Immaginatevi Lilli Gruber che però fa in contemporanea ciò che la conduttrice di Otto e mezzo ha fatto e sta facendo in due fasi diverse, anchorwoman e inviata di guerra. La persona in questione si chiama France, come il paese dal quale proviene – e dove siamo lo si capisce nella prima scena perché France partecipa a una conferenza stampa che si svolge niente meno che all’Eliseo, alla presenza niente meno che di Emmanuel Macron, che evidentemente ha acconsentito, caso più unico che raro, all’ingresso da parte della troupe nel suo palazzo, anche se poi la scena è tutta costruita sul montaggio alternato.
Fra mille giornalisti che alzano la mano, la parola viene data proprio a lei, che puntualmente cercherà di mettere in imbarazzo il presidente, in parte forse anche riuscendoci. In queste prime sequenze apprendiamo tutto ciò che France ha raggiunto: una professione varia e ben pagata, una assistente che stravede per lei, quasi al limite di un rapporto omoerotico, la casa pazzesca che sembra a sua volta un palazzo pieno di mobili in stile, la famiglia costituita da un marito scrittore, forse non esattamente di successo (durante una lite fra i due apprenderemo che lei guadagna cinque volte più di lui) e rispetto a lei anche un po’ bruttarello, e il figlio decenne un po’ androgino e ribelle che si approfitta oltre ogni dire della scarsa presenza della madre, per cui quando c’è si fa viziare impunemente.
Dimenticavo: France veste rigorosamente Dior. La conosciamo all’apice della sua fama, non può girare per strada che tutti la fermano, adoranti. Non ci vuol molto a capire che, affinché il film possa ingranare, deve succedere qualcosa che metta in crisi questa vita apparentemente perfetta, dominata da questa beniamina del pubblico dotata di un ego smisurato. Ciò che puntualmente accade abbastanza presto, un banale incidente stradale dalle conseguenze neanche troppo tragiche innesta un meccanismo perverso che passo dopo passo declina nelle dimissioni dall’emittente televisiva fino a precipitare in un’autentica depressione che richiede una cura in un’apposita clinica, stile montagna incantata.
In che cosa consista la terapia che permette a France dopo qualche settimana di rimettersi in piedi e tornare, almeno in apparenza, più combattiva di prima non si capisce. È tutto estremamente vago e leggermente non plausibile in questo film, nel quale da un certo punto in avanti France diventa fragile, piange per un nonnulla, pur tornando in prima linea e tornando, come avveniva anche in passato, a fare dei reportage che sono un po’ sempre dei mezzi fake, per come sono costruiti. La situazione, sul finire, vira anche verso toni autenticamente tragici che non racconteremo.
La sceneggiatura del film convince poco, piena com’è di ripetizioni. Se il film si lascia guardare è praticamente solo in grazia di Léa Seydoux, bella e brava che tiene sulle proprie spalle l’intera pellicola, e il regista Bruno Dumont, che ricorre a un uso smodato di lenti carrelli in avanti a inquadrare il viso di Léa, lo sa, ingegnandosi a esaltare le qualità dell’attrice. Abbiamo provato, stante il nome della protagonista a immaginare che il film sia da leggersi come un’allegoria del paese, anche tenendo conto del cognome di France che suona De Meurs, qualcosa di molto simile a “moeurs” che in francese significa “costumi”, nel senso etico del termine. Come a dire: la protagonista da vedersi come esemplare dell’etica francese, del rapporto ancora in fondo coloniale con il terzo mondo, della spregiudicatezza (non solo francese) dei media, dei conflitti di classe ed etnici? Può darsi, ma come molte altre cose del film, anche questa potenziale intenzione del regista e sceneggiatore non sta completamente in piedi.
Il film è una coproduzione europea che vede coinvolte la Francia, il Belgio, la Germania (le scene in montagna sono girate in Baviera, Juliane Köhler, ovvero Eva Braun nella Caduta e Aimée di Aimée & Jaguar fa una gustosa comparsa nel ruolo di una paziente abbastanza fuori di testa nella scena di gran lunga più comica dell’intero film) e anche l’Italia, segnatamente la Puglia, dove sono state realizzate tutte le varie sequenze “africane”, “medio-orientali” e mediterranee, ciò che ulteriormente spiega il carattere posticcio di tutte quelle sequenze in cui, elmetto in testa, vediamo France De Meurs inviata di guerra.
In sala dal 21 ottobre
Cast & Credits
France; Regia e sceneggiatura: Bruno Dumont ;fotografia: David Chambille; montaggio: Nicolas Bier ;musica: Christophe; interpreti: Léa Seydoux (France De Meurs), Blanche Gardin (Lou), Benjamin Biolay (Fred), Gaëtan Amiel (Joseph), Juliane Köhler (madame Arpel), Marc Bettinelli (Lolo); produzione: 3B Productions, Red Balloon Film, Tea Time Film & Ascent Film con Rai Cinema, Scope Pictures, in coproduzione con Arte France Cinéma Bayerischer Rundfunk, con il contributo di MIC; origine: Francia, Belgio, Germania, Italia 2021; durata: 133′.