Totem – Il mio sole di Lila Avilés

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Presentata in Concorso alla Berlinale 2023,  opera seconda della regista messicana Lila Avilés (nata nel 1982), che col primo La camarista (titolo internazionale The Chambermaid) era arrivata fino alla nomination all’Oscar come miglior film straniero, Totem – Il mio sole è uno di quei classici film in cui il lavoro andrebbe diviso a metà: per metà è un film che si gira, per l’altra metà è un film che si monta. Tutto si svolge, a parte pochi minuti iniziali, in un’unica grande casa dove si sta preparando una festa di compleanno.

Tutto o quasi tutto è raccontato dalla prospettiva di una ragazzina, a occhio e croce, di una decina d’anni, la ragazzina si chiama Sol. Ciò che rende questa festa di compleanno unica, in tutti i sensi, è il fatto che il festeggiato è Toma, il padre di Sol, ma Toma è un uomo ancora giovane eppure malato quasi terminale, una festa di compleanno dunque che è inevitabilmente una festa di commiato, con uno strazio generale che in qualche misura si cerca di nascondere, ma che emerge fra i presenti, gli organizzatori, gli invitati a ogni pie’ sospinto.

Presenti, organizzatori, invitati sono seguiti in modo ossessivo da una camera a mano, il punto di vista non si allarga mai, si esce dal film con una voglia matta di vedere un piano lungo, un totale o anche solo un piano medio. E si ha la sensazione che molte scene potrebbero venire prima o potrebbero venire dopo, senza che la sintassi cinematografica finisca per subire trasformazioni sostanziose. Di qui il peso del montaggio (a cura di Omar Guzmán)

Perché il film si chiama Tótem? Per almeno tre ragioni: perché l’evocazione degli spiriti descrive una fra le scene più compatte, una fra le sequenze più esilaranti del film (che a più riprese, pur in presenza di tanto dramma, è in grado di divertire), allorché una spiritista si aggira per casa a compiere numerose operazioni per scacciare gli spiriti malvagi dalla casa, non sia mai che questo atto possa servire a produrre una miracolosa guarigione di Toma; in secondo luogo, soprattutto sul finire si fa molto riferimento – come accade spesso nei film messicani – alle radici animistiche di chi prima dei conquistadores abitava quel paese, una visione del mondo basata sulla (consolatoria) ciclicità del tempo e non sulla linearità; in terzo e ultimo luogo non si può non pensare a Freud, forse uno dei temi principali se non quello principale di Totem e Tabù (1913) è proprio la presenza dei morti nella vita dei vivi e le varie strategie dei vivi per prendere definitivo distacco dalle persone defunte. Qui non siamo ancora in presenza di un morto, ma la festa di compleanno ha la chiara funzione di agevolare preventivamente il distacco da una persona da tutti amata che presto lascerà i suoi cari.

A tratti il film è un po’ noioso perché vuole, coralmente, presentare un numero – soprattutto – di famigliari forse troppo cospicuo, e non tutti i parenti e amici sono personaggi davvero riusciti o hanno cose interessanti da dire. Oltre alla bambina, autentico faro dell’intero film, o se vogliamo sole (visto il nome) di tutto il progetto, merita di essere ricordato il vecchio padre di Toma, egli stesso reduce da una grave malattia, dato che è costretto a parlare col laringofono, tramite il quale egli esprime un grande e alla fine anche ironico scetticismo nei confronti delle derive più irrazionali di alcuni dei suoi parenti. Splendida la scena nella quale il padre fa dono al figlio di un bonsai a cui ha lavorato per anni, con estrema cura e perizia. Indimenticabile quella in cui la moglie di Toma e la figlia Sol formano una maschera altissima: la madre sotto e la figlia sopra con naso finto e parrucca e cantano in onore del marito e del padre che presto non ci sarà più: “Spargi di qualche pianto / il mio terrestre velo/ mentre lassù nel cielo/ io pregherò per te”.

L’amore eterno può essere celebrato in tanti modi: con la religione mesoamericana, con una pianta bonsai o con Gaetano Donizetti.

In sala dal 4 marzo 2024


Cast & Credits

 Totem – Il mio sole (Tótem)Regia, sceneggiatura: Lila Avilés; fotografia: Diego Tenorio; montaggio: Omar Guzmán; interpreti: Naima Senties, Monserrat Marañon, Marisol Gasé, Saori Gurza, Teresita Sánchez, Mateo Garcia Elizondo, Juan Francisco Maldonado; produzione: Limerencia Films; origine: Messico/ Danimarca/ Francia, 2023; durata: 95 minuti; distribuzione: Officine UBU

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