Sasha di Vladimir Beck

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Non la conosco.

La vuoi conoscere per la prima volta il giorno del mio funerale?

Così il nonno di Sasha (Anya Patokina) avvisa il padre: d’ora in poi toccherà a lui a crescere la figlia, il vecchio, malato, non può farlo più. Da un momento all’altro, l’adolescente si ritrova dal sicuro nido della propria infanzia ai grigi e afoni condomini di città. Il padre, poliziotto, le è sconosciuto. Il motivo per cui la madre non c’è più, anch’esso ignoto. Una sera prende dalle tasche del padre della droga requisita in un arresto, si avventura per la città e viene scambiata per una pusher, o meglio, un pusher.

Sasha vuole entrare a far parte del gruppo. Non ha mai avuto figure femminili a cui far riferimento e decide di proseguire nel farsi considerare di genere maschile: si taglia i capelli, si fascia il seno. Durante una festa conosce Mysh (Polina Fedina) e Maxim (Stepan Belozerov), due coetanei. Maxim capisce le difficoltà familiari di Sasha e decide di ospitarla. Tra i due nasce un’amicizia, ma Sasha è in cambiamento: ha incontrato il mondo per la prima volta, ora deve capire come poterci vivere.

Sasha è l’ultima fatica di Vladimir Beck, regista e sceneggiatore russo che all’età di trentuno anni ha collezionato altri due film, Skinless (2014) e Little Bird (2015), quest’ultimo presentato alla Festa del Cinema di Roma. Sasha si contraddistingue per una sceneggiatura di poche parole, affidando i cambiamenti della protagonista a un gioco di distanze della mdp, brava ad aprirsi quando la ragazza è in zona di confort e a chiudersi, farsi spiraglio, quando lei si avventura nel mondo cittadino e questa la divora.  Efficace la scenografia, a rendere l’idea di una città nemica di Sasha perché ancora sconosciuta, come sconosciuta è la landa senza fine dei suoi coetanei e quel tempo da linea d’ombra che prende il nome di adolescenza.

La sceneggiatura crea un gioco di figure parentali e amicali tra le quali Sasha si muove a tentoni e a spintoni, a mo’ di cane randagio. La figura del nonno e di Maxim sono le uniche rassicuranti, poiché personaggi sostanzialmente deboli e protettivi, quella del padre e di Mysh sono invece le figure contro cui andare allo scontro: il primo in quanto custode dei segreti del passato (la morte della madre), la seconda coma figura femminile e di pari età con cui Sasha fatica a immedesimarsi. Più semplice, per Sasha, mimare e assomigliare a Maxim, maschio. La ricerca verso la propria identità si accompagnerà così a quella della femminilità.

Vincitore del Premio Stampa  “Marcello Petrozziello” e premio della giuria popolare e studentesca al Lucca Film Festival, Sasha è un buon film, senza grandi pecche. Nonostante la storia non sia delle più coinvolgenti poiché a tratti dispersiva e vari passaggi si prendano più tempo del dovuto, la scenografia urbana e desolata salva la pellicola, come la buona interpretazione degli attori e una regia capace di indagare l’intimo dei protagonisti. Ne esce un prodotto genuino, condito da un’ottima soundtrack.

Dal 22 agosto in sala.


SashaRegia: Vladimir Bek; sceneggiatura: Vladimir Bek, Anna Efimova; fotografia: Anton Gromov; montaggio: Sebastian Longariva, Ilya Malov; scenografia: Vanya Bowden; costumi: Irina Rovbel; interpreti: Anya Patokina, Stepan Belozerov, Polina Fedina, Viktoriya Tolstoganova, Margarita Tolstoganova, Pavel Yuzhakov-Kharlanchuk, Alexandr Ryazantsev, Konstantin Shpakov, Nikolay Klyamchuk, Natalia Sapozhnikova, Anastasiya Volynskaya; produzione: Mars Media Entertainment, Vega Film, Albolina Film; origine: Russia, 2023; durata: 118 minuti; distribuzione: Albolina Film.

 

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