La valle dei sorrisi di Paolo Strippoli

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Guarda in faccia il tuo abisso! Ma a Remis, paese sperduto nelle Alpi, regna un estatico sorriso, una maschera di serenità che sembra essere scaturita direttamente da una tragedia collettiva. Per Sergio (Michele Riondino), insegnante di educazione fisica fuori sede e uomo segnato da un segreto indicibile, la rabbia e il dolore sono invece l’unica benzina che alimenta l’esistenza. Remis è la sua nemesi, almeno finché non incontra il giovane e taciturno Matteo, scolaro esentato dalla sua materia, bullizzato di giorno, venerato come un santo di notte. Ancora l’elaborazione del lutto al centro del lavoro del barese Paolo Strippoli (Piove) che con La valle dei sorrisi rinnova il racconto delle dinamiche distorte di una piccola comunità e del suo equilibrio precario dove basta che un singolo smuova le acque per finire travolti. Sergio assomiglia all’anonimo de Il corvo di Henri-Georges Clouzot che con una manciata di lettere minatorie spedite ai notabili del ridente borgo francese di Saint-Robin riesce a innescare un effetto a catena dal quale nessuno resta immune: niente, da quel momento, sarà più come prima.

Nulla si crea e nulla si distrugge. L’energia come il Male che il gigantesco John Coffey è in grado di strappare via dalle persone con un semplice contatto (e sì, sto parlando de Il miglio verde e del maestro del brivido Stephen King) non scompare, ma trova un nuovo ospite, vuole qualcosa in cambio, tende a tornare alla sua origine se non si rinnova il rituale che ne ha determinato la rimozione. Per questo Matteo, a cadenze regolari, riceve gli abitanti di Remis all’interno di una chiesa-baita che ha la forma di una enorme A: “accudimento”. E infatti il gesto è semplice e lineare, un lungo abbraccio che allontana il pensiero funesto, che non lo cancella, ma lo rende tollerabile. Strippoli prende la dimensione mentale, la fonde con il corporeo e pone al centro il ricatto del senso di colpa. Ne viene fuori il racconto di una fusione della carne che come dentro a un collettivo rito voodoo rende le persone del villaggio marionette in mano a un burattinaio. Ma chi è Matteo? Un angelo oppure un demone, un santo o un diavolo?

La valle dei sorrisi è la messa in scena di un doppio orrore collettivo: quello che possiamo immaginare dai racconti del tremendo incidente ferroviario che ha segnato per sempre la valle e quello che vediamo prendere plasticamente forma quando la massa si scaglia contro il suo Salvatore. Le sequenze di gruppo di ‘caccia all’abbraccio’ sono una danza ipnotica che turba tanto quanto – per restare a un recente ottimo prodotto horror – le maligne coreografie del corpo di ballo che invade l’abitazione della rockstar Skye contagiata da un demone sanguinario (Smile 2, e anche il titolo ci dice qualcosa sulla vicinanza delle opere). In questo mare di dolore perde di senso la sofferenza del singolo che resta un eco, una rimembranza. A vincere è la pretesa di stare bene a ogni costo che si traduce in uno stato di immobilità spazio-temporale (una “zona del crepuscolo” per dirla con Dylan Dog), che non permette a nessuno di trascinare oltre la propria vita. Per questa ragione la stazione ferroviaria è ormai un luogo abbandonato, un museo della sofferenza che per rispetto e paura non può essere modificato. Resta lì, come lo scheletro di un campo di concentramento. A futura memoria. Eppure, nessuno va mai a deporre un fiore. Nessuno vuol saperne più nulla.

Paolo Strippoli avrebbe forse potuto spingere di più sul piano della rappresentazione della spazialità: Remis resta spesso sullo sfondo, un paese a tenuta stagna che conosciamo per spazi chiusi e case isolate, ma che non cogliamo mai nella sua interezza. In questa frammentazione, però, si certifica la distanza dei singoli che emergono come anime isolate e tormentate, ognuno intento a tenere in piedi il suo piccolo giardino d’illusione. Perfette, comunque, le scelte di casting. Riondino sa mettere in scena la caduta e la brama di luce; Romana Maggiore Vergano si conferma volto e corpo mutante; Paolo Pierobon non tradisce il mistero del suo padre-padrone; Roberto Citran è un parroco feroce e sanguinario che resta nella memoria. Intorno a loro un popolo di zombie che, come un gigantesco organo senziente, parla per bocca del proprio feticcio (il folk-horror è servito!), una voce di speranza e disperazione che sgorga dalle profondità invisibili di un corpo prosciugato, immobilizzato in un istante senza fine.

In anteprima al Festival di Venezia 2025 “Fuori Concorso” – Premio FEDIC – Miglior lungometraggio
In sala dal 17 settembre 2025.


La valle dei sorrisi  Regia: Paolo Strippoli; sceneggiatura Jacopo Del Giudice, Paolo Strippoli, Milo Tissone; fotografia: Cristiano Di Nicola; montaggio: Federico Palmerini; musica: Federico Bisozzi, Davide Tomat; scenografia: Marcello Di Carlo; interpreti: Michele Riondino, Giulio Feltri, Paolo Pierobon, Romana Maggiora Vergano, Sergio Romano, Anna Bellato, Sandra Toffolatti, Gabriele Benedetti, Diego Nardini, Roberto ; produzione: Fandango (Domenico Procacci, Laura Paolucci), Nightswim (Ines Vasiljević, Stefano Sardo), Spok Films (Jožko Rutar); origine: Italia/Slovenia, 2025; durata: 122 minuti; distribuzione: Vision Distribution.

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