Ben Crump: lotta per i diritti civili di Nadia Hallgren

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Negli ultimi dieci anni, l’avvocato americano Benjamin Crump, specializzato in  diritti civili e in alcuni settori del diritto penale, ha rappresentato le famiglie di quasi tutte le vittime della polizia, da Trayvon Martin a Michael Brown, fino al noto caso di George Floyd e Breonna Taylor. Non solo. La sua pratica forense si è focalizzata anche sui casi di persone avvelenate durante la crisi idrica di Flint  – sì, proprio la stessa crisi idrica di cui ci parla Michael Moore nel “tragicomico” documentario Fahrenheit 11/9 (2018).

Più di ogni altra cosa però,  la missione di Benjamin è, come accennato,  relativa ai diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti e la sua attività si concentra quindi principalmente su questo.

In particolare, l’obiettivo di Crump è quello di assicurarsi che le eventuali vittime e i familiari sopravvissuti siano risarciti in una causa per i diritti civili e che gli imputati in questi casi siano ritenuti responsabili per evitare o almeno limitare casi simili in futuro. 

Dotato – ovviamente – di una grande abilità oratoria e supportato da una “rumorosa” cassa di risonanza mediatica,  l’attività di Crump si può definire a metà tra attivismo sociale e legale. 

Sono molteplici i casi studiati e analizzati che lo hanno portato quasi sempre alla vittoria. 

Nel caso Trayvon Martin, un ragazzo afroamericano di 17 anni colpito al cuore da George Zimmerman, un ispanoamericano di 28 anni,  l’avvocato ha ottenuto circa un milione di dollari di risarcimento per la famiglia. Nel 2019 invece il suo lavoro ha garantito alla famiglia di S. Clark – un afroamericano colpito dalla polizia nel suo giardino  – un risarcimento di oltre due milioni di dollari. 

Sul caso Floyd, l’afroamericano ucciso nel maggio 2020 che ha determinato un’ondata di grandi proteste negli Stati Uniti e non solo, Crump  ha ottenuto un risarcimento da 27 milioni di dollari per la famiglia da parte della città di Minneapolis.

«Non vogliamo due sistemi giudiziari in America. Uno per il nero e uno per il bianco – ha detto l’avvocato Crump presso l’aula magna della North Central University a Minneapolis  in occasione del George Floyd memorial – Ciò che ci sforziamo di raggiungere è la parità per gli Stati Uniti d’America e George Floyd è il pretesto per darci la migliore opportunità che ho visto, da tanto tempo a questa parte, nel raggiungere quell’alta idea su cui questo Paese è stato fondato».
 La passione e la “missione” di battersi per la giustizia lo illumina fin da ragazzo.
 Crump, cresciuto in una famiglia modesta, ha vissuto in alloggi sovvenzionati dal governo con la nonna, la mamma e i suoi fratelli minori a Lumberton, North Carolina, una piccola città nella regione sud-orientale dello stato. Mostrando  fin da piccolo un’attitudine particolare allo studio  e offrendo Lumberton opportunità limitate da questo punto di vista, viene spedito dalla mamma a vivere con il suo patrigno a Broward County. Ben presto, date le sue doti e la spiccata determinazione,  ottiene una borsa di studio per la Florida State University, dove si specializza in giustizia penale.

L’idea di fare l’avvocato per cercare di dare alle persone che sono emarginate e prive di diritti una migliore possibilità di realizzare il sogno americano” gli balena in testa quando la mamma gli parla -e quindi approfondisce- il personaggio di Thurgood Marshall, il primo giudice afro-americano della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha sostenuto con successo il caso storico Brown contro Board of Education, un passo importante nella lotta per desegregare le scuole americane.

Personaggio trasversale e particolarmente comunicativo, è apparso come comparsa anche nel film del 2017 Marshall (regia di Reginald Hudlin) incentrato proprio sulla vita e sulle vicissitudini di T. Marshall appunto, suo “idolo” e “maestro” per così dire. 

Passione, determinazione, talento oratorio e una grande abilità comunicativa mediatica: per sostenere e supportare ancora di più le sue battaglie per i diritti civili, Nel 2017 Crump ha fondato una casa di produzione, con l’obiettivo di “raccontare le  sue battaglie per la giustizia” che ha intrapreso e per le quali continuerà a battersi. 

Ideato da Kenya Barris e diretto da Nadia Hallgren, questo efficace documentario ci mostra, ogni tanto con una punta di  buonismo,  delle battaglie legali intraprese e dei trascorsi di vita dell’avvocato, amalgamando  le vicissitudini del passato e della famiglia di origine  con l’attualità di fatti difficilmente superabili e che ancora oggi, determinano gravi fratture e drammatiche tensioni negli Stati Uniti.

 Crump ci racconta infatti di un paese diviso in due e mai ricomposto,  frattura accentuata ancor di più dalla recentissima sentenza (del 24 giugno) della Corte Suprema degli Stati Uniti, che di fatto revocando la “Roe v. Wade” del 1973 che aveva legalizzato l’interruzione di gravidanza,  ha eliminato tale diritto, lasciando ai singoli Stati il compito di decidere in materia e  riportando quindi  indietro il paese di 50 anni, decisione che ha causato proteste a pioggia  e ancora una volta, una vera e propria spaccatura. 

Quest’ultima – discutibile – sentenza, come i difficili casi di cui si occupa Crump, fanno parte di un immenso e caotico puzzle che fa fatica-sempre di più- a ricomporsi.

E non è un caso che in questo delicato momento storico si torni a parlare di lotta per i diritti civili.

Su Netflix


Ben Crump: lotta per i diritti civili  – Regia: Nadia Hallgren; interpreti: Ben Crump; produzione: Kenya Barris, Matthew Carnahan; durata: 101′, USA distribuzione: Netflix 

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