Quei due di Wilma Labate

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Quei due del film di Wilma Labate, Galeazzo Ciano e Edda Mussolini, hanno formato una delle coppie più famose del Novecento italiano. Il film ne ripercorre le vicende dal loro incontro e matrimonio nel 1930, galeotto fu un film Ombre bianche, fino all’11 gennaio del 1944, quando il genero del duce fu giustiziato perché aveva firmato l’ordine del giorno Grandi nella riunione del Gran consiglio del fascismo del 25 luglio 1943. Quella fatidica svolta che aprì la crisi del regime e portò all’arresto del duce da parte di Vittorio Emanuele III, che voleva un armistizio con gli Alleati, sbarcati due settimane prima in Sicilia. Il film si apre e si chiude con il filmato della fucilazione, il primo degli numerosissimi documenti dell’Archivio del Luce che compongono il film insieme alle parti originali interpretate da Silvia d’Amico e Simone Liberati.

Attraverso le parole dello stesso Ciano, tratte per lo più dai suoi famosi diari, e, soprattutto di Edda, che ritornò su quegli eventi negli ultimi decenni della sua vita, il film ripercorre i capitoli della loro storia: la missione diplomatica in Cina, gli incarichi di governo di Ciano, ministro degli esteri dal 1936 al 1943, la guerra, la caduta del fascismo, la prigionia e la condanna nel processo-farsa di Verona.

Il docufilm riesce efficacemente a darci il senso del complicato equilibrio su cui si reggeva una coppia che rimase unita malgrado le differenze di temperamento, più cauto e vanaglorioso lui, più scatenata e umorale lei, i tradimenti, le divergenze politiche, con Edda più guerrafondaia e filotedesca mentre Galeazzo più cauto e altalenante, come nel rapporto con Hitler. Senza dimenticare il peso di essere sempre sotto i riflettori della propaganda del regime che li rese amati, invidiati e detestati. E di questo loro ruolo furono del tutto consapevoli, come il film mette bene in luce. E senza tralasciare il complicato rapporto con Mussolini attraverso le drammatiche vicende che portarono alla fine anche Edda a ripudiare un padre che tanto aveva amato e ammirato. Ciano, d’altro canto, fu uno strumento del suocero più che artefice della politica estera italiana degli anni Trenta, anche se ebbe un ruolo nel tenere l’Italia inizialmente fuori dalla guerra con la cosiddetta “non belligeranza”. Due persone che comunque furono pronte a mettersi in gioco proprio per controbattere un’opinione pubblica che li vedeva per lo più come due rampolli viziati: allo scoppio della guerra lei si imbarcò come crocerossina, e sopravvisse al siluramento della nave ospedale dove prestava la sua opera, lui combatté come aviatore nell’infame campagna di Grecia.

In un anno di anniversari, come quello che si apre – a ottant’anni dagli eventi del 1943 – questo film viene opportunamente a ricostruire quel capitolo della nostra storia e, attraverso la storia di Edda e Galeazzo, trova un modo efficace per farlo, mettendo in scena la loro umanità e la loro disumanità. Stiamo parlando, non dimentichiamocelo, del regime fascista, e dei suoi orrori, rispetto al quale entrambi rimasero sempre leali. Perché anche il 25 luglio fu concepito come un tentativo di salvare il fascismo.

Detto questo, il film poteva essere un po’ più originale nella sua ricostruzione di fatti molto noti, poteva introdurre qualche variazione in più rispetto all’intreccio tra le loro vicende biografiche e la “grande storia”. Non era facile, comunque, visto che le vicissitudini dei conti Ciano, così come quelle delle ultime ore di Mussolini, sono stata da sempre all’attenzione, spesso morbosa, dell’opinione pubblica italiana. Ad essa sono stati dedicati innumerevoli libri, reportage, documentari, e anche il bellissimo Il processo di Verona (1962) di Carlo Lizzani. Il regista romano ne aveva già sottolineato il carattere di tragedia greca, di dramma elisabettiano, con Edda, interpretata da una superba Silvana Mangano, che cercava in tutti i modi di salvare il marito.

Non era facile neppure trovare un equilibrio, come quasi sempre riesce a tenere Wilma Labate, tra i documenti di repertorio e le parti originali con gli attori. Sia perché i documenti d’archivio hanno una potenza che spesso annichilisce qualsiasi sequenza moderna che ad essi viene giustapposta, sia perché ormai si prova un certo fastidio per le parti fiction degli innumerevoli documentari italiani e stranieri che adottano questa formula un po’ usurata: il più delle volte banali, povere di mezzi, ripetitive, ecc.

Va detto che Quei due riesce a vincere, tutto sommato, queste scommesse, usando uno schema classico e, al tempo stesso, come dire, cubista. Infatti, se da un lato la regista segue nella narrazione uno schema cronologico lineare, dall’altro lato, su molti passaggi storici offre una pluralità di punti di vista. Da quelli di Ciano e di Edda, che su molti eventi e personaggi, vedi la Germania nazista, cambiarono idea, o espressero una posizione ufficiale e una, diversa, ufficiosa, sia perché i documenti di repertorio con i loro accostamenti, spesso molto pop e brillanti, ci dicono molte altre cose e caricano le parole della coppia di altri significati. Ci ricordano altri fatti e atmosfere che certo neanche la contessa Ciano quarant’anni dopo amava più di tanto rammentare. Il diario di Ciano, da cui sono tratte la maggior parte delle sue parole, d’altronde, è sempre a cavallo tra la boria per i propri successi, il cinismo, e commenti ragionevoli, “umani”, scritti probabilmente pensando ai posteri.

Benché su alcuni passaggi storici si poteva osare forse di più, cercare più a fondo, il repertorio non è usato in modo piatto, e, talvolta, valica la soglia del 1943, come, ad esempio, quando accosta a una frase di Mussolini riportata da Ciano (“ritiene gli italiani popolo molto duro, a fondo drammatico, forse anche un po’ triste come le sue canzoni: la nostra reputazione all’estero è stata guastata, a suo dire, dai cantanti, dai ballerini napoletani”) immagini del set di Dov’è la libertà, di Roberto Rossellini, con Totò (1954).

Nella parte con gli attori in studio si è cercato, non sempre con successo, di variare le situazioni, anche con la regista e la mdp brevemente in campo. Di svelare, insomma, passo dopo passo, la costruzione, la struttura del film. Per fortuna, Labate non ha voluto degli attori che cercassero di assomigliare in tutto e per tutto ai coniugi Ciano, che vediamo e sentiamo nei filmati del Luce. I due interpreti si sono messi del tutto al servizio delle parole che recitano, il filo che seguiamo è quello e, per molti versi, i loro corpi e i loro movimenti (era proprio necessaria la sequenza in cui ballano?) finiscono inevitabilmente in secondo piano.

In onda su Rai 3 il 3 febbraio 2013 ore 21.20 e poi visibile su Raiplay


Quei dueregia: Wilma Labate; soggetto e sceneggiatura: Beppe Attene e Wilma Labate; fotografia: Daniele Ciprì; montaggio: Patrizia Penzo; musica: Riccardo Giagni; interpreti: Silvia d’Amico e Simone Liberati; produzione: Cinecittà Luce e Rai Documentari; origine: Italia 2022; durata: 85’; distribuzione: Cinecittà Luce.

 

 

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