Clark di Jonas Åkerlund

  • Voto
4
Clark è il ritratto -romanzato- di un criminale affascinante, carismatico, a suo modo geniale e ovviamente con un passato disastroso: Clark Olofsson.
Una famiglia disfunzionale alle spalle, un papà alcolizzato, una mamma “vittima degli eventi” e -tanta tanta voglia di fuggire per ricostruire una realtà tutta nuova. Distorta, irreale, su un altro pianeta, ma senza dubbio più accettabile della sua vita iniziale,  e delle probabili aspettative future che sarebbero state non lontane da quelle del suo -non amato- papà, violento, sempre puzzolente di alcol, assolutamente incurante del mondo esterno.
E allora il protagonista , che della creatività criminale fa la sua migliore arma, si diverte a delinquere, diventa un malvivente “famoso”, affascinante, amato dalle donne, una “simpatica canaglia” che rapina le banche, semina il panico, ma sempre con un certo savoir faire e con un ghigno sfacciato sul suo bel viso.
Non è la prima serie “criminale” dello stesso genere targata Netflix. The Serpent, (miniserie di Tom Shankland e Hans Herbotsci avevano mostrato le mirabolanti “avventure” (si fa per dire) di Charles Sobhraj, abile truffatore e assassinio  che divenne autore, nei primi anni Settanta-di diversi omicidi di giovani  – benestanti – lungo la cosiddetta Hippie Trail, nel sud-est asiatico.
Il ritratto di Sobhraj, per quanto meno accattivante e più noioso, era forse più realistico e credibile. Un “ritratto” più freddo,  piatto e scialbo, ma forse maggiormente aderente alla realtà. Anche in questa serie, come in Clark, risaltava la forte contrapposizione tra il bene e il male, il crimine e la giustizia (rappresentata in The Serpent dal diplomatico olandese Herman Knippenberg e in Clark da Tommy Lindstrom, il goffo poliziotto che insegue il protagonista).
Clark parte da un presupposto diverso, mescolare abilmente finzione e realtà ed  è  costruito a tavolino per affascinare e per sedurre, proprio come fa il suo protagonista.
Sembra un gioco di rispecchiamento continuo (ben riuscito) e gli episodi si rincorrono l’uno dopo l’altro, alimentando, nello spettatore,  una sorta di continuo autocompiacimento del crimine.
Si va dietro alla follia e all’egocentrismo sfacciato dell’uomo che più che un criminale viene trattato, specialmente dalle donne, come un rubacuori, un irresistibile conquistatore.
E questo elemento- un po’ perverso- funziona, perché Clark alla fine, tra il disturbato e il narcisista patologico, la fa sempre franca. E non riesci ad odiarlo. Anche perché è divertente e a tratti esilarante.
Donne, amici, figli disseminati per tutta Europa (almeno tre) e un’unica casa dove progettare un’improbabile futuro: il carcere, dove il protagonista entra, si “riposa” per poi uscirne carico e ricominciare a delinquere.
Il crimine, e forse la notorietà lo spinge a proseguire la sua ben riuscita carriera di malvivente e a disdegnare quella vita ordinaria che ogni tanto, con diverse compagne prova a costruire, ma non ce la fa. Pensare “in grande” è più forte di lui e l’egocentrismo estremo, che a volte lascia intravedere il bambino abbandonato che non ha mai guarito le sue ferite, lo guida e lo spinge a andare sempre fuori rotta.
Ovviamente non tutto è romanzato, c’è anche una certa aderenza alla realtà. Nel terzo e quarto episodio, assistiamo alla famosa rapina di Stoccolma del 1973 in cui i rapitori (Jan-Erik Olsson e Clark Olofsson) rimasero con 4 ostaggi nel locale sotterraneo di una banca e, dato il rapporto  di fiducia instaurato tra rapinatori e ostaggi, da alcuni psichiatri  venne coniato il termine di Sindrome di Stoccolma. Clark, ovviamente, ha sui suoi ostaggi (e in generale) un ascendente enorme.
Alternando  realtà e  menzogna e con un’ occhio di bue (per dirla in termini teatrali) puntato sempre sul protagonista, la miniserie sorprende e diverte grazie a differenti  stili e tecniche visive usate per raccontare il passato (il protagonista  bambino è interpretata dal fratellastro di Bill Skarsgard, Kolbjorn) e il presente “a colori” di Clark. Ogni evento è filtrato secondo una prospettiva originale e-aspetto di fondamentale importanza, il protagonista ha la faccia da schiaffi e il carisma di  Bill Skarsgård, a cui è davvero difficile resistere.
Clark ci ha forse come stregati… Davanti alle sue “avventure” siamo in preda di un’inguaribile sindrome di Stoccolma? Forse, e per questo la miniserie merita di essere divorata in poche ore.
Su Netflix dal 5 maggio 2022

Cast & Credits

Clark – Regia: Jonas Åkerlund; sceneggiatura:  Jonas Åkerlund, Fredrik Agetoft, Peter Arrhenius; stagioni: miniserie; episodi miniserie: 6; montaggio: Helen Chapman, Malcolm Crowe, Danielle Palmero, Danielle Palmero; musica: Mikael Åkerfeldt; interpreti principali: Bill Skarsgård, Vilhelm Blomgren, Sanra Ilar Hanna Bjorn, Kolbjorn Skarsgard, Peter Viltanen, Lukas Wetterberg, Isabelle Grill, Daniel Hallberg, Malin Levanon; produzione: Jonas Åkerlund; Julia Stannard, Birna Paulina Einarsdottir, Börje Hansson, Fredrik Agetoft; origine: Svezia 2022; durata episodi: 62’.

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