Beautiful Minds di Bernard Campan e Alexandre Jollien

  • Voto
3.5

Louis (Bernard Campan) è un impresario di pompe funebri. La sua è un’esistenza in giacca e cravatta, confezionata su misura dal padre in tempi ormai remoti. Le giornate scorrono come se vita e morte, in fondo, non fossero che due facce della stessa medaglia: sveglia presto, doccia, una capatina in ufficio e poi via, verso gli addolorati congiunti del quotidiano defunto. Louis è un maestro dell’empatia: crede in Dio e non ci crede, a seconda delle circostanze. Sa dosare indifferenza e compassione come nessun altro al mondo. Questione di professionalità: fra il suo volto disteso e la grottesca valle di lacrime in cui l’essere umano s’arrabatta non sussiste più alcun cordone ombelicale.

C’è chi, invece, il famoso cordone ombelicale con il passato non l’ha mai potuto tagliare: si tratta di Igor (Alexandre Jollien), filosofo per vocazione e fattorino a domicilio per grette ragioni di sussistenza personale. Igor possiede un’intelligenza tagliente, un sarcasmo graffiante e benevolo, un’ironia dai tratti affilati. Igor è uno spirito illuminato rinchiuso in un corpo estraneo: a causa di una paralisi cerebrale, egli ha accesso soltanto ad alcuni scampoli di una routine collettiva che, inutile girarci in tondo, per lui non è stata progettata. Poco male. Ci sono altre strade per raggiungere la felicità, e Igor sembra decisamente intenzionato a percorrerle tutte.

La pellicola di Bernard Campan e Alexandre Jollien (qui, come abbiamo visto, nei rispettivi ruoli dei due protagonisti) non brilla certo per originalità: ma possiamo noi fargliene una colpa? E poi, se proprio vogliamo mettere i puntini sulle i, non si tratta di limitatezza immaginativa, quanto di destino: la strana coppia dovrà incontrarsi, volente o nolente. Lo sappiamo noi, lo sanno loro.

La ruota della fortuna, dunque, girerà indisturbata fino a posarsi su una tranquilla mattinata primaverile: Louis si dirige in ufficio dopo aver registrato, come di consuetudine, il solitario decesso di un’anziana signora. Qualcosa, però, spezza l’usuale apatia in cui l’uomo abitualmente si muove, nel desolato appartamento spira una brezza quantomeno familiare. Al suo interno, un pitbull abbandonato pare riconoscere il suo padrone. Ma non perdiamoci in chiacchiere e seguiamo l’imprenditore nella sua automobile: è allora ch’egli incontra Igor, il suo futuro doppio. Per essere più precisi, diciamo che lo investe inavvertitamente. La cosa si risolve in una leggera ferita al braccio e una piccola crisi di panico a causa di una potenziale echinococcosi – una spaventosa infezione causata dagli escrementi delle volpi. Igor, come ogni pensatore che si rispetti, è un irriducibile ipocondriaco. E come biasimarlo? Il rischio zero, ormai lo sa chiunque, non esiste.

Nemmeno la probabilità d’infilarsi in una bara per sperimentare un’epifania mistica e di ritrovarsi, al risveglio, in viaggio per Marsiglia, è a rischio zero. Così inizia la lunga fuga dei due eroi verso il materno e lussureggiante Sud, la Terra Promessa di ogni francese inurbato: come insegnano i protagonisti dell’immortale Grande Freddo (The Big Chill, 1983), ogni avventura degna di tale nome inizia con un funerale. Nel caso di Beautiful Minds, le esequie sono quelle dell’attempata ignota tristemente scorta nel primo atto del nostro dramma. Ma non intendiamo anticipare più del dovuto: meglio soffermarsi sul pellegrinaggio di Louis e Igor all’interno del proprio animo. Gli autori della stravagante epopea non ci fanno mancare niente, dall’incontro fortuito con una giovane autostoppista dalla vita scombinata ad un irreverente nonché surreale addio al nubilato, per poi chiudere in bellezza con una selvaggia evasione dal tanto detestato cerimoniale in abito nero.

Il film di Bernard Campan e Alexandre Jollien può essere letta e goduta tanto in superficie quanto in profondità: i registi, infatti, preferiscono spostare l’attenzione del grande pubblico dal tema della disabilità (qui totalmente, se Dio vuole, normalizzata) all’amletico cammino dell’essere umano verso sé stesso, senza tuttavia rinunciare ai toni irriverenti della commedia. Non ci troviamo davanti all’ennesima replica dell’ormai iconico Quasi amici (Intouchables, 2011): Louis e Igor sono due individui come tanti, ognuno avente il proprio stigma – e no, non parliamo dello stigma del becchino o, peggio ancora, di quello del diversamente abile, quanto di una propensione mentale verso una determinata forma di pensiero. Entrambi sono stoici: entrambi sono abituati a trasformare il dolore in perseveranza, ad affrontare gli ostacoli con impassibile testardaggine, a tradurre la sofferenza in virtù. Solo così il grigiore semi-bretone del loro ordinario isolamento risulterà sopportabile. A Marsiglia, dove le giornate non muoiono mai, i nostri filosofi mancati apprenderanno, per l’appunto, l’arte della vita, dimenticando temporaneamente Seneca per affidarsi a Epicuro.

In sala dal 24 febbraio


Cast & Credits

Beautiful Minds – Regia: Bernard Campan, Alexandre Jollien; sceneggiatura: Bernard Campan, Helene Gremillon, Alexandre Jollien; fotografia: Christophe Offenstein; montaggio: Annette Dutertre; interpreti: Bernard Campan (Louis), Alexandre Jollien (Igor), Tiphaine Daviot (Cathy), Julie-Anne Roth (Nicole), La Castou (madre di Igor), Marie Benati (prostituta), Marilyne Canto (Judith), Anne-Valérie Payet (Caroline), Sofiia Manousha (Natasha), Marie Petiot (Berengère), Laëtitia Eïdo (Patricia); produzione: Pan Européenne; origine: Francia, Svizzera 2021; durata: 92’; distribuzione: Notorious Pictures.

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