Gli occhi dei bambini sono lucidi come quelli di bambole, gli occhi degli adulti perdono lacrime di sangue. Tra sirene di allarme, ninnenanne e zombie al seguito, il settimo capitolo della saga cinematografica, Resident Evil: Welcome to Raccoon City, per la regia di Johannes Roberts, ci trasporta in un mondo a metà tra due dimensioni, quella del videogioco e quella del cinema. Un pizzico dell’uno e un pizzico dell’altro, insomma, dimenticandosi però per strada quello che è l’ingrediente principale di un horror: fare paura, o perlomeno orrore.
In una notte piovosa, Claire (Kaya Scodelario) arriva a Raccoon City. Ad accoglierla non c’è nessun cartello di ‘benvenuta’, piuttosto un ‘ben ritornata’ a tinte verdastre e la paura che nella sua città natale stia avvenendo qualcosa di strano dopo che la Umbrella Corporation, azienda farmaceutica, sta smobilitando dalla città. Claire avvisa il fratello Chris (Robbie Amell), poliziotto, della minaccia in corso, questi è sordo alle sue parole ma non a quelle delle sirene: inizia il countdown, per le sei della mattina successiva Raccoon City sarà rasa al suolo. Motivo? Distruggere un’ondata zombie dilagante nella città. L’acqua, infatti, è contaminata.
Inizia così una lotta contro il tempo, la vicenda spezzata a seguire i vari gruppi: il dipartimento di polizia (Tom Hopper, Hannah John-Kamen) in cerca di colleghi spariti all’interno di una casa infestata da fantasmi con poca carne addosso e molte ossa, un ispettore (Donal Logue) e un novellino (Avan Jogia) alla difesa della centrale di polizia e lo scienziato (pazzo, di turno) che prima di andarsene vuole salvare qualcosa, il suo lavoro, quello di Dio (o del dottor Frankestein?). Pagati i tributi di sangue, sempre a un passo dal morso fatale, si arriva alla conclusione laddove la minaccia zombie non scarta di quantità bensì di qualità con il ‘boss finale’, ultimo ostacolo prima della fine di tutto. Zero superstiti dice la scritta finale. È proprio così?
Resident Evil: Welcome to Raccoon City è una pellicola frustata dalla pioggia e avvolta da fumi artificiali che rendono l’atmosfera sfuocata, il volume della scenografia plastica e le tinte predominanti alternate tra due colori, il rosso e il verde. Al primo si affida la claustrofobica parentela con il sangue, un calore umano ribollente e ridondante oltre al corpo continuamente grattato, al secondo una freddezza scientifica che appartiene all’autopsia zombie, quella del dis-umano. In realtà, c’è molto di più e (purtroppo), al contempo, molto meno. Il film ha infatti il grande limite di non avere una direzione precisa ma di contenere tutte le direzioni, insomma di essere un melting pot dei vari stili horror. Della serie: “Chi più ne ha più ne metta”.
Ma melting pot sarebbe errato, meglio una mix salad all’interno della quale troviamo ondate zombie, case infestate, mostri nati dal classico esperimento andato male, goffi richiami al thriller psicologico alla Stephen King («Chris, vieni a giocare»), bambole dagli occhi lucidi ed eserciti privati con tanto di maschera a gas in stile Chernobyl. È un miscuglio eterogeneo che intacca l’originalità dei dialoghi («Qualcuno vuole dirmi che cazzo sta succedendo?» ripetuto ben quattro o cinque volte) fino a rischiare la citazione («Dobbiamo dividerci, prima li troviamo, meglio è») e dove agli attori non è data reale possibilità di salvarsi perché il prodotto filmico alla fine è già pronto, loro devono solo fare la comparsata a suon di fucili a pompa e mitragliate. Sono anche loro, alla fine, personaggi di questo collaudato videogioco prestato al cinema.
Welcome to Racoon City è un film rispettoso delle sue origini, davvero troppo. Siamo prossimi al fanatismo. Dimentico di un pubblico che ama l’horror perché terreno fecondo di originalità, la pellicola affonda in un pantano di cliché e, sinceramente, nemmeno se ne cura. Il suo obbiettivo è parlare a quei fan della saga che sanno già cosa li aspetta, sorridono all’ennesimo zombie strisciante e ridono al colpo di bazooka finale. Che si spaventino direi proprio di no, che provino orrore men che meno. Quello è per film che osano, questo è per cuori deboli.
In sala dal 25 novembre
Resident Evil: Welcome to Raccoon City – regia: Johannes Roberts; sceneggiatura: Johannes Roberts; fotografia: Maxime Alexandre; montaggio: Dev Singh; costumi: Jennifer Lantz; musica: Mark Korven; interpreti: Kaya Scodelario, Robbie Amell, Hannan John-Kamen, Tom Hopper, Avan Jogia, Donal Logue, Neal McDonough, Lily Gao; produzione: Capcom Company, Constantin Film, Davis Films, Impact Pictures; origine: Usa, 2021; durata: 107’; distribuzione: Warner Bros Italia.