“Perché è una cicatrice, se andava via con l’acqua era un trasferello. È una cosa che fa paura ma è anche una cosa bella. È la vita”
Strappare è sempre un’azione violenta. Lo è quando si dovrebbe lavorare di fino, farlo lungo i bordi di un foglio di carta, lo è ancora di più quando lo strappo è nella carne e nell’anima dell’uomo. Lì ago e filo possono solo salvare la superficie. Strappare lungo i bordi trasferisce il genio di Zerocalcare dalle pagine del fumetto alle immagini della serie tv, ne guadagna in fluidità (non solo) e porta con sé una generazione, quella Y, mai a suo agio in questo mondo, volente o nolente: è tenacia, o testardaggine, in entrambi i casi già sconfitta. Dopotutto, l’ottimismo è per chi scende a compromessi, l’umorismo per i resilienti.
Serie più vista su Netflix Italia in questi giorni dopo l’anteprima di due puntate alla Festa di Roma (https://close-up.info/4320-2/), il prodotto di Zerocalcare («ma ce stanno 200 persone dietro») è una classica vicenda calcariana nella quale la linea narrativa viene di continuo frammentata, per non dire appositamente ‘strozzata’, da parentesi umoristiche. Iperboli di overthinking nei quali il minimo gesto richiede l’intervento della coscienza – l’inseparabile Armadillo per voce di Valerio Mastandrea – e la più piccola decisione necessita di farsi sistema universale. La vicenda comunque c’è, una sorta di road movie a rallentatore: Zero è diretto a Biella, accompagnato da Sarah e Secco, dove lo aspetta qualcosa di negato, o meglio, dimenticato («Sai perché stai a parla’ ossessivamente de sto freddo, sì? / Perché se no devo pensa’ a dove stamo anda’»).
Là c’è qualcuno incontrato anni prima da Zero, Alice, una con cui aveva ‘battuto i pezzi’ e che gli assomiglia: «era come me. Non ce lo siamo mai detti, ma io so benissimo che lei continuava a studia’ perché, a conti fatti, non sapeva che cazzo fa’». Due persone che non guardano la vi(t)a per paura di ciò che potrebbero vedere, due esponenti di una generazione che era sicura «che la vita funzionasse così, bastava strappare lungo i bordi piano piano, seguire la linea tratteggiata di ciò a cui erano destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere. Perché avevano diciassette anni e tutto il tempo del mondo, come Achille e la tartaruga». E subito si aggiunge profeticamente: «Hanno mai avuto rimpianti ‘sti deficienti?».
Stappare lungo i bordi è una serie tv che non nasce da un screenplay originale, un fumetto, bensì è frutto di uno stile artistico preciso, quello calcariano. Parimenti quello ritorna, ma con una grande innovazione che non deve cadere in secondo piano: qui c’è un montaggio deciso dall’autore e non dal lettore, qui c’è un suono laddove tra l’inchiostro delle pagine non vi è. Così la voce dei personaggi prende vita per la bocca di Calcare stesso e al silenzio naturale della pagina se ne sovrappone un altro di silenzio, quello artificiale, come nelle ultime parole dell’Armadillo, taciute e posticipate per evitare che possano intaccare la bellezza del momento. La poetica di Zero ne guadagna di fluidità, di libertà di manovra, accompagnata da una colonna sonora fatta di accenni di musiche mai approdate al mainstream però adatte al momento. Sopra tutte l’intro musicale di Giancane, a richiamare quelle sonorità pop punk che sono la vera colonna sonora ideale della serie: la sfrontatezza timida che hanno gli scappati di casa, quelli con il consenso dei genitori.
Si parla infatti di una generazione, l’Y, i nati dopo il 1981 e prima del 1999. I figli ribelli del capitalismo, in parte abbandonati in parte in fuga da esso, vittime nostalgiche di un mondo, quello precedente, all’insegna dell’indeterminato, precursori di un mondo, quello futuro, (in)capace di vivere il precariato. Insomma, «che sta a fa’ tuo figlio? Mo’ sta a manna’ i curriculum». Una generazione vinta in principio ma non per questo pronta a deporre le armi. Magari quelle create dal capitalismo stesso, per esempio la solitudine del singolo, colui che si sente più piccolo degli altri e che di un isolamento dalla vita sociale ed emotiva fa il proprio scudo farcendolo con una buona dose di umorismo. Qualcuno come Zerocalcare, personaggio (e persona).
C’è chi come lui si isola per evitare accolli («ma se tieni lo stesso foglietto per dieci anni, anche se non lo strappi se ciancica ed è cartaccia dà butta’»), c’è chi vuole imparare a rispondere («i cazzotti se pigliano, bisogna imparare a incassarli»), c’è chi mai se posto il problema («Annamo a pija’ il gelato?»), ma tutti si riconoscono come fili d’erba, godendo e subendo la leggerezza e il peso di non essere poi tanto, nulla al mondo. Anche dopo aver elevato una semplice scelta («pizza margherita o pizza stocazzo?») a questione di vita o di morte, alla fine «il mondo ha girato comunque» e tu sei ancora lì, con il tuo foglietto tra le mani. Attorno ci sono tutti gli altri, «con le loro cartacce senza senso sotto», ed è sufficiente sapere che con quelle cartacce vi potete scaldare. Alcuni lo fanno, altri non ne sono (stati) capaci.
Strappare lungo i bordi è una serie tv che ha il grande pregio di far conoscere ai profani, e al contempo di mostrare ai fedeli, il miglior Zerocalcare. Non c’è nulla di nuovo nelle tematiche, non è quella la novità ricercata (purtroppo), eppure ciò che già era di marca calcariana ne esce potenziato, al massimo. Pure quella nostalgia di un presente a portata di mano ma in continua fuga, come le persone amate, delle quali alla fine puoi solo «fissa’ il momento, fissa’ una cicatrice» su te stesso. Non è molto, ma è bene che Zero ce lo ricordi.
Su Netflix dal 17 novembre
Su Zerocalcare si veda anche: https://close-up.info/la-coerenza-di-michele-rech-in-arte-zerocalcare/
Strappare lungo i bordi – regia: Zerocalcare; soggetto: Zerocalcare; sceneggiatura: Zerocalcare; character design: Elisa Tulli; direzione artistica: Erika De Nicola, Alessio Giurintano, Massimo Montigiani; musiche: Giancane; studio doppiaggio italiano: Sound Farm 999; voci: Zerocalcare, Valerio Mastandrea; produttore: Netflix; studio: Movimenti Production, Bao Publishing, DogHead Animation Studio; origine: Italia, 2021; n. episodi: 6; durata: 16-21 minuti ciascuno; distributore: Netflix