Presentato come Evento speciale alle “Giornate degli Autori”, Sudan, Remember Us (titolo internazionale) è l’ultima benemerita fatica della documentarista Hind Meddeb (artista che fonda le sue radici culturali in Francia ma anche nei paesi del Maghreb) che ha alle spalle una intesa attività filmica, portando la sua macchina da presa in zone “dimenticate da Dio e dagli uomini” tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente. Nei suoi lavori, Meddeb ha sempre cercato di raffigurare popoli e territori partendo dalle complessità che il loro specifico binomio dipanano. Ha girato film in Marocco, in Tunisia e in Egitto, scegliendo di seguire le vicissitudini come le ripercussioni delle proteste sociali intraprese con coraggio dalle nuove generazioni durante i recenti capovolgimenti che hanno interessato i vari detentori del potere politico nei paesi citati. Inoltre, ha sempre più rivolto la sua attenzione verso chi in queste terre sceglie la libera espressione artistica, soprattutto la musica rap (con tutte le sue declinazioni sperimentali), per propagare e divulgare gli ideali di protesta e di ribellione.
Come già si evince dal titolo, questo documentario ci porta in Sudan, immediatamente dopo la destituzione, il 29 aprile 2019 (tramite un colpo di stato militare), del dittatore Omar al-Bashir (presidente dal 1989 al 2019), verso gli scenari della guerra civile che a tutt’oggi attanaglia il paese. Ne viene fuori un film prezioso che ancora una volta ci mostra quanto le forze della bellezza, quelle di chi sa che non ha nulla da perdere (tutt’altro), quelle dell’audacia che solo i giovani in certe condizioni sanno ancora esprimere, sfidando così il destino e allo stesso momento la fortuna, sono nonostante tutto ancora vive nei nostri spazi mondani. Tutto questo prende forma, attraverso lo sguardo di Meddeb, che si focalizza in particolare nel filmare i sogni dei giovani sudanesi che, anche solo per un attimo e per la prima volta, possono sperare in un futuro nuovo rispetto al passato recente per le loro vite. Un’esistenza desiderata fatta di autosufficienza e di giustizia, di libertà e di dignità. “Abbiamo molto oro, uranio e minerali”, gridano i sostenitori durante le 57 giornate di sit-in di proteste a Khartoum (prima e durante il massacro del 3 giugno 2019), facendo intendere che è possibile non dipendere dall’Egitto, dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti. Ma come la Storia ci insegna, è facile che le fragili democrazie iniziano a incrinarsi e i sogni si trasformano in cenere. Infatti, appena solo due anni dopo, i militari tornano di nuovo in strada per sedare con la violenza questi slanci vitali. Lo shock e la perplessità spengono l’entusiasmo. Alla fine, questi giovani, che si sono presi rischi altissimi per la loro incolumità, in parte sono riusciti poi a esiliare negli Emirati Arabi Uniti e in Egitto. Questi sono gli stessi paesi da cui i protagonisti delle proteste volevano l’indipendenza. In fondo, la democrazia in Africa resta alquanto inaffidabile tanto quanto la capacità dell’Europa di oggi di comprendere la complessità della politica africana.
Ma questi aspetti restano non molto indagati dal film. A parte indicare nei titoli di chiusura due numeri impressionanti, 12,7 milioni di sfollati e 20.000 morti dall’inizio del conflitto, Sudan, Remember Us opta per non fornire agli spettatori informazioni e contestualizzazioni solide, di non soffermarsi sull’eredità non innocua della colonizzazione europea, di non identificare la natura delle fazioni militari in lotta che hanno sconvolto dalle fondamenta la Nazione, le loro ideologie come le loro alleanze. La scelta artistica di rimanere interamente sullo scenario terribile della attuale situazione resta un punto di forza del film.
Come dal suo titolo, Sudan, Remember Us chiede probabilmente alla comunità internazionale di trascurare in un certo senso fatti e luoghi. «In Sudan, le persone recitano poesie alla stessa frequenza del respiro. Per loro è uno strumento di resistenza, che vien fuori dalle conversazioni, dalle manifestazioni, dalle scritte sui muri […]. Man mano che procedevo nella mia ricerca, ho percepito i contorni di una nuova era che definirei “post-islamista”. Durante i trent’anni di dittatura, la religione è stata usata per controllare la vita delle persone. I rivoluzionari sudanesi non vogliono più questo […]. Il Sudan si trova all’incrocio di mondi che ho frequentato fin dall’infanzia. I miei genitori hanno lasciato il Nord Africa negli anni Settanta alla ricerca della libertà in Europa […]. Questo film racconta il tentativo impossibile di cambiare. Di fronte a un esercito potente, come può un movimento pacifico far sentire la propria voce?». Parola di Hind Meddeb.
Sudan, Remember Us (Soudan, souviens-toi); Regia e sceneggiatura: Hind Meddeb; fotografia: Hind Meddeb; montaggio: Gladys Joujou; musica: Arthur H; produzione: Abel Nahmias e Michel Zana, Alice Ormières, Taoufik Guiga per Echo Films, Blue Train Films (TN), My Way Production Tounès (TN); origine: Francia/ Tunisia/ Qatar, 2024; durata: 76 minuti.