Due parole di introduzione: notoriamente non è la prima volta che ricorre sullo schermo la figura del pilota e imprenditore automobilistico, l’ingegnere Enzo Ferrari (1898-1988), il costruttore della celebre Rossa di Maranello. Ricordiamo, ad esempio, vent’anni fa, nel 2003 la miniserie tv diretta da Carlo Carlei Ferrari, con Sergio Castellitto nella parte del protagonista. Oppure più di recente e in maniera molto più tangenziale Le Mans ’66 – La grande sfida (Ford v Ferrari, 2019, per la regia di James Mangold) dove il nostro personaggio era incarnato da Remo Girone.
Trai film più attesi di Venezia, dunque, questo Ferrari non solo per il suo soggetto italiano ma anche per il come back di un grande regista come Michael Mann che non ritrovavamo dietro la mdp dal thriller informatico Blackhat (2015) e, ancora più indietro nel tempo di sei anni, da Nemico pubblico – Public Enemies, girato nel 2009. Allontanatosi un po’ dagli schemi di genere del cinema d’azione di cui è un riconosciuto maestro, a partire dalla sceneggiatura di Troy Kennedy Martin (a sua volta ispirata al volume del 1991 del giornalista Brock Yates Enzo Ferrari: The Man, The Cars, The Races, The Machine), ha qui realizzato un Biopic sul personaggio dell’imprenditore modenese, incentrato, però, su un solo anno cruciale della sua vita, il 1957.
Nell’estate di quell’anno, infatti, si consuma una profonda crisi dell’ex-pilota Enzo Ferrari (Adam Driver), quando si profila la bancarotta dell’azienda fondata da lui e da sua moglie Laura (Penélope Cruz, forse non completamente in parte) un decennio prima, subito dopo la fine della guerra.
Inoltre l’uomo conduce da diverso tempo una vita parallela con una donna Lina Lardi (Shailene Woodley) che ha sostituito Laura nel suo cuore parecchio indurito, ha avuto da Lina un figlio di cui tutta Modena sa (tranne la moglie), deve ancora superare il trauma della morte del primo figlio e di due amici piloti oltre a cercare dei partner che possano salvare la sua azienda. In questo difficilissimo momento l’uomo scommette tutto, battendo il suo rivale concittadino Maserati, sulla vittoria della Mille Miglia, una competizione automobilistica stradale di granfondo disputata in Italia in 24 edizioni tra il 1927 e il 1957 con partenza e arrivo a Brescia nella quale i concorrenti arrivavano fino a Roma attraverso il centro-Nord Italia. L’edizione del 1957, come si racconta nel film, finì in maniera tragica ma su questo sospendiamo le troppe informazioni per non togliere al nostro lettore il piacere di andare vedere il film.
Ferrari, dunque, come si intuisce, è una complessa opera cinematografica che mira a raccontare insieme pubblico e privato, concentrato il tutto, in una sorta di magamontaggio parallelo, in un solo momento topico della vita del protagonista quando cercherà di sanare le ultime dolorose sconfitte della vita in un colpo solo, puntando sul futuro della sua azienda e della sua esistenza personale, tramite la preparazione e lo svolgimento di una gara automobilistica. Bisogna dire che, a nostro avviso, il film di Mann piacerà soprattutto agli amanti nostalgici della “Nuova Hollywood” e del cinema autoriale di quel periodo che non a chi ha visto nel regista di Chicago un cineasta sempre innovativo oltre che ecclettico.
Da questo punto di vista il suo ultimo lavoro si ascrive al 100% ad un modello cinematografico estremamente classico dove melodramma e action sono strettamente legati in un unicum, in più con un soggetto italiano che facilita il tutto. Sembrerà un paradosso e faccio un paragone molto azzardato ma il primo film che mi è passato in mente dopo una mezz’ora è stato Il Padrino di Francis Coppola, non tanto ovviamente il soggetto ma per l’intreccio e gli intrighi che vengono raccontati. Prendete pure il paragone alla lontana ma Ferrari proprio questo è, un film ormai di un classicismo estremo da secolo scorso, senza però che si possa parlare di stucchevole accademismo.

Detto ciò, ce ne fossero tanti altri di film potenti (a tratti) come questo. Le sequenze d’azione della gara della Mille Miglia sono entusiasmanti, grande cinema – forse meno, anzi senza forse, quelle familiari dove si descrivono i problemi intimi di un personaggio che simpatico proprio non appare. Enzo è un uomo duro, urticante e respingente, piagato da molte disgrazie personali, un Capo che non cerca compromessi anche quando potrebbero essere necessari. Ma poi alla fine la vittoria sarà la sua. A interpretarlo (benino) Adam Driver che, dopo House of Gucci, è ormai aduso nei film americani a interpretare gli imprenditori italiani noti in tutto il mondo. E ovviamente poi c’è per noi il fastidioso effetto di vedere tutti i personaggi nostrani parlare inglese – paradossalmente è uno dei rarissimi casi in cui a vederlo doppiato (speriamo al meglio) il film ci potrebbe guadagnare. Inoltre, per fortuna, mancano del tutto (e qui credo che la coproduzione italiana abbia molto aiutato) quei soliti cliché con cui viene raccontato d’oltreoceano il Belpaese – meno male niente mandolini …
Dunque, per concludere, un film bello ma non bellissimo, forse non ineccepibile – pensiamo che, almeno a questa prima visione, non entrerà ai primi posti della nostra personale hit parade nella filmografia di Michael Mann. Ma come accennato in precedenza ce ne fossero tanti altri di film così. Quattro stelle anche per affetto ad un grande regista.
In sala dal 14 dicembre 2023
Ferrari – Regia: Michael Mann; sceneggiatura: Troy Kennedy Martin dal romanzo Enzo Ferrari: The Man, The Cars, The Races, The Machine di Brock Yates; fotografia: Erik Messerschmidt; montaggio: Pietro Scalia; musica: Daniel Pemberton; scenografia: Maria Djurkovic; interpreti: Adam Driver, Penélope Cruz, Shailene Woodley, Sarah Gadon, Gabriel Leone, Jack O’Connell, Patrick Dempsey; produzione: STXfilms, Moto Productions, Forward Pass, Le Grisbi, Iervolino & Lady Bacardi Entertainment; origine: Usa/Italia, 2023; durata: 130 minuti; distribuzione: 01 Distribution.