Fare un biopic su un personaggio ancora vivente è una sfida aspra e ardita: pare infatti che il parere favorevole o sfavorevole sia stato negato dalla pluripremiata cantante Celine Dion, alla cui vita la pellicola è ispirata. Un percorso apologetico, senza sfumature, in cui la protagonista appare sempre invincibile, talentuosa, ambiziosa, dotata di affabilità, infallibilità, perseveranza, preveggenza, quasi immortalità.
Da bambina la prodigiosa Aline Dieu (un nome un programma), quattordicesima figlia di una coppia molto fertile, desidera più di ogni altra cosa diventare una star internazionale di successo nel mondo della musica. E come in ogni favola che si rispetti, il suo desiderio si realizza: ancora minorenne promuove tour mondiali sold out, appare in ogni trasmissione televisiva importante, canta col cuore e con corde vocali talmente messe alla prova da chiedere il silenzio per tre mesi, dopo anni di sfruttamento ininterrotto.
La prima scena in cui compare nei panni del personaggio Valérie Lemercier, che è anche la sceneggiatrice e regista del film, dovrebbe avere intorno ai dieci-dodici anni: la numerosa famiglia ha il talento della musica e forma una band che si esibisce nei locali. Durante una esecuzione dei suoi parenti, dal basso, fa capolino una testolina ingenua che a malapena arriva all’altezza del palco: è Aline, attratta dalla scena come mosca dal miele.
Tramite uso di sofisticati effetti digitali l’attrice – ben cinquantasette anni nella vita reale – interpreta la cantante per un arco di tempo molto esteso che va dall’adolescenza alla maturità di donna e professionista. Questo elemento gioca a sfavore della sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore che si perde nell’osservazione morbosa di dettagli del viso e del corpo della donna, invece che seguire le vicende della storia.
Una storia che, d’altro canto, non esce mai dai binari della normalità (nell’ultima scena Aline dice di sé stessa, nel testo vibrante di una canzone di certo autobiografica, Je ne suis qu’une femme ordinaire, non sono che una donna normale, banale), neppure quando il dramma si intensifica e dovrebbe bruciare gli stomaci e gli occhi: Aline è una eroina senza macchia e senza paura, si rialza come un Highlander, surfa su lutti, tragedie familiari, seri problemi di salute. Aline si mantiene solida e immarcescibile come una roccia nel deserto o come un’antica statua di inamovibile interezza. La scelta di una regia osannante fino allo spasimo riduce un copione scritto senza criticità in una commedia che non fa sorridere (a parte, nelle prime scene, quando la madre partorisce ripetutamente tredici neonati), se non per un – non voluto – effetto grottesco.
Grande successo in Francia (campione di incassi al botteghino in Francia, dove è uscito a novembre 2021, con oltre un milione di biglietti venduti), presentato in anteprima, fuori concorso, al Festival di Cannes 2021 e passato in chiusura al 39esimo Torino Film Festival, girato tra Francia, Quebec, Spagna e Las Vegas, una sessantina di set, 150 costumi e la spesa per i diritti su 15 canzoni, Aline, la voce dell’amore è stato il film di lingua francese più costoso del 2020, superando un budget di 23 milioni di euro.
I fan italiani di Celine Dion andranno a vederlo? Chi lo sa.
In sala dal 20 gennaio
Aline, la voce dell’amore – Regia: Valérie Lemercier; sceneggiatura: Brigitte Buc, Valérie Lemercier; fotografia: Laurent Dailland; montaggio: Jean-François Elie; musica: Rémy Galichet, Laurent Marimbert; interpreti: Valérie Lemercier, Sylvain Marcel, Danielle Fichaud, Roc Lafortune, Dylan Raffin, Antoine Vézina, Pascale Desrochers, Jean-Noël Brouté, Sonia Vachon, Alain Zouvi, Marc Béland, Yves Jacques, Geneviève Boivin-Roussy; produzione: Rectangle Productions, Gaumont, Canal+, Ciné+, TF1, Télé Monté Carlo, TFX, Entourage Pictures, NJJ Entertainment, Tuco, Ondamax Films; origine: Canada, Francia, 2020; durata: 128’; distribuzione: Lucky Red, Universal Pictures