Una stanza tutta per sé di Matan Yair

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Presentato poco più di un mese fa al Jersualem Film Festival, Una stanza tutta per sé esce adesso in Italia per il semplice, forse esclusivo, motivo che si tratta di una produzione italo-israeliana, mentre il regista si chiama Matan Yair. Oltre ai fondi ministeriali, della parte italiana è titolare la bolognese Tempesta Film e il suo titolare Carlo Cresto-Dina, celebre soprattutto per aver prodotto i film, corti e lunghi, di Alice Rohrwacher. Da un paio di anni nel catalogo si trovano anche alcune coproduzioni, segno del tentativo di Cresto-Dina di estendere le proprie potenzialità produttive e distributive. Di italiano nel film, se non andiamo errati, c’è – in una scena girata in un supermercato – un’inquadratura dove è in bella vista, come si è soliti dire, una nota marca di pasta. Per il resto: Massimo Zamboni, ex CCCP, ha curato le non molte musiche.

Gilad Lederman

Difficile affermare che il titolo spicchi per originalità: dal celebre saggio di Virginia Woolf (A Room on One’s Own, 1929), testo seminale del femminismo novecentesco, si sprecano titoli che volutamente a quel testo si richiamano. Giusto per capirsi: nel 2022 è uscito un film georgiano con il medesimo titolo. La declinazione al maschile è semmai l’elemento di originalità, ché il protagonista è un ragazzino diciassettenne che come tutti i ragazzi di quell’età è alla ricerca di sé e il film intenderebbe descrivere il lento approdo a un risultato, al cinema e non solo si è solo chiamare tutto ciò Coming of age. Il Coming of age di Uri (questo il nome del ragazzo, interpretato da un bravo Gilad Lederman) è particolarmente tortuoso, a cominciare dal fatto che a quell’età dorme ancora (di nuovo) con la madre. È vero che il padre se ne è andato via (ma ha lasciato in dote alla famiglia un cane brutto brutto, poco educabile e molto piscione) e che dunque Uri si sente in dovere di proteggere la madre e in qualche misura di ergersi a sostituto del padre, ma non è chiaro chi protegga chi. Il claustrofobico universo familiare è altresì rappresentato dalla sorella che invece appare assai più disinvolta tanto che ospita il proprio ragazzo con cui ha anche regolari rapporti sessuali. Insomma: una costellazione che ricorda un po’ quella del vecchio Goodbye, Lenin!, anche per la presenza di qualche elemento involontariamente comico.

Lo stato di disorientamento e di incertezza di Uri si manifesta anche a scuola, nel secondo universo con il quale egli si trova a interagire, sia con i compagni sia soprattutto con l’insegnante di educazione fisica, autentico sostituto del padre che da quando se ne è andato è divenuto una presenza alquanto impalpabile. L’insegnante in qualche misura ha capito che Uri è in cerca di sé e cerca nei limiti del possibile di aiutarlo a integrarsi nel gruppo, anche se poi non può portarlo con sé, insieme agli altri, in una gita di istruzione in Polonia, nei luoghi della shoah, perché manca la necessaria firma appunto del padre. Un personaggio, quello del professore/padre sostituto, che non spicca per originalità e che anche sul piano fisiognomico assomiglia un po’ al J. K. Simmons di Whiplash.

Forse la cosa più interessante di questo filmetto che raggiunge a malapena gli 80 minuti e che risulta tutto sommato piuttosto ripetitivo (anche sul piano formale: quasi tutto girato in interni il film finisce per essere un po’ monotono) e proprio la reiterata tematizzazione della shoah, sulla quale Uri si pone domande anche molto inopportune e indelicate – un tema, questo, che nel cinema israeliano contemporaneo non si può dire che sia particolarmente presente.

Il finale, rigorosamente aperto (e va bene così), lascerebbe intuire qualche spazio di crescita. Si spostano dei mobili in casa e Uri in attesa di partire come soldato di leva (ma anche lì non c’è per nulla da star tranquilli perché i colloqui iniziali non lasciano intravedere nulla di buono, che non è un male, per carità, dato il militarismo imperante) fa un lavoretto come aiutante pizzaiolo, anche se fra i clienti, manco a dirlo, c’è la mamma.

In sala dal 17 agosto 2023


Una stanza tutta per sé  (A Room On His Own ) – Regia e sceneggiatura: Matan Yair; fotografia: Shai Skiff, montaggio: Dov Steuer; musica: Massimo Zamboni; interpreti: Gilad Lederman (Uri), Yaden Bar-Kochbra (la madre), Dror Keren (Rockman, l’insegnante), Neta Roth (la sorella), Israel Bright (il padre); produzione: Green Productions, Tempesta Film; origine: Israele/ Italia 2023; durata: 81 minuti; distribuzione: Wanted Cinema.

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