e lo sguardo cambia prospettiva in più momenti tanto da lasciare spiazzato e a tratti smarrito lo spettatore. L’ aspetto più affascinante, resta però l’ approfondimento psicologico delle dinamiche relazionali tra i due protagonisti.  La serie, interpretata magistralmente, tiene i telespettatori letteralmente incollati allo schermo coinvolgendoli in una spirale morbosa, intima e psicologicamente coinvolgente che non lascia respiro ma stimola la curiosità di saperne di più, di conoscere dettagli, di approfondire dinamiche e retroscena, andando a scavare sempre oltre.

E lo fa sottilmente, proprio perché parte in sordina nei primi due episodi con un ritmo sostenuto, divertente e leggero che diventa, progressivamente, più profondo, invasivo ed inquietante tanto da rendere difficile e quasi impossibile il distacco dallo schermo. La curiosità di conoscere stimola quasi una dipendenza, proprio come i disturbi ossessivi che la serie racconta in modo diretto, reale e senza mezzi termini. Probabilmente il meccanismo di catturare l’ attenzione funziona perché la narrazione, un episodio dopo l’ altro, si nutre dei contrasti delle personalità disturbate dei protagonisti e gioca sulle sfumature, sui punti di contatto e sulle loro insicurezze che si incastrano alla perfezione.

Il legame psicologico è infatti al centro di Baby Reindeer e tiene conto delle vibrazioni che passano tra Donny (Richard Gadd) e Martha, in un rapporto che non vede semplicemente vittima e aggressore, ma i cui confini sono contorti, sfumati e poco definiti.

L’errore del protagonista (uno dei tanti) è quello di assecondare Martha, di cedere alla curiosità nei confronti della donna che ha da poco conosciuto nel pub in cui lavora e che lascia entrare, consapevolmente o meno, nella sua vita incasinata. Lei non è bella, non sembra particolarmente risolta, ma ha una parlantina brillante, senso dell’umorismo e riesce a catturarlo, a suo modo. Martha è una donna ultraquarantenne e obesa che passa le sue giornate seduta al bancone del bar dove lui lavora, è spesso triste e ammette di non avere i soldi per pagarsi una Diet coke. Lui, allora, la vede persa, si intenerisce al punto tale da lasciarsi inondare dalle sue parole, dalle sue avance, dalla sua risata. Donny non sceglie di essere vittima di stalking, ma l’ asseconda, lasciandola entrare nella sua non semplice mente. Tanto da fargli fallire anche una relazione sentimentale con Teri (Nava Mau),una donna trans di cui si è innamorato.

Jessica Gunning, Richard Gadd e Nava Mau.

Non c’è però, come in You, un profilo standard della violenza di stalking perché il rapporto in questo caso è biunivoco. Lui non solo dà il via libera alla sua follia, ma quando lei non si fa più viva, a lui mancano le sue mail, i suoi messaggi, la sua risata. Si tratta di un rapporto malato e complesso nutrito da entrambi e andando avanti con gli episodi e conoscendo i trascorsi di lui, ne capiamo i motivi e riusciamo a cogliere anche i traumi di Donny che nutrono, esasperano e alimentano le ossessioni di Martha.

I due protagonisti vivono così  un folle duello psicologico fatto di paura, insicurezza, dipendenza, affetto, ansia, mancanza, sfruttamento. Martha è ossessionata da Donny, lo chiama piccola Renna, proprio come il peluche che abbracciava da bimba e a lui, in un certo senso, piace l’idea estasiata che lei ha di lui, e vorrebbe vedersi perfetto, proprio come lo immagina Martha. Lei, nella sua follia è tenera, spaesata, vulnerabile, delicata, sognatrice, tanto quanto lui necessita disperatamente di attenzioni umane, di supporto e di riconoscimento affettivo. L’incastro morboso tra i due mondi è immediato e inevitabile. Entrambi, ai margini del loro contesto, soffrono di disturbi psicologici mentali e sessuali e non riescono a uscirne, si crogiolano nelle loro insicurezze e nella loro incapacità di relazionarsi con gli altri in modo sano e genuino. La complessità relazionale fatta di ossessioni e insicurezza passa per il trauma mai superato di entrambi e il punto non è scoprire chi sia Martha o Donny, ma abbracciare la curiosità morbosa e invadente che stimola l’intreccio, la relazione tra i due e la psicologia sfumata dei due personaggi. E non è semplice uscirne.

Da vedere più volte.

Su Netflix dall’11 aprile 2024


Baby Reindeer – Showrunner: Richard Gadd; Regia: Weronika Tofilska e Josephine Bornebusch; fotografia: Krzysztof Trojnar, Annika Summerson; montaggio: Benjamin Gerstein, Peter Oliver, Mike Holliday; musica: Evgueni Galperine Sacha Galperine; interpreti: Richard Gadd, Jessica Gunning, Nava Mau, Tom Goodman-Hill, Hugh Coles, Danny Kirrane, Shalom Brune-Franklin; produzione: Matthew Mulot per  Clerkenwell Film; origine: Gran Bretagna, 2024; durata episodi: 30 minuti circa; puntate: 7; distribuzione: Netflix

 

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