Don’ t worry darling tutto va alla perfezione nel mondo ideale, costruito nel deserto, di Alice e Jack, perché la coppia vive in un piccolo microcosmo di famiglie felici e sempre sorridenti, benestanti e senza i noiosi problemi del vivere quotidiano – dovremmo essere, su o giù, negli anni Cinquanta.
Sembrerebbe una perfezione quasi irreale, fatta di donne bellissime ed eternamente disponibili, che tanto somigliano alle mogli accomodanti di La donna perfetta ( F. Oz, 2004), tutte disegnate su misura per una comunità idilliaca, proprio come era Nicole Kidman nel film appena citato.
E in questa seconda opera di Olivia Wilde non si tratta di una perfezione raggiungibile con qualche crepa già visibile, non è la crisi della famiglia alto-borghese americana, annoiata e frustrata da una vita mediamente agiata ma noiosa (come per American Beauty, S. Mendes, 1999). Qui il fulcro della storia sta nell’ inquietante effetto patinato di un mondo inesistente e troppo lontano, che, ad un certo punto, in nome della ricerca di una difficile e indicibile verità, comincia a scricchiolare e a mostrare la sua realtà.
In questa comunità popolata da “fortunati” abitanti, infatti, domina il concetto di ottimismo sociale, portato avanti con entusiasmo e sicurezza dal leader Frank ( un efficace ma non strabiliante Chris Pine).
Le donne trascorrono il loro tempo con le vicine, tra shopping e lusso mentre gli uomini sono impegnati nel Victory Project, un progetto segretissimo di cui le loro compagne non possono sapere i dettagli.
Dopo la sparizione di una delle donne della comunità, Alice comincia a porsi qualche domanda, ha ragionevoli dubbi sul lavoro di suo marito e oltrepassa la zona rossa, luogo strettamente vietato a tutti gli abitanti. E farà di tutto per vederci chiaro.
Alla sua seconda regia, Olivia Wilde dirige un thriller potenzialmente interessante con buone premesse ma che, progressivamente, perde di ritmo e intensità.
Florence Pugh (già protagonista molto credibile in Midsommar, 2019) interpretando il cambiamento repentino da moglie perfetta a donna dapprima lievemente sospettosa e poi in cerca della verità, riesce a connotare il suo personaggio della giusta carica e tensione drammatica.
Inizialmente la donna ha un sesto senso, solo qualche visione, poi incubi sporadici ad occhi aperti, infine la certezza che dietro quella verità apparente e perfetta si possa nascondere altro, una situazione ben più inquietante.
Il mondo idilliaco è controllato e costruito alla perfezione, qualcuno dietro le quinte tira le fila del gioco e fa muovere i suoi uomini proprio come dei burattini.
Ma Alice è sola e quando i flashback diventano insistenti e il dubbio somiglia a una certezza, diventa necessario conoscere la verità e quella vita perfetta comincia a sgretolarsi sotto il peso della crescente consapevolezza che la vita non è in quella zona limitata, ma è qualcosa di diverso, più imperfetto forse, ma che le somiglia di più.
Il punto debole del film di Olivia Wilde sta, a nostro giudizio, nella struttura narrativa: l’ idea di una comunità idealizzata e perfetta è ben sviluppata, ma la miccia che tiene alta l’ attenzione, si spegne con l’ evolversi della storia, proprio perché il passaggio da uno stato di inebetimento alla realtà dei fatti è troppo rapido e il finale risulta affrettato e non altrettanto approfondito come nelle premesse.
Don’t worry darling rimane comunque un film godibile, grazie a una buona (anche se non originale) idea di partenza e all’ interpretazione azzeccata e particolarmente intensa di Florence Pugh.
Don’t Worry Darling – Regia: Olivia Wilde; sceneggiatura: Katie Silberman, fotografia: MatthewLibatique; interpreti: Florence Pugh, Harry Styles, Chris Pine, Olivia Wilde, KiKi Layne, Gemma Chan; produzione: New Line Cinema (Richard Brener, Celia Khong) Vertigo Entertainment (Miri Yoon, Roy Lee); origine: Usa 2022; durata: 123′; distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia.