Brotherhood di Francesco Montagnier

  • Voto
3.5

Nella entrante settimana post-pasquale, vorremmo segnalare due importanti opere, particolarmente interessanti per coloro (ma non solo) che amano il cinema cosiddetto documentario o quanto potrebbe rientrate sotto questa definizione troppo omnicomprensiva e tradizionale. Oltre a Californie  di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman dalle “Giornate degli Autori” di Venezia 2021, esce anche il film che ha vinto il Pardo d’oro come miglior film nella sezione “Cineasti del presente” dell’ultima edizione del Festival di Locarno: Brotherhood.

Autore di questa insolita co-produzione italo-ceca, è il veneto Francesco Montagnier che aveva studiato regia alla FAMU, la celebre scuola di cinema di Praga – e ciò probabilmente lo ha aiutato a mettere su il suo progetto internazionale che ha come tema e tratta una famiglia bosniaca di pastori.

Fattosi notate a suo tempo alla Mostra di Venezia del 2014 con Animata resistenza, il suo primo documentario di lungometraggio, il ritratto dell’animatore e regista marchigiano Simone Massi – cofirmato con Alberto Girotto e insignito del Premio “Venezia Classici” -, dal 2016 Montagnier si è impegnato nella lunga realizzazione del suo secondo progetto di cinema del reale che ha visto, come si accennava, la luce schermica l’anno scorso nel Festival svizzero (ed è stato presentato in anteprima italiana a Roma a “Alice nelle città” sempre nel 2021).

Simile un po’ in questo al certosino lavoro campano di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, anche Brotherhood è incentrato sul tema della maturazione adolescenziale, condotta con il processo dell’osservazione di lunga durata. In questo caso non sono cinque gli anni in cui l’autore osserva i suoi eroi ma forse la metà. Al centro del film troviamo tre fratelli – Jabir, Usama e Uzeir – che campano di pastorizia in un’isolata, sperduta valle della Bosnia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel corso della loro vita i ragazzi hanno dovuto sottostare sempre alla legge del padre Ibrahim, un predicatore islamista rigido e radicale. Ma nel momento in cui l’uomo, con l’accusa di terrorismo per aver cercato di reclutare combattenti islamici in un suo viaggio in Siria, viene condannato e deve scontare due anni di carcere, i figli rimangono da soli, non più costretti a seguire le leggi paterne e patriarcali, imposte loro sino a quel momento. E così possono o potrebbero sperimentare una libertà per anni loro negata e intraprendere un percorso di crescita forse autonomo.

Il bello del rigoroso film di Francesco Montagnier sta nel fatto che – durante il pedinamento che compie nel corso del tempo, apparentemente più di due anni – resta sempre un’opera aperta che non ci indica mai una sicura direzione, così come diverse sono le strade che i tre ragazzi intendono o pensano di prendere – prima del finale (o semifinale) in cui il padre tornato dal carcere fa un bilancio delle sue volontà che aveva trasmesso ai figli.

E così più che le scorciatoie o le facili soluzioni di pragmatica, restano fisse nella memoria dello spettatore i tanti piccoli ma non indifferenti interrogativi che ci lascia. In primis il rapporto di questa gente con l’Occidente o l’occidentalizzazione e la modernità (simboleggiata dai telefonini che soprattutto il più piccolo ha sempre in mano), il dilemma soprattutto inconscio di compire scelte morali, umane e religiose che attraversano i protagonisti, senza magari che ci riflettano sopra molto intellettualmente. E il tutto viene incastonato in un paesaggio ancestrale e antico dove le pecore vengono uccise dai lupi o altri animali selvaggi, splendidamente reso dalla fotografia di Prokop Soucek.

Un film certo aspro e a tratti non semplice da seguire, così come la dura vita rurale all’addiaccio che ci mostra. Ma ne vale la pena. Vedere per credere.

In sala dal 21 aprile


Brotherhood – Doc. – Regia: Francesco Montagner; sceneggiatura: Francesco Montagner, Alessandro Padovani; fotografia: Prokop Soucek; montaggio: Valentina Cicogna;  produzione: Nutprodukce e Nefertiti Film con Rai Cinema; origine: Italia /Repubblica Ceca, 2021; durata: 97’; distribuzione: Nefertiti Film.

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