Des Teufels Bad (Il bagno del Diavolo) di Veronika Franz e Severin Fiala (Festival di Berlino – Concorso) – Orso d’argento per Il contributo artistico

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Siamo stati molto colpiti e sorpresi da Des Teufels Bad (letteralmente “Il Bagno del Diavolo”), una rivisitazione al femminile di un genere storico del primo “Nuovo cinema tedesco”, l’Heimatfilm critico di fine anni Sessanta tipo Scene di Caccia in Bassa Baviera (1969) di Peter Fleischmann.  È un film questo – a rappresentare l’Austria nel Concorso della Berlinale – dalle tinte macabre, nella fattispecie un thriller psicologico basato su un capitolo molto inquietante e quasi mai affrontato nella storia occidentale. Si tratta del disturbate fenomeno sociale, durato secoli, riguardante la libertà delle donne rispetto alla malattia mentale, e sulla difficoltà di considerarla tale, nonché alla volontà di potersi togliere la vita senza dover incorrere nel peccato cattolico del suicidio come atto contro l’amore di Dio.

Si intuisce immediatamente come la psiche femminile già provata da condizioni socio-culturali di infimo livello, potesse essere messa a dura prova, soprattutto nelle classi meno abbienti come quella ritratta nel film diretto da Veronika Franz e Severin Fiala con protagonisti la brava Anja Plaschg – la cantante e cantautrice austriaca conosciuta come Soap&Skin -, David Scheid e Maria Hofstätter.

Quale ambientazione più suggestiva che la campagna austriaca, in cui il putridume della palude e i mostruosi pesci, dalle enormi bocce (ricordano molto i quadri infernali di Hieronymus Bosch) sono evocativi di quella parte melmosa delle coscienze, in uno stato delle menti umane che tende a semplificare fatti iperstratificati senza mai soffermarsi al di là delle credenze religiose, a tratti sostituite dalla superstizione.

Senza avere una collocazione storica, tutti gli elementi descrittivi evocano una vicenda medievale, in realtà la storia è ambientata nel XVIII secolo: pieno illuminismo. Qui invece che il progresso, troviamo solo desolazione, fatica, miseria. Le abitazioni non sono che punti circondati da fitte, poderose foreste.

L’incipit della storia è quanto di più malaugurante si possa immaginare: una donna viene condannata a morte dopo aver ucciso un bambino, lanciandolo in una cascata. Di notevole crudeltà e truce voyeurismo sono i particolari delle mutilazioni inflitte alla infanticida.

Nel frattempo, Agnes, la giovane protagonista, sposa il fidanzato e si prepara candidamente a una vita da moglie, dopo aver festeggiato con grande entusiasmo e gioia. Immediatamente dopo il matrimonio, la testa e il cuore iniziano a sentirsi pesanti. Giorno dopo giorno, si ritroverà sempre più oppressa e schiacciata in un sentiero oscuro e solitario, in cui la depressione e i pensieri più funesti inizieranno ad emergere come unica via d’uscita dalla sua prigione interiore.

Anche la colonna sonora è stata scritta dall’attrice protagonista, la già citata Anja Plaschg, completando un cerchio anche dal punto di vista melodico, in cui suoni e rituali, diventano un contenitore del disagio psicosociale delle donne, costrette a filtrare qualsiasi sfortuna attraverso i loro corpi e le loro anime, imprigionate in destini assurdi, in cui molto spesso a costo di poter essere assolte dai loro peccati  e potersi congedare da questa vita, preferivano in stati mentali molto alterati, trasformarsi in assassine.

Uscirà anche in Italia con Movies Inspired


Des Teufels Bad Regia e sceneggiatura: Veronika Franz e Severin Fiala; fotografia: Martin Gschlacht; montaggio: Michael Palm; interpreti: Anja Plaschg, David Scheid,  Maria Hofstätter; musiche: Anja Plaschg; produzione: Ulrich Seidl Filmproduction, Heimatfilm; origine: Austria/Germania, 2024; durata: 121 minuti.

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