Familia di Francesco Costabile

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Se un regista come il cosentino Francesco Costabile si pone costantemente con l’orecchio sul selciato ad ascoltare il ritmo del mondo che lo circonda, può anche capitargli di presentare alla Mostra di Venezia un film basato sulla vera storia di un parricidio nel giorno in cui le cronache sono funestate dalla strage di Paderno Dugnano: l’agghiacciante vicenda del diciassettenne di buona famiglia che ha ucciso la propria famiglia per la semplice ragione che se ne sentiva oppresso.
Familia, così si intitola il secondo lungometraggio diretto da Costabile – il quale precedentemente aveva già saputo indagare il presente girando Una femmina; in cui, ispirandosi a fatti realmente accaduti, aveva raccontato la storia di una delle prima ribellioni di una donna alla Ndrangheta – è tratto dal libro autobiografico Non sarà sempre così di Luigi Celeste, che nel 2008 uccise il padre venendo perciò condannato a una pena di reclusione di nove anni.
Qui tuttavia – a differenza del fattaccio di cronaca di cui dicevamo, che parrebbe essere stato generato da un buio della mente più amorale che immorale – il movente esiste: Luigi detto Gigi è quasi costretto a sopprimere il padre con una serie ripetuta di fendenti poiché questi è un uomo violento, dalla natura inemendabile. Ciò che ci porta all’altro tema affrontato dal film: la violenza sulle donne, talché il film di Costabile sembrerebbe davvero porsi come un eloquente compendio delle inquietudini più profonde che percorrono la nostra contemporaneità, connotandola significativamente. Come si rileva altrove sulle colonne di questa webzine, il tema della violenza di genere sembra essere ormai ineludibile in questa epoca segnata dall’empowerment femminile post me-too; e lo è stato significativamente e con risultati clamorosi – giova sempre ribadirlo – a partire dal successo di critica e pubblico segnato dall’esordio dietro alla macchina da presa di Paola Cortellesi, C’è ancora domani. Come si sarà capito si tratta del cuore anche di Familia, che affronta però l’argomento utilizzando molto efficacemente i codici dei generi cinematografici “dal thriller psicologico, al cinema horror fino al film a tematica sociale”, come spiega il suo regista, che lo considera tuttavia soprattutto “un melodramma nero”.

Ci riesce perché al talento già dimostrato nella sua opera prima, Costabile unisce la tragica veridicità del libro di partenza, e l’intelligenza creativa di una casa di produzione come la Tramp Limited di Attilio De Razza (che ha prodotto tutto il cinema di Edoardo De Angelis e buona parte di quello del duo Ficarra e Picone, incluso La stranezza di Roberto Andò), qui supportata dalla Indigo di Nicola Giuliano e dalla distribuzione mainstream di Medusa. Ne giova il casting, che raduna una serie di interpreti molto ispirati come Barbara Ronchi e Francesco Di Leva, che rendono con la loro recitazione sopraffina le scene di sopruso domestico più intense di quanto ci si aspetterebbe se fossero rappresentate in modo banalmente brutale. Si veda dal tale punto di vista la scena in cui il passaggio da un amplesso amoroso a una sopraffazione prima psicologica che fisica è reso tramite gesti tanto più terrificanti quanto più si limitano ad alludere a detta violenza piuttosto che mostrarla platealmente. Magistrale pure la prona subalternità autolesionista e sottilmente masochista in ragione della quale la “mater dolorosa” di Barbara Ronchi si consegna docilmente al suo carnefice; con un meccanismo piscologico apparentemente inspiegabile e persino perverso, che tuttavia è – stando a quanto ci spiegano sociologi e psichiatri – precisamente quanto accade nella realtà.
Restando al cast (che contempla anche Tecla Insolia, già adorabile protagonista della serie-tv L’arte della gioia), ci piace sottolineare la crescita professionale del giovane protagonista, Francesco Gheghi, già applaudito finora in Mio fratello rincorre i dinosauri di Stefano Cipani e in Padrenostro di Claudio Noce (sia detto almeno tra parentesi: si tratta di un prospetto da seguire con molta attenzione; se riceverà i giusti copioni, potrebbe diventare un interprete indispensabile del nostro star-system, una sorta di Ewan McGregor di casa nostra). Qui recita il ruolo del parricida il quale, prima di compiere quel gesto estremo e tuttavia necessario, ci era stato rappresentato come militante della destra estrema di chiara marca neo-fascista, con una cifra stilistica piuttosto efficace e decisamente verosimile. A proposito di quanto si diceva al principio sulle virtù “cronachistiche” di questo tipo di cinema, valga riferire della sequenza in cui si almanaccano i dieci comandamenti del buon fascista, menzionando quella X Mas che è ritornata inopinatamente di recente alla ribalta politica pervia di certe esternazioni piuttosto improvvide. Le quali pure contribuiscono a comporre il fosco mosaico che questo film, piuttosto onestamente, compone. Perché pur dentro un impianto narrativo e drammaturgico alquanto convenzionale (di genere, come si diceva), Familia si pone come uno specchio impietoso dei nostri tempi, che non può lasciare indifferente lo spettatore, anche solo nella misura in cui lo turba e – perché no? – lo irrita.

In anteprima alla Mostra di Venezia 2024 (Orizzonti Concorso) Premio Orizzonti per il migliore attore a Francesco Gheghi 
In sala dal 2 ottobre 2024.
Sabato 5 ottobre alle ore 18.15 al Cinema Giulio Cesare e alle ore 20.45 al Cinema Quattro Fontane di Roma, il regista Francesco Costabile e gli interpreti Francesco Gheghi e Marco Cicalese incontreranno il pubblico in sala al termine della proiezione. 


FamiliaRegia: Francesco Costabile; soggetto: tratto da Non sarà sempre così di Luigi Celeste; sceneggiatura: Francesco Costabile, Adriano Chiarelli, Vittorio Moroni; fotografia: Giuseppe Maio; montaggio: Cristiano Travaglioli; scenografia: Luca Servino; costumi: Luca Costigliolo; musiche: Valerio Vigliar; interpreti: Francesco Gheghi, Barbara Ronchi, Francesco Di Leva, Tecla Insolia; produzione: Tramp Limited con Indigo; origine: Italia, 2024; durata: 124 minuti; distribuzione: Medusa.

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