È tutto nuovo per me, Lee.
È tutto lì, nell’adolescenza, perché alla fine Ripeness is all e per ogni cosa c’è una prima volta, per la sigaretta il sesso l’amore, e così per la maturità. Maren (Taylor Russell) si trova d’improvviso a doverlo essere, matura: il padre l’ha abbandonata per la sua natura e lei si trova tanto sola quanto cannibale, e quindi sbagliata. Fugge perché a quello è abituata, e sul cammino scopre di essere meno sola e diversa del previsto: è in realtà un mondo di cannibali quello americano (anche se non tutti mangiano). Sully per esempio è un vecchio cannibale che ha delle regole:
Mai mangiare un mangiatore.
E insieme a Maren fa una cosa importante: condivide un pasto. Lee (Timothée Chalamet) invece regole non ne ha che non siano quelle della sopravvivenza. E Lee è giovane, e bello. Maren e Lee iniziano a fare coppia fissa on the road, alla ricerca della madre di lei: Maryland, Indiana, Ohio, Minnesota sono gli Stati attraversati, e ogni confine varcato equivale a un passo verso la scoperta. Di sé stessi e dell’altro. Perché la conquista della maturità non è altro che un divorarsi l’anima, la propria e quella altrui, e applicandole la mandibola del cannibalismo l’adolescenza non viene né smorzata né amplificata soltanto prende materia. E si può dire? Diventa meravigliosamente violenta, cruda. Insomma, i cannibali di Guadagnino esistono e se non sono fra noi, almeno sono là, sulle strade degli Stati Uniti d’America, a cercare salvezza.
Call me by your name. 5 anni fa Guadagnino ci sussurrava che conosceva un luogo del Nord Italia dove potevano avvenire cose. Prendeva un adolescente, gli metteva una pesca tra le mani, gliela faceva aprire a forza e eiaculare dentro. Rendeva così evidente cosa fosse provare il desiderio, quello del primo amore. E la si guardava quella scena, non si storceva gli occhi né si sorrideva perplessi, perché era coerente benché e perché estrema, e coerente lo era anche perché ciò che la circondava la reggeva. Un luogo di bellezza che sapeva coniugare idillio, classicità, edonismo e giovinezza, insieme a una decisa ricerca dell’estetico filmografico. L’idea alla base era chiara e decisa: prendo l’adolescenza e la inserisco lì dentro, in quel mondo preciso, appunto dolce e idilliaco. Se lo spettatore accetterà di entrarvi, il risultato verrà da sé. E così è effettivamente stato.
Suspiria. 4 anni fa Luca Guadagnino ci diceva che conosceva una Berlino nel quale poteva avvenire un sabba crudo e netto. Senza sconti di sangue, anzi, con profluvi e corpi splendidamente spezzati. Non si risparmiava nulla. Anche quella scena la si guardava senza stupirsi più di tanto, o meglio, senza trovarla stonata: un’americana in una Germania spaccata in due ne era il suolo fertile, lo strumento una danza scomposta e feroce, le streghe il fine. Ne usciva un prodotto volutamente lontano da quello di Dario Argento, una cover più che un remake, e una volta accettata la propria responsabilità di entrare in quel mondo, ancora definito e attento all’estetica, si poteva godere di quel Sabba totale, senza sconti alcuni. E nemmeno desiderandolo poi tanto lo sconto.
Bones & All: Ora il regista palermitano ci racconta di un luogo chiamato Stati Uniti d’America che negli anni ’80 era il regno della gioventù maledetta, in parte perché la decadenza sbattuta sempre piace, in parte perché l’America è un luogo nato on the road sulla quale essere disperati è più uno stile di vita che un momento della stessa. Lì una bambina, durante un pigiama party con le amiche, stacca un dito a morsi all’amichetta, lì due innamorati si nutrono di un corpo in un campo. E di nuovo quelle scena le si guardano senza battere ciglio, e ancora si crede a ciò senza avere sospensioni d’incredulità, anzi, iniziando a covare il sospetto che forse sì, in quell’America profonda il cannibalismo non è qualcosa di impossibile. Anzi, è assolutamente credibile. I cannibali di Guadagnino esistono, lo si ripeta, e si dica invece altro con coscienza: se il materiale di base era adolescenza, cannibalismo, USA, storia d’amore, quanto era la possibilità di sbagliare e floppare? E Guadagnino non solo non ha fatto male, ma nemmeno ha fatto bene. Ha fatto anzitutto una sua opera.
Perché Guadagnino ha quella capacità di creare mondi e di non fare sconti allo spettatore per farlo entrare. Perché i suoi film hanno carattere: se un corpo deve spezzarsi, lo si spezza, con saliva e contorsioni al seguito; se un corpo deve essere mangiato, la carne va strappata lembo a lembo; se un adolescente bacia un altro adolescente, lo bacia come bacia un adolescente. Male e tanto. La fedeltà, prima che allo spettatore, va alla storia e a chi la filtra, a Guadagnino stesso. E quindi avremo quei suoi amati anni 80’, Italia America Berlino, avremo soundtrack soft o tensivo che accompagna e direziona la storia, avremo una forte ricerca dell’estetico, avremo la musa del regista (Timothée Chalamet), avremo un movimento di mdp che non perde mai di vista i cambi emotivi dei suoi protagonisti, avremo dei buchi e eccessi, ma soprattutto avremo un mondo, quello creato, che giustifica i buchi e gli eccessi. Un mondo nel quale l’adolescenza è filtrata dal cannibalismo ma senza che questo secondo possa mangiarsi la prima, anzi, riuscendo ad amplificarla: gli adolescenti non sono diventati cannibali, lo sono sempre stati e sempre hanno mangiato. Come? Fino all’osso, appunto
Bones & All
In sala dal 23 novembre
Bones and All – Regia: Luca Guadagnino; sceneggiatura: David Kajganich; fotografia: Arseni Khachaturan; montaggio: Marco Costa; scenografia: Elliott Hostetter; costumi: Giulia Piersanti; musica: Trent Reznor, Atticus Ross; interpreti: Taylor Russell, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, André Holland, Chloë Sevigny, David Gordon Green, Jessica Harper, Jake Horowitz, Mark Rylance, Francesca Scorsese; produzione: Frenesy Film Company e Per Capita Productions con The Apartment Pictures – società del gruppo Fremantle, Memo Films, 3 Marys Entertainment, Elafilm e Tenderstories. In co-produzione con Vision Distribution in collaborazione con SKY; origine: Italia/Usa, 2022; durata: 130; distribuzione: Vision Distribution.