È veramente curioso che, a distanza di tre anni dalla prima neozelandese (26 agosto 2021) approdi nelle sale italiane questo modesto filmetto dell’attore, sceneggiatore e regista di corti di Matthew J. Saville su un conflitto familiare dal titolo Juniper, ovvero “Ginepro” a cui, la distribuzione italiana ha aggiunto un esplicativo e in fondo mendace “un bicchiere di gin” (i bicchieri sono molti più di uno).
Il film (d’esordio) fa una fatica bestiale ad arrivare ai sindacali 90 minuti perché la costellazione su cui si regge è chiara dopo pochissimi minuti e le soluzioni escogitate per risolverla sono, tutto sommato, ripetitive e un po’ banali. I personaggi sono tre e mezzo. Una nonna, un padre, un figlio, la mezza è l’infermiera che si occupa della nonna che ha un ruolo minore rispetto agli altri tre.
La nonna Ruth, interpretata da Charlotte Rampling, è una anziana alcolizzata (il ginepro, gin, di cui al titolo, è il suo principale alimento), che a seguito di un incidente probabilmente irreversibile è costretta su una sedia a rotelle. In passato è stata corrispondente di guerra, personaggio volitivo, sgradevole, scontroso ma, allora come ora, di grande fascino.
Vive anzi viveva in Inghilterra e il figlio Robert l’ha voluta con sé per la convalescenza ovvero, con ogni probabilità, per la morte. Con sé: significa in Nuova Zelanda, all’altro capo del mondo, dove Robert a suo tempo ebbe a trasferirsi, probabilmente in primo luogo per prendere distanza dalla madre ingombrante. Pentito della scelta di allora? Mah, non sembrerebbe proprio. Un fatto è certo: Robert, non appena arriva la madre, compie l’itinerario opposto, va in Inghilterra, accampando ragioni di lavoro e scaricando la madre a suo figlio Sam, il nipote che quella nonna non l’aveva vista mai, nemmeno di lontano.
Dopodiché tutti ce l’hanno con tutti: Ruth con Robert perché l’ha mollata lì, Robert con Ruth da sempre (anche perché lei non gli hai mai detto chi fosse il padre, forse neanche lei lo sapeva), Sam con Robert perché gli ha appioppato la nonna, e perché, a suo tempo, lo ha mandato in collegio. A suo tempo significa, dopo la morte precoce della madre di Sam, nonché moglie di Robert, una morte dalla quale Sam non sembra essersi più ripreso (già meglio Robert). Peraltro la nonna viene piazzata proprio nella stanza dove è morta la madre/moglie.
Con la modesta mediazione di Sarah, la cristianissima infermiera, Sam e Ruth si ritrovano soli e, per i primi venti minuti, si prendono a male parole e si lanciano oggetti, fra cui la caraffa del gin preparata dal nipote che per i gusti della nonna è troppo, troppo light. Dopodiché nonna e nipote, entrambi ribelli, entrambi dei caratterini cominciano a scoprirsi simili, tutto ultra prevedibile fin dal momento del primissimo incontro, fino all’ultimo incontro, con tanto di esplicita dichiarazione di amore fra i due che per lei è l’ultimo e per lui sancisce – per la seconda volta, dopo la scomparsa della madre – l’indissolubile legame fra amore e morte che è destinato a segnargli tragicamente la vita.
Insomma: un bel gruppo di gente danneggiata e il sostanziale happy end con cui il film si conclude risulta assai poco credibile; del resto che la sceneggiatura zoppichi lo si capisce dal fatto che il regista ricorre spesso alla musica perché non sa proprio che cosa far dire ai personaggi.
In sala dal 3 ottobre 2024.
Juniper – Regia e sceneggiatura: Matthew J. Saville; fotografia: Martyn Williams; montaggio: Peter Roberts; interpreti: Charlotte Rampling (Ruth), George Ferrier (Sam), Martin Csokas (Robert), Edith Poor (Sarah); produzione: Sandy Lane Productions; origine: Nuova Zelanda, 2021; durata: 94 minuti; distribuzione: Trent Film