“Immagina che il mondo dorma e che nessuna lettera arrivi a destinazione, /Immagina che alcuni siano lontani o non siano mai stati in alcun luogo, /Immagina che tolgano il pane dalla tavola e le parole da un libro, i fiori dagli alberi e il sorriso dalle nostre labbra, / Cosa faranno ai nostri sogni?”.
La disperazione umana di due solitudini si intreccia in questo film di Vahid Jalilvand, lievemente flemmatico ma intenso e significativo, pregno di un’atmosfera inquietante e scura al tempo stesso, ambientato per la maggior parte nell’appartamento di Alì, un uomo quasi cieco e ormai arreso alla vita.
La scena iniziale, che già suggerisce il dramma che lentamente si andrà a costruire, si apre con Alì che tenta il suicidio soffocandosi con una busta di plastica, ed è interrotto prontamente dalle ricerche di una fuggitiva che ha perso di vista il suo bimbo e si è rifugiata nel suo palazzo.
La donna, scappata all’ arresto a seguito di una protesta di lavoratori, si rifugia impaurita proprio nel suo appartamento.
Alì non la vede ma la sente, comincia a intuire la sua presenza e passo dopo passo, Leila ed Alì costruiscono un rapporto fatto di poche parole, di un dialogo essenziale e di piccoli ma importanti gesti di cura.
Lui è stanco della vita e delle sue tristi abitudini quotidiane, lei, è una donna che si nasconde e che al tempo stesso soffre la mancanza del figlio, quindi sempre disperata e tormentata.
Due esseri umani fragili che per un istante riescono a incontrarsi e in un modo inusuale, cercano di fidarsi l’uno dell’ altra.
Le singole scene che si svolgono nel desolante e sciatto appartamento del protagonista, sono costruite di gesti minimali, nevrotici e di parole interrotte, quasi come un singhiozzo continuo o un respiro mai goduto fino in fondo.
Un ritmo che ha la cadenza e le pause di un dramma teatrale, consumato in una dimensione senza tempo da due esseri umani.
L’ atmosfera che si respira per tutto Beyond the Wall (titolo internazionale del farsi Shab, Dakheli, Divar) molto ben realizzata, è una sensazione di ansia costante per la situazione di incertezza e di eterna sospensione che domina i protagonisti: un limbo spazio temporale che costringe entrambi a un incontro che ha qualcosa di vagamente umano, nella disperazione della loro vita.
Nel frattempo, Alì riceve lettere, che non può leggere, da una donna misteriosa che sembra aver aiutato in circostanze legate alla perdita della sua vista, mente Leila soffre di pesanti crisi epilettiche.
A tratti, questo clima intimo, sofferente e anche poetico, se vogliamo, viene spezzato dalle scene in esterna, quelle davanti alla fabbrica nel corso delle proteste e del brutto incidente del bus che trascina a fatica gli arrestati. Il ritmo flemmatico degli spazi interni viene quindi interrotto dal susseguirsi incessante degli eventi esterni, che sembrano procedere alla massima velocità, mentre nell’appartamento di Alì, tutto sembra tacere, o quasi. Una rincorsa folle degli eventi con una cronologia che verrà svelata sul finale.
Leila, donna misteriosa e tormentata, diventa lentamente l’ unico rifugio possibile nel mondo sfocato dell’uomo. La cura di Alì – per così dire-per la donna diventa infatti una piccola boccata d’ aria e sembra regalargli per un momento una nuova speranza e restituire un senso più ampio alla sua vita.
Un finale inaspettato e sorprendente cambierà le carte in tavola, lasciando un senso di amaro in bocca.
Costruito secondo un gioco ad incastro tra i due protagonisti perfettamente funzionante, Beyond the Wall racconta con sincerità e passione il bisogno di credere, anche in condizioni di esasperata disperazione, alla luce della speranza e a un filo di umanità. Appassionato e intenso.
Beyond the Wall (Shab, Dakheli, Divar)– Regia e sceneggiatura: Vahid Jalilvand; fotografia: Adib Sobhani; montaggio: Vahid Jalilvand; musica: Olafur Arnalds, Mohammadreza Shajarian; interpreti: Navid Mohammadzadeh, Diana Habibi, Amir Aghaee, Saeed Dakh, Danial Kheirikhah, Alireza Kamali; produzione: Ali Jalilvand; origine: Iran; durata: 126’.